Roma. Una pianta di rose tra sterpi e sterchi

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Non ce l’hai fatta povera rosa, e sei crollata. Ed anche il bocciolo si è piegato nella tristezza. Potevate mai resistere alla vista dei cassonetti traboccanti immondizia, all’odore nauseabondo? Ma come ti è venuto in mente, piantina di rose,  di crescere in quest’aiuola ignorata dai giardinieri del Comune di Roma, ma non dai cittadini maleducati che l’hanno scambiata per una piccola discarica? A noi lumachine hai fatto comodo, ti abbiamo brucato e bucato le foglie, ma non abbiamo toccato i tuoi petali. Ti abbiamo rispettato. Solo qualche buchetto qua e là nelle belle foglie verdi. Non ti ha rispettato l’uomo cattivo che quasi ti ha soffocato col grosso sacco nero che ti ha buttato addosso. Come hai fatto a mantenere il tuo profumo, come hai fatto, in mezzo a tanta sporcizia, dolcissima rosa? Come hai fatto a crescere così pura, in mezzo alle erbacce, tra sterpi e sterchi di topi e gabbiani e cornacchie? Di’ la verità, rosellina, volevi imitare il fratello che nasce dal fango e resta incontaminato, il fiore di loto?  Non ce l’hai fatta povera rosa.

Renato Pierri

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