Salute 2017, le ‘star’ dell’anno e i sogni per il 2018

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Marco Tatullo

Il leader radicale sotto processo per la sua battaglia sui diritti nel fine vita; l’esperto di staminali che con la terapia genica ha regalato una pelle nuova a un ‘bimbo farfalla’; la prima donna a capo degli oncologi medici italiani; la mamma dei robot soft; lo scienziato tricolore più citato nel mondo, pioniere dell’immunoterapia anticancro. Marco Cappato, Michele De Luca, Stefania Gori, Cecilia Laschi e Alberto Mantovani sono le ‘star’ scelte dall’AdnKronos Salute come simboli 2017 nel mondo della sanità e della medicina.

A questi protagonisti dell’anno che si chiude, la richiesta di un augurio per quello che verrà. Gli auspici espressi vanno dal sogno di una “bioetica dell’uguaglianza” all’invito alla meritocrazia nell’assegnazione dei fondi alla ricerca; dalla prevenzione anti-cancro come buona abitudine da adottare nella vita quotidiana alla consacrazione dell’intelligenza artificiale come alleata dell’uomo, fino a nuovi successi da segnare sul fronte dell’immunoterapia contro i tumori, con trattamenti innovativi accessibili a ogni latitudine, a tutti i malati che ne hanno bisogno.

Senza dimenticare la lotta contro le malattie prevenibili grazie alle vaccinazioni, per un mondo in cui nessun bimbo debba più morire ucciso da infezioni dimenticate che tornano ad allarmare l’Italia.

Le lacrime sul volto della battagliera leader radicale Emma Bonino, il sorriso triste di Mina Welby, gli applausi al momento dell’approvazione in Senato della legge su fine vita e biotestamento resteranno fra le immagini che hanno segnato questo 2017 ormai agli sgoccioli. E restituiscono il senso della battaglia sposata da Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, in prima linea al fianco di Dj Fabo e finito sotto processo a Milano dopo aver accompagnato il 39enne, rimasto cieco e tetraplegico in seguito a un incidente stradale nel 2014, a morire in Svizzera. La scelta di Fabiano Antoniani “di rendere pubblica la sua storia è stata determinante per l’approvazione del testamento biologico. Ora andiamo avanti, chiedendo ai candidati un impegno per l’eutanasia legale”, spiega l’esponente radicale all’AdnKronos Salute che, per il suo impegno personale sui temi bioetici, lo ha selezionato fra i personaggi più rappresentativi dell’anno per l’universo salute. Quello di Cappato, anima della campagna promossa dall’associazione Luca Coscioni per legalizzare l’eutanasia, suona come un appello e insieme una sottolineatura di una rinnovata battaglia che lo vedrà protagonista anche per il prossimo anno. L’auspicio per il 2018? Che “sia l’anno buono per passare dalla bioetica delle proibizioni a una bioetica dell’uguaglianza – si augura Cappato – abbattendo divieti sull’eutanasia e la modificazione del genoma, per aprire la strada a regole che garantiscano a tutti di poter beneficiare del progresso medico-scientifico, dall’inizio alla fine della vita”.

Hassan, 9 anni, rifugiato siriano accolto in Germania insieme alla sua famiglia, vive oggi con una pelle nuova e sana grazie a un eccezionale intervento di terapia genica annunciato su ‘Nature‘ e coordinato dall’italiano Michele De Luca, direttore del Centro di medicina rigenerativa ‘Stefano Ferrari’ dell’università di Modena e Reggio Emilia. La sua immagine di ‘bimbo farfalla’ fotografato mentre corre dietro a un pallone, salvato da una forma di epidermolisi bollosa che gli aveva mangiato l’80% dell’epidermide, quest’anno ha fatto il giro del mondo. Un esempio emozionante di come davvero la ricerca di base possa trasferirsi alla clinica, per restituire alla vita pazienti un tempo condannati alla morte. Riguardano proprio la ricerca di base la riflessione di fine anno dello scienziato e il suo auspicio per il 2018 alle porte: “Meritocrazia nell’assegnazione dei fondi”, invoca De Luca, noto alle cronache anche per la battaglia condotta insieme a tanti colleghi ai tempi del caso Stamina, per riaffermare le ragioni di una medicina basata sull’evidenza. “Accolgo con molto favore – afferma De Luca – la notizia dello stanziamento di quasi 400 milioni di euro destinati ai nuovi Progetti di ricerca di interesse nazionale (Prin), reso noto in questi giorni dai ministri Fedeli e Padoan. Si tratta di un investimento senza precedenti nel nostro Paese – sottolinea l’esperto – a sostegno di quella ricerca di base che rappresenta le fondamenta su cui costruire la ricerca applicata e poi la scienza del futuro. Certo siamo ancora lontani da Paesi come la Germania. Ma questo atteggiamento di attenzione a fare sistema intorno alla ricerca, che spero venga mantenuto anche dalla nuova legislatura, mi fa davvero ben sperare”.

