Sfogliamondo: le atrocità di Bucha sui quotidiani internazionali

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I giornali americani puntano soprattutto sulle critiche di Zelensky all’Onu, quelli europei sulle nuove sanzioni proposte dall’Ue contro la Russia

© RONALDO SCHEMIDT / AFP Il corpo di un civile ucciso in una strada di Bucha

Le atrocità commesse dalle truppe russe in ritirata che vanno affiorando nelle città dell’Ucraina attorno a Kiev dopo Bucha dominano le prime pagine internazionali. I giornali americani puntano soprattutto sul video che Zelensky ha proiettato in Consiglio di sicurezza all’Onu e che non è bastato, né avrebbe potuto, a sbloccare l’immobilismo delle Nazioni Unite. I quotidiani europei mettono più l’accento sulle nuove sanzioni proposte dall’Ue contro la Russia. Su tutte le testate, lunghi reportage degli inviati che raccontano l’orrore e la disperazione dei villaggi decimati dalle truppe di Putin.

“Uno stanco Zelensky sfida l’Onu ad agire” è il titolo di apertura del Washington Post, che riferisce come le immagini proiettate dal presidente ucraino per documentare gli orrori commessi dai russi “sono sembrate turbare i diplomatici in Consiglio di sicurezza, e anche nazioni che sono state faticosamente neutrali ttraverso molti incontri sulla situazione dell’Ucraina, come l’India, si sono schierate per chiedere un’indagine indipendente sulle presunte atrocità.

Ma i diplomatici, limitati dalla capacità della Russia di porre il veto a qualsiasi risoluzione in suo potere come membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, non hanno intrapreso alcuna azione in risposta alla proposta di Zelensky di revocare l’appartenenza di Mosca al Consiglio per i diritti umani”. In un reportage dall’Ucraina, il giornale racconta l’attività dei magistrati locali alla ricerca di prove dei crimini di guerra commessi dai russi. Il Post dedica un approfondimento alla riunione dei ministri degli Esteri della Nato, in programma oggi, per segnalare che per quanto l’Alleanza abbia assicurato che rispetterà le decisioni di Kiev su un accordo per porre fine alla guerra con la Russia, “ci sono limiti ai compromessi che alcuni partner della Nato sosterranno per ottenere la pace”. Si preannuncia dunque, secondo il quotidiano, “una discussione accesa”.

New York Times

La riunione del Consiglio di sicurezza dell’Onu, prima scossa dal “discorso sferzante” di Zelensky che ha rimproverato l’immobilismo delle Nazioni Unite, e poi turbata dalla proiezione delle immagini del massacro di Bucha occupa l’apertura del New York Times. Ciò nonostante, sottolinea il giornale, “la Cina si è astenuta dal criticare la Russia, affermando che il Consiglio di sicurezza dovrebbe attendere che le indagini stabiliscano i fatti in Ucraina” e dunque “le divisioni sulla guerra sono apparse sostanzialmente invariate dal 26 febbraio, quando 11 dei 15 membri del Consiglio di sicurezza hanno votato per una risoluzione che condannava l’invasione della Russia, la Russia ha posto il veto alla misura e altri tre si sono astenuti: Cina, India ed Emirati Arabi Uniti”.

In prima pagina il quotidiano mette anche un reportage di Borodyanka, sobborgo di Kiev dove “si cercano centinaia di dispersi tra tonnellate di macerie”, un servizio sulla ricchezza nascosta di Putin, molto difficile da individuare e per questo finora non colpita dalle sanzioni, e un focus sugli sforzi della Germania per liberarsi dalla sua dipendenza dal gas russo.

Wall Street Journal

Il forte intervento del presidente ucraino al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è l’apertura dell Wall Street Journal, che titola: “Zelensky chiede all’Onu di punire la Russia”. Il giornale nota che “il Consiglio di sicurezza non è intervenuto perché Mosca, in quanto membro permanente, esercita un veto che ha utilizzato per bloccare risoluzioni vincolanti sull’Ucraina”, e per questo “Zelensky ha detto al consiglio che la Russia dovrebbe essere spogliata del suo seggio per rimuovere ‘una fonte di guerra dal bloccare le decisioni sulla propria aggressione’”. Il leader di Kiev ha sollecitato una riforma del sistema delle Nazioni Unite “in modo che il diritto di veto non sia il diritto di morte”. Tuttavia, scrive il Wsj, “i diplomatici occidentali e gli esperti legali non vedono un modo semplice per rimuovere la Russia dal Consiglio di sicurezza, dal momento che l’appartenenza permanente al consiglio è fissata nella Carta delle Nazioni Unite”.

