Siamo pronti per il cambiamento?

Politica

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Alcune riflessioni dopo due Festival a Lugano e Verona

Markus Krienke

Sostenibilità e digitalizzazione sono senz’altro le parole che caratterizzano il cambiamento in atto, cioè il modo in cui la società sarà sempre più “trasformata” – e siccome la società siamo noi, sono le nostre vite e i nostri “stili di vita” che inevitabilmente “dovranno cambiare”. Questo è il messaggio del programma Next Generation UE, quel “Recovery Fund” che porta circa 200 miliardi di Euro in Italia nei prossimi sei anni e che di due terzi deve obbligatoriamente essere investito nella direzione di questo cambiamento (il 37% per la transizione verde, il 25% per la digitalizzazione).

Investire questa ingente somma, però, non è un automatismo e non necessariamente produce dei risultati socialmente equi: per questo i cambiamenti devono essere responsabilmente gestiti. Ciò non è soltanto compito del governo, ma ognuno di noi è chiamato alla propria “responsabilità”. Questa consapevolezza, bisogna dirlo, non è ancora opinione comune. Proprio per questo, due “Festival della Dottrina sociale della Chiesa” a Lugano (22-25 novembre) e Verona (25-28 novembre) hanno messo al centro questi temi, nel segno della speranza e del coraggio: infatti, il titolo dei due eventi è stato «Audaci nella speranza, creativi con coraggio».

Ad intervenire erano numerosi personaggi dal mondo del lavoro e della politica, dell’imprenditoria e del volontariato, dell’arte e della cultura, della scienza e dello sport, Papa Francesco e Presidente Mattarella (entrambi con messaggi da distanza) compresi. Dalle numerose voci riportiamo soltanto due che ci hanno aiutato a comprendere la serietà dei cambiamenti in atto, e due che ci danno indicazioni su “come” possiamo – e dobbiamo – cambiare.

A Verona, Mauro Magatti, sociologo all’Università cattolica di Milano, ha analizzato che una società più sostenibile e più