“Mi auguro soprattutto – precisa De Luca – che la valutazione dei progetti presentati venga, finalmente, effettuata sulla base della loro valenza scientifica e con criteri puramente meritocratici. Questo consentirebbe ai ricercatori di questo Paese di vedere riconosciuta l’eccellenza del loro lavoro e di continuare a competere a livello internazionale”. Per farlo è necessario infatti valorizzare i fiori all’occhiello che già spiccano lungo la Penisola, è il senso dell’appello dell’esperto. A novembre, per esempio, raccontando alla stampa la favola di Hassan ‘pelle bionica’, De Luca aveva spiegato di avere “un sogno nel cassetto: unire le competenze di UniMoRe e Policlinico per creare a Modena un ‘Eb hub’, un polo di riferimento di livello internazionale per offrire ai bimbi con epidermolisi bollosa un percorso completo, dalla diagnosi molecolare fino alla cura”. Dal banco di laboratorio al letto del malato.

Tenere lontani i tumori è anche una questione di informazione, visto che, secondo le stime, il 40% sarebbe evitabile seguendo stili di vita sani. “Contro il cancro abbiamo vinto molte battaglie, ma dobbiamo vincere la guerra. E per farlo è fondamentale informare i cittadini, far conoscere loro le regole base della prevenzione”. Lo spiega Stefania Gori, prima donna al vertice dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom). Per Gori è imprescindibile diffondere “indicazioni che possono sembrare scontate, quasi noiose, ma che devono entrare a far parte della cultura di tutti se vogliamo sconfiggere i tumori: non fumare, fare attività fisica, seguire una dieta sana, non eccedere con l’alcol, non esporsi al sole nelle ore più calde. La ‘parola’ può salvare la vita e una comunicazione adeguata deve essere una priorità nei prossimi anni”. Nel campo dell’oncologia, sottolinea l’esperta, negli ultimi anni “abbiamo raggiunto buoni risultati: la mortalità per tumori è stabile, a fronte di un’incidenza che sta aumentando a causa dell’invecchiamento della popolazione. E sono molto buoni i dati di sopravvivenza a 5 anni, con numeri migliori anche rispetto ali altri Stati. Questo vuol dire che abbiamo una buona sanità oncologica, migliorata grazie alla prevenzione e grazie ai progressi diagnostici e terapeutici che sono stati recepiti dal sistema sanitario a livello nazionale”.

Per battere il cancro, però, serve migliorare ancora. Per questo, evidenzia Gori, “l’Aiom ha previsto una campagna di comunicazione destinata a tutti i cittadini e una campagna per le popolazioni target degli screening disponibili: colon, mammella e cervice. Sono messaggi da ripetere costantemente per ricordare che si può prevenire, che serve sottoporsi a screening e, quando c’è il sospetto, è importante recarsi nei centri oncologici di riferimento perché disponiamo di strumenti di diagnosi e cura sempre più mirati”. Strumenti messi a punto grazie alla ricerca “che ha permesso di ottenere i buoni risultati raggiunti. E’ importante che le Istituzioni la sostengano e la valorizzino – invita la numero uno dell’Aiom – con le giuste regole e nuove figure professionali (come i data manager e gli infermieri di ricerca, per esempio), oltre che con finanziamenti adeguati. Credo che l’intera società debba capire che la ricerca rappresenta una ricchezza per il sistema Paese, per i giovani, per il futuro: porta a progressi contro la malattia, ma anche vantaggi economici”.