Ma, “una mossa per cambiare la Carta delle Nazioni Unite o espellere completamente la Russia dalle Nazioni Unite richiede un voto nell’Assemblea generale più ampia e il sostegno del Consiglio di sicurezza, dove la Russia ha il veto”. Insomma, un obiettivo che pare impossibile, come ha riconosciuto anche la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki: “Non vediamo la possibilità di questo cambiamento”. Tra le molte storie dell’orrore che continuano ad arrivare dall’Ucraina dopo la strage di Bucha, il Wsj sceglie di raccontare quella di Olha Sukhenko, da oltre dieci anni sindaca del villaggio di Motyzhyn, il cui cadavere, dopo la ritirata dei russi, è stato trovato in una fossa poco profonda, con le mani legate, accanto ai corpi di suo marito e suo figlio: “Un’esecuzione che è un simbolo della brutalità russa in Ucraina”, scrive il quotidiano.

Financial Times

“Il grido per la giustizia” di Zelensky che “lamenta l’inazione dell’Onu” ha l’apertura sul Financial Times, che mette in rilievo l’intervento in videocollegamento del presidente ucraino al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Zelensky, scrive il giornale, “ha critica l’incapacità del Consiglio di sicurezza di fermare la guerra nel suo Paese, additando il potere di veto di Mosca che blocca le decisioni”.

In risalto anche la decisione di Gran Bretagna, Stati Uniti e Australia di cooperare nello sviluppo di armamenti ipersonici e contro ipersonici nel quadro del patto di sicurezza Aukus (acronico delle loro sigle internazionali in inglese) firmato dai tre Paesi nel settembre del 2021. L’accordo militare con il quale viene esteso il patto è stato approvato da Joe Biden, Boris Johnson e dal primo ministro australiano Scott Morrison. Il titolo di maggiore evidenza sulla prima pagina del quotidiano della City è però per la decisione della Federal Reserve di tagliare il proprio bilancio il mese prossimo.

The Times

Con la consueta attenzione per gli aspetti più militari della guerra, il Times titola sulla volontà britannica di dotarsi di missili ipersonici come quelli utilizzati dalle truppe di Putin in Ucraina, con l’obiettivo “di contenere la Russia”. La notizia è che “Gran Bretagna, Stati Uniti e Australia lavoreranno insieme allo sviluppo di armi ipersoniche e alla tecnologia per abbatterle” e per questo il patto di sicurezza “Aukus” stipulato dai tre Paesi “sarà ampliato per includere la cooperazione sulle armi avanzate ad alta velocità e la condivisione della guerra elettronica e delle capacità informatiche”.

Il giornale sottolinea che questa mossa “evidenzia la preoccupazione dell’Occidente di restare indietro rispetto alla Russia e alla Cina, che pure ha testato sue armi ipersoniche”, e “l’allarme per la capacità di Mosca di condurre attacchi che non possono essere fermati”, dato che i sistemi antimissilistici attuali sono impotenti contro i vettori ipersonici.

Le Monde

“Russia, nuove sanzioni dopo le atrocità”, titola Le Monde che punta l’apertura di prima pagina sul nuovo pacchetto di misure economiche proposte dalla Commissione Ue. Viene colpito il carbone, con il blocco delle importazioni, ma petrolio e gas per ora non vengono toccati, riferisce il giornale, che dà conto delle divisioni tra i 27 a causa del diverso grado di dipendenza dal gas russo dei singoli Paesi. In questo contesto, evidenzia Le Monde, la Germania, che ha detto chiaramente di non potere al momento rinunciare alle forniture russe, comunque “ha messo sotto tutela statale la filiale tedesca di Gazprom”. In rilievo, tra i molti temi legati all’Ucraina che hanno un titolo sulla prima pagina del giornale, anche l’espulsione dei diplomatici russi decisa ieri da vari Paesi europei, prima la Francia, e un’analisi da Mosca su come la guerra stia ridando fiato agli ultranazionalisti russi e ai loro desideri di “rinascita nazionale” che penetrano sempre più nella società russa.

