Sarà la Diciotti la causa della fine del governo del cambiamento?

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È giunta dal Tribunale dei ministri di Catania la richiesta di autorizzazione a procedere per il Ministro dell’Interno Matteo Salvini per “avere, nella sua qualità di ministro dell’Interno, abusando dei suoi poteri, privato della libertà personale” i 177 migranti approdati a Catania (per i cui reati rischierebbe dai 3 ai 15 anni di carcere). Sarà ora la Giunta per l’immunità del Senato, camera di appartenenza del Ministro ad esprimersi.

Bisogna chiarire che l’autorizzazione a procedere non è una sentenza immediata di condanna ma significa permettere alla magistratura di accertare la colpevolezza oppure l’innocenza di una parte politica. Negare la richiesta vorrà dire attivare un’immunità politica senza che la giustizia possa fare il suo lavoro.

Il nodo principale sta nella decisione del Movimento 5 Stelle poiché si trova di fronte ad un duplice scenario: da un lato potrebbe votare Sì e dunque in qualche modo ‘tradire’ il suo alleato di governo in modo di rispettare un principio ampiamente veicolato in campagna (ossia, il politico è un comune cittadino e dunque inquisibile come chiunque altro); dall’altro potrebbe votare No e dunque sostenere Salvini e il suo dietrofront nei confronti del suo elettorato. Nel primo caso Salvini non riuscirebbe a garantirsi una protezione dal processo poiché non avrebbe i voti necessari, nel secondo caso invece potrebbe farcela (i franchi tiratori sono sempre dietro l’angolo, anche se con il voto palese la possibilità è minore).

La composizione della Giunta per le elezioni e le immunità parlamentari del Senato è la seguente: Maurizio Gasparri (Fi-presidente). Grazia D’angelo (M5S) e Giuseppe Cucca (Pd) vicepresidenti. Luigi Augussori (Lega) e Pietro Grasso (Gruppo Misto-LeU) segretari. I membri sono: Alberto Balboni (Fdl), Francesco Bonifazi (Pd), Mattia Crucioli (M5S), Gregorio De Falco (Gruppo Misto-ex M5S), Meinhard Durnwalder (Autonomie), Lucia Elvira Evangelista (M5S), Agnese Gallicchio (M5S), Mario Michele Gianrusso (M5S), Nadia Ginetti (Pd), Lucio Malan (Fi), Fiammetta Modena (Fi), Adriano Paroli (Fi), Emanuele Pellegrini (Lega), Simone Pillon (Lega), Alessandra Riccardi (M5S), Anna Rossomando (Pd), Donatella Tesei (Lega), Francesco Urraro (M5S).

Per il momento nella Giunta i membri favorevoli al procedimento sarebbero 12 (7 del M5S, 4 del Pd, 1 di LeU, resta incerto il probabile voto di De Falco), contro i 9 per il No (incerto il voto di SvP poiché anche se alleato con il Pd alle elezioni politiche, di recente nella provincia di Bolzano ha stretto un’alleanza con la Lega).

Si potrebbe però profilare una terza strada, poco dibattuta: con il recente cambiamento del regolamento Senato, se il M5S si astenesse non si tradurrebbe, come in passato, in un voto negativo. Dunque in questo modo la Lega avrebbe dalla sua i voti dell’intero centrodestra e questo basterebbe (in teoria) a salvarlo.

Il cambio di linea che Salvini ha esternato in una lettera al Corriere della Sera, ha totalmente spiazzato i suoi alleati di governo, da sempre schierati verso il Sì alle autorizzazioni a procedere. L’intero sistema si è paralizzato. Così il M5S ha ripiegato sul fatto che il rifiuto di far sbarcare la nave Diciotti sarebbe stata di tutto il governo, e dunque collegiale (in questo modo sia il premier Conte che il Vice Di Maio dovrebbero autodenunciarsi). Il Movimento 5 Stelle è così spaccato e confuso sul da farsi, tanto che lo scontro tra le varie anime ha necessitato di un vertice con i parlamentari Cinquestelle appartenenti alla Giunta delle immunità del Senato.

Secondo quanto ribadito ai media, per i Pentastellati non si tratterebbe di salvare un Ministro, alleato di governo, ma di difendere la linea politica intrapresa dall’esecutivo. Questo vacillare, e la fine dell’unitarietà di pensiero del M5S rischia di divenire la vera vittoria per Salvini poiché da un lato, dividerebbe l’unica forza veramente nazionale del Paese, in grado di concorrere alla guida autonoma del Governo, e dall’altro, ricompatterebbe il centrodestra, che rimane comunque un alleato coalizionale necessario nel caso in cui la competizione si giocasse sulle grandi declinazioni ideologiche.

Sia che, entro fine marzo, l’autorizzazione venga concessa o che venga rifiutata, Matteo Salvini ha vinto la sua battaglia.

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