Il futuro è dei robot ‘soft’? Sarà il tempo a decretarlo ufficialmente. Ma di sicuro il 2017 li ha visti fra i protagonisti indiscussi e il 2018 appare ancora più “promettente” per un mondo, la ‘soft robotics‘, che “ha vissuto un’esplosione. E’ stato un crescendo per un settore giovane e nuovo, con pubblicazioni e investimenti importanti in tutto il mondo”. E’ il bilancio di Cecilia Laschi, pioniera della robotica ‘morbida’, ordinario di Bioingegneria industriale all’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Per la scienziata, considerata una delle massime esperte a livello internazionale, “nel 2018 sarà tempo di concretizzare, cominciando a raccogliere i frutti con applicazioni innovative e consolidando la comunità di scienziati. Sarà l’anno del riconoscimento di questa disciplina, con la prima Conferenza internazionale”. L’anno della ‘consacrazione’ da parte di una società mondiale: la Ieee Ras, Robotics and Automation Society, che è parte dell’Institute of Electrical and Electronic Engineers, la più importante organizzazione nel campo dell’ingegneria elettrica, elettronica e delle tecnologie dell’informazione. L’ente ha infatti approvato la proposta di una Conferenza internazionale dedicata, avanzata proprio da Laschi. E sarà l’Italia a fare gli onori di casa. L’appuntamento è a Livorno ad aprile 2018 (sul sito dell’evento è iniziato il conto alla rovescia, mancano 114 giorni).

Ha un peso il lavoro di Laschi – che quest’anno dalle pagine di ‘Science‘ ha potuto ‘dipingere’ il futuro del settore, ed è finita con uno suo testo persino dentro una traccia dei temi della maturità – e ha un peso l’impegno della sua squadra per i robot ‘soft’ che parlano italiano. Un mondo già abitato da varie creature – fra le più note ci sono ‘Octopus’, il robot polpo, e ‘Poseidrone’, il drone sottomarino dai tentacoli agili e sinuosi – a cui se ne aggiungeranno di nuove. “Per il 2018 – racconta Laschi – concluderemo a febbraio un progetto applicativo recente, che ha riguardato la realizzazione di un braccio soft per assistere gli anziani nel lavarsi, una sorta di doccia robotica. Abbiamo già fatto test in un centro di riabilitazione a Roma e in una struttura in Germania. E sempre in Germania nei primi mesi dell’anno continueremo a sperimentare questo strumento con gli anziani. Certo arrivare a renderlo un prodotto è un altro traguardo, tutto da vedere, ma intanto nel 2018 raccogliamo un ulteriore risultato”. Tante le missioni aperte e le applicazioni in cantiere. “Abbiamo ricerche di base che riguarderanno per esempio l’ecologia, lo studio della biodiversità con tecnologie di robotica soft per l’esplorazione dei fondali”, prosegue la scienziata. Si torna di nuovo sott’acqua, quindi, per una partnership con la stazione zoologica di Napoli Anton Dohrn, consolidata con la condivisione di un dottorato di ricerca. “A loro – riferisce Laschi – interessa andare sui fondali e prelevare campioni di sedimento per lo studio del Dna, mentre noi vogliamo fare passi avanti con i robot, con lo studio della locomozione sottomarina e dell’ancoraggio, per esempio ispirandoci ad alcune specie come i granchi”.

Il mare è già stato il ‘battesimo’ per un primo prototipo realizzato nel 2017 e testato grazie a un piccolo grant di National Geographic ottenuto da un ricercatore del team di Laschi, Marcello Calisti. Con una ‘gita’ su un relitto sommerso, “è stata valutata la capacità del robot di muoversi e prendere immagini”. E il lavoro continua, anche su quella che è considerata un po’ la ‘bestia nera’ dagli esperti del settore: “Il muscolo artificiale“, la grande sfida. I risultati di tanto lavoro arrivano pian piano. “Ci sono miei collaboratori – dice Laschi – che stanno realizzando cose importanti. Per esempio Matteo Cianchetti ha vinto un progetto europeo per la realizzazione di un cuore artificiale con la soft robotics. Si chiama ‘Hybrid hearth’ e si studieranno vari aspetti fino alla disposizione dei fasci muscolari del cuore”. E c’è attesa per le opportunità che potranno aprirsi. “Oggi vediamo già programmi di finanziamento specifici per la soft robotics in America, o anche in Germania. In Corea è nato un nuovo centro di ricerca nazionale. In Italia – conclude la scienziata – accogliamo con soddisfazione la notizia dello stanziamento per i nuovi Prin (Progetti di ricerca di interesse nazionale). In Europa sicuramente la soft robotics è in tutte le call che riguardano la robotica, che è anche un sottotema del nuovo bando per le ‘flagship'”, i programmi ‘portabandiera’ della ricerca Ue nell’ambito di Horizon 2020.