Nel suo editoriale il giornale torna a sollecitare, come aveva fatto più volte nei giorni scorsi, un processo per i crimini di guerra, ampliando però l’orizzonte fino al Mali, dove lo stesso giorno in cui è stato scoperto il massacro di civili a Bucha sono stati massacrati centinaia di abitanti del villaggio di Moura in una efferato “operazione antiterrorismo” (nella zona sono presenti gruppi jihadisti) condotta dalle forze armate maliane con l’appoggio di mercenari russi della Wagner: “La consonanza tra il massacro di Boucha e quello di Moura – sottolinea Le Monde – non si limita alla loro simultaneità e a una logica comparabile, che evoca chiaramente i crimini di guerra. È dovuta al coinvolgimento, in entrambi i casi, di forze agli ordini di Vladimir Putin, poiché sono stati dimostrati i legami della milizia Wagner con il presidente russo. L’unica differenza notevole: mentre gli eventi in Ucraina sono ampiamente pubblicizzati, con immagini di supporto e testimonianze di giornalisti, quelli in Mali si sono svolti senza testimoni esterni”.

Le Figaro

Dopo Bucha, Le Figaro racconta nuovi orrori dell’invasione russa scoperti Borodyanka, un’altra cittadina dei dintorni di Kiev dove nella loro ritirata le truppe di Mosca si sono lasciate alle spalle uno scenario di sangue e di morte. Il lungo reportage dell’inviato, che descrive le fosse comuni in cui sono stati trovati, finora, i corpi di 200 civili, è l’unico titolo sull’Ucraina (in effetti, un piccolo richiamo nel riquadro sotto la testata) presente sulla prima pagina del quotidiano, dedicata per il resto interamente alle elezioni francesi di domenica prossima. “Presidenziali: la battaglia dei programmi” è il titolo portante, affiancato da un colloquio con Marine Le Pen, “pronta a governare”, mentre un editoriale evidenzia “la diffidenza degli elettori e la debolezza delle proposte”.

El Pais

L’intervento di Zelensky al Parlamento spagnolo è l’apertura per El Pais, che titola sul paragone “carico di potente simbolismo” tra il massacro di Bucha e quello di Guernica durante la guerra civile spagnola nel 1937. Il quotidiano sottolinea le capacità comunicative di “un ex attore ucraino fino a due mesi fa sconosciuto ai più” ma diventato “il politico più popolare del mondo” che “sta reinventando le regole della diplomazia e la definizione di leader del XXI secolo”.

Ma, nota El Pais, “questo potere di comunicazione non varrebbe molto se Zelensky non avesse la ragione dalla sua parte”, per questo “l’imposizione delle sanzioni contro la Russia deve essere sostenuta con unità politica e senza esitazioni e, soprattutto, deve essere scrupolosamente rispettata da tutti, come ha chiesto Zelensky a diverse società spagnole”. Perché “quando Zelensky ricorda ai Paesi le loro tragedie, come quella del 1937, evoca un passato spaventosamente presente”.

Frankfurter Allgemeine Zeitung

La Frankfurter Allgemeine Zeitung ha indagato sulla strage di Bucha, per cercare di capire quale unità delle forze d’invasione russe abbia consumato il massacro dei civili, e mette in apertura i risultati: “la Faz ha trovato diversi moduli di certificazione di proiettili da mortaio in una postazione abbandonata alla periferia della città tra casse di munizioni vuote, uniformi e cibo avanzato”, scrive il giornale, secondo cui questi elementi “indicano l’unità numero 74268, un reggimento della 76a divisione d’assalto aereo delle guardie della città di Pskov, nella Russia occidentale”.

Un reparto le cui “tracce portano alla guerra cecena e all’invasione del Donbass all’inizio della guerra in Ucraina nel 2014”. Nell’editoriale, il quotidiano riflette sul nuovo pacchetto di sanzioni proposte dalla Commissione Ue, e sottolinea che “il divieto di importazione di carbone è la più piccola sanzione energetica che può essere imposta alla Russia” e che “rimane molto al di sotto di quanto immaginano l’Ucraina, alcuni governi dell’Europa orientale e parti del pubblico tedesco” visto che “Putin manterrebbe la sua principale fonte di reddito per il momento: le esportazioni di petrolio e gas verso l’Europa”. Tuttavia, per la Faz, quella dell’Ue è “una politica sensata” per varie ragioni: “il disaccordo tra gli Stati membri, la riduzione al minimo dei propri danni, l’opportunità di aggiornamento per futuri pacchetti di sanzioni”, visto che, peraltro, “un embargo su petrolio e gas non fermerà Putin immediatamente, le sue riserve sono grandi”. Dunque, “è importante che l’UE diventi indipendente dalla Russia il prima possibile. Ma dovrebbe farlo per tappe”, anche perché “questo conflitto può andare avanti per molto tempo, forse anni”, scrive la Faz.

China Daily

La “soluzione americana”, ovvero la “risposta militare ai problemi” è ormai “rifiutata in un mondo che è cambiato”: questa l’analisi che il China Daily ricava da un’intervista a Jack Midgley, capo della società di consulenza globale Midgley & Co e professore di studi sulla sicurezza a Georgetown, secondo cui dalla fine della seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti hanno cercato di costruire istituzioni che riflettano i loro ideali sullo stato di diritto e un’architettura di potere che oggi non è più gestibili: “L’Europa – ha detto Midgley – si è sviluppata e ora è molto ricca.

La Cina si è sviluppata enormemente dal 1949 ed è ricca. Quindi, ora ci aspettiamo che queste regole debbano evolversi nei prossimi decenni per riflettere un diverso equilibrio di potere, per riflettere i diversi gradi di ricchezza e i diversi interessi che i paesi hanno nel mondo”. Midgley ha sottolineato che “la percezione all’interno degli Stati Uniti di ciò che è nell’interesse dell’America può essere molto diversa da un’idea russa, giapponese, cinese o indiana di ciò che è meglio per il mondo”, e pertanto “la nostra sfida in futuro sarà riunire questi diversi punti di vista ed evitare di risolvere i conflitti che accadranno con la forza”.

Il docente ha poi richiamato il monito di Eisenhower a “guardarsi dall’influenza ingiustificata, cercata o meno, da parte del complesso militare-industriale, e ha commentato: “Viviamo in un mondo in cui ci sono appaltatori militari e della difesa molto grandi e molto potenti … È nel loro stesso interesse che vogliano crescere. Nel caso del complesso militare-industriale americano, ciò significa vendendo più armi agli americani ma anche vendendo più armi in tutto il mondo. Ma nessuno vuole continuare a spendere all’infinito per la difesa. Le persone vogliono altre cose. Vogliono assistenza sanitaria; vogliono istruzione; vogliono un ambiente pulito”.

Quotidiano del Popolo

L’industria americana degli armamenti si arricchisce grazie alla guerra tra Russia e Ucraina: argomentazione trita fino al luogo comune, ma ribadita dal People’s Daily, edizione in inglese dell’organo del Partito comunista cinese, in un contenuto della sua app, che condisce le notizie di giornata, dalle nuove sanzioni Ue contro Mosca all’annuncio di Putin su una stretta delle esportazioni alimentari verso Paesi “ostili”, tutte affidate a lanci dell’agenzia ufficiale cinese Xinhua.

Il 25 marzo il prezzo delle azioni del più grande appaltatore della difesa del mondo, Lockheed Martin, è salito del 28% a 453 dollari da 354 all’inizio di quest’anno e anche Raytheon Technologies Corporation ha visto una crescita di quasi il 20% del prezzo delle sue azioni nello stesso periodo”, rileva il giornale, e commenta: “Il complesso militare-industriale statunitense sta provocando un conflitto tra Russia e Ucraina e ne trae vantaggio”. La tesi del quotidiano è che l’industria militare condiziona la politica estera americana e poiché “gran parte delle imprese e dell’occupazione negli Stati Uniti sono legate all’industria della difesa che ha un enorme impatto sulle elezioni presidenziali, nessuno dei presidenti degli Stati Uniti ha il coraggio di pestargli i piedi”. AGI

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