In questo contesto, l’evento plus è stato l’incontro avvenuto ieri a Sochi tra il presidente Vladimir Putin, e il cancelliere tedesco Angela Merkel. A Berlino, la visita è stata minimizzata e ridotta a semplici preparativi per il vertice del G20 che si terrà ad Amburgo; a Mosca, tuttavia, è stata interpretata e impostata come un passo importante per riattivare il networking di alto livello del Cremlino in Europa.

Putin, nel mese di aprile, ha già salutato a Mosca il presidente italiano, Sergio Mattarella; a marzo ha tenuto colloqui con il ministro degli esteri tedesco, Sigmar Gabriel; e a febbraio ha viaggiato a Budapest per un incontro con il primo ministro ungherese, Viktor Orban. Tuttavia, non ha incontrato Federica Mogherini, l’alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, quando si era recata a Mosca il 24 aprile.
Il ministro degli esteri russo, Sergei Lavrov, ha ospitato Mogherini e ha sostenuto che fosse arrivato il momento “di superare gli ostacoli artificiali” e di ritornare alle relazioni Russia-UE sotto la forma di una traccia di partenariato. Mogherini è parsa più realista, ha risposto che è “assurdo” parlare di “partenariato in una situazione di reciproche sanzioni”.
Il Cremlino ha cercato di presentare l’unità degli stati membri dell’Unione europea come un prodotto di una “minoranza anti-russa aggressiva” all’interno dell’Europa, ma il principale diplomatico dell’UE s’è rifiutato di cadere nella trappola russa. Le sanzioni saranno prorogate per altri sei mesi: per revocarle, la Russia prima si deve adeguare alle regole e alle norme di un gradito comportamento internazionale. Mosca invece, cerca di indebolire ogni legame in seno all’UE ed è infuriata per il Montenegro. Il Cremlino ha sempre considerato quest’ultimo paese balcanico come un bene per la semina di discordia politica, ed ora che Podgorica ha completato tutti gli adeguamenti per l’adesione all’organizzazione del trattato del Nord Atlantico (NATO), lo vede come un atto di dispetto.
Il fuoco principale della manovra europea russa, è certamente indirizzato verso le elezioni presidenziali francesi, il cui risultato del primo turno al Cremlino è apparso come una delusione. Putin ha puntato un bet su Marine Le Pen, e a fine marzo l’ha incontrata al Mosca. Inoltre, a sostegno del leader di Front Nationale, il Cremlino ha distribuito tutte le grandi pistole della sua propaganda, anche se sembra che alla causa abbiano fatto più danni, piuttosto che aver portato benefici. La forte dimostrazione di Emmanuel Macron, un filo europeo, (che è l’attuale favorito contro Le Pen nell’elezione del secondo turno del 7 maggio) è vista come una dura battuta d’arresto del populismo europeo di destra, su cui Mosca ha investito molto capitale politico.

Un tradizionale strumento di pressione, che oggi Mosca ha difficoltà a gestire, è l’esportazione di gas naturale in Europa. I bassi prezzi del petrolio e del gas hanno reso il settore energetico russo meno attraente per i clienti europei: infatti, nel 2016, Gazprom non è riuscita ad incrementare i volumi di esportazione in Europa e nemmeno ad aumentare la propria quota di mercato. Oggi tuttavia, deve fare ogni sforzo per presentarsi come un fornitore affidabile e cancellare le numerose macchie passate che hanno scalfito la sua reputazione commerciale. Il gigante del gas russo, mentre attualmente non ha fatto altro che imputare tranquillamente sul suo bilancio la richiesta di un debito accumulato di 37 miliardi di dollari, deve anche gestire con cura il suo permanente conflitto con l’Ucraina.
Mentre Gazprom controlla ansiosamente il flusso di gas naturale liquefatto (LNG) dagli Stati Uniti al mercato europeo, Putin sta seguendo da vicino il tentativo americano di consolidamento dei legami tra Trump e i leader europei. L’incontro tra Putin e Trump, è stato provvisoriamente previsto ai margini del vertice del G20 ad Amburgo, ma ora il Cremlino spera in una data a fine maggio. Per aspettarsi una svolta miracolosa “per una bella amicizia”, ci sono troppe prove tossiche d’interferenza russa nelle elezioni statunitensi; anche se Putin, forse è più interessato alle difficoltà che Merkel ha nel rapporto con Trump, tramite il quale probabilmente vuole scovare e creare segni di erosione tra i due paesi. La propaganda russa inesorabilmente rafforza ogni presunta crepa delle relazioni transatlantiche, e l’opinione pubblica interna russa, per la prima volta, è più negativa verso l’UE, che verso l’America.


Allo stesso tempo, Mosca sta cercando il modo di sfruttare la sua particolare angoscia in Medio Oriente. I missili americani contro la base aerea siriana, Shayrat, del 7 aprile, hanno lasciato la Russia momentaneamente stordita e isolata nel suo sostegno al regime di Bashar al-Assad; ma Washington non ha dato seguito alla sua sfuriata, e il gruppo russo-siriano si è sentito autorizzato a riprendere le sue incursioni contro i ribelli della provincia di Idlib. Nel frattempo, la crescente irritazione turca per il sostegno statunitense alle forze curde (YPG) e l’atteggiamento scettico dell’UE per il referendum costituzionale del 16 aprile, stanno creando i presupposti per un’apertura alla Russia, probabilmente Putin e il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan ne parleranno a Sochi, il giorno dopo dell’incontro del presidente russo con Merkel. E, anche se Mogherini ha cercato di dissuadere Lavrov da impegnarsi nei giochi, Mosca può vedere la Libia come un’altra possibilità: l’incapacità dell’Unione europea a gestire la crisi nordafricana, è troppo evidente per tenere lontano i russi.
Il fatto che il Cremlino non riesca a trovare una forma per contatti amichevoli con la Casa Bianca, e l’apparente incapacità di rivendicare un ruolo nella risoluzione della crisi nordcoreana, hanno risvegliato in Mosca l’idea che questo fosse il miglior momento per indirizzare la sua politica verso l’Europa. Nel teatro continentale, la guerra in Ucraina orientale per la Russia sta diventando sempre più un punto di riferimento naturale; ma prima d’intraprendere un altro passo proattivo, il Cremlino deve assicurarsi che gli europei, perché preoccupati e suddivisi per altre questioni, non possano rispondere.

Macron non è stato testato e, a questo proposito Mosca ha ragioni per supporre che il suo supporto possa essere basso e amorfo; Merkel è certamente un leader formidabile, anche se in Libia sta dimostrando tutti i suoi limiti; in Ucraina lo stress si sta approfondendo in molti Stati membri dell’UE; e mentre il malcontento domestico sta diventando preoccupante, Putin potrebbe essere sul punto di cercare un’altra “vittoria”.
La scelta del conflitto dovrà essere facilmente raggiungibile, ma principalmente, seppur super stressata e carente di personale, al di fuori dal campo delle attenzioni dell’amministrazione Trump.

by Gabrielis Bedris