“Non dover mai più vedere bimbi uccisi dal morbillo“, che quest’anno ha strappato alla vita 3 piccoli italiani, “o dalla pertosse”, che nel 2015 ha stroncato a Bologna una neonata di appena 28 giorni. Se lo augura per il 2018 l’immunologo Alberto Mantovani, direttore scientifico di Humanitas e ‘cervello tricolore’ più citato nel mondo. Tra i personaggi selezionati dall’AdnKronos Salute come più rappresentativi per l’universo salute nel 2017 agli sgoccioli, Mantovani torna a puntare l’accento sui vaccini, presidi salvavita contro malattie prevenibili che si riaffacciano nel nostro Paese dopo il crollo delle profilassi alimentato dall’ondata no-vax. “E’ per me motivo di angoscia – afferma il medico – pensare ai quasi 5 mila casi di morbillo in Italia e alle 4 morti causate dalla malattia” quest’anno: una bambina di 16 mesi con patologie pregresse, deceduta all’ospedale Bambino Gesù di Roma; un bimbo leucemico di 6 anni in cura all’ospedale San Gerardo di Monza; una piccola di 9 anni con cromosomopatia morta sempre al Bambino Gesù; un uomo di 42 anni non vaccinato deceduto a Catania. “La speranza è che non debba succedere mai più”, auspica Mantovani che ribadisce il suo sì alla legge sui vaccini obbligatori voluta dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, per porre un freno al ritorno di malattie dimenticate potenzialmente letali.

Pioniere degli studi sull’immunoterapia anticancro – che addestra le naturali difese dell’organismo a combattere il tumore, o le arma contro il male – per l’anno che verrà l’esperto ha anche due altri sogni nel cassetto: “L’ulteriore avanzamento della scienza e in particolare di questa nuova frontiera nella lotta al cancro, e un accesso più equo alle terapie antitumorali innovative”. Vincitore nella sua carriera di due grant dell’Erc, l’European Research Council, per progetti sull’immunità innata, anche nel 2017 Mantovani si è imposto sulla scena internazionale come protagonista in questo filone di studi. In ottobre, per esempio, è apparso su ‘Nature’ come corresponding author (insieme a Cecilia Garlanda, sempre dell’Irccs milanese di Rozzano) di un lavoro che descrive come il cancro ‘tira il freno’ alle difese immunitarie. Lo fa attraverso il gene IL-1R8, scoperto dalla stessa équipe nel 1998 e ora smascherato nella sua funzione: una sorta di ‘pedale’ che il tumore schiaccia per paralizzare le difese naturali, crescendo in libertà fino a invadere l’organismo. Disinnescandolo, si possono riattivare le risposte anticancro bloccando tumori e metastasi. “Nel 2018 confidiamo di avere ulteriori acquisizioni sulle potenzialità delle terapie immunologiche nel trattamento dei tumori”, dice lo specialista che, nelle scorse settimane, è stato anche confermato dal ministro Lorenzin fra i 30 componenti di nomina del nuovo Consiglio superiore di sanità.

Mantovani sceglie come ‘parola 2018’ anche il termine “condivisione. Condivisione intesa come accesso alle cure per chiunque ne abbia bisogno. Non dobbiamo dimenticarci dei più poveri sulla Terra”, ammonisce lo scienziato esortando a politiche mirate al raggiungimento delle pari opportunità per i malati del pianeta. “Abbiamo un’epidemia annunciata di cancro nei Paesi in via di sviluppo – osserva – ed è nostro dovere garantire a questi pazienti un equo accesso alle terapie”. Un obiettivo da perseguire anche in Italia, dove “resistono differenze tra Nord e Sud”. Un gap da colmare, cominciando dal 2018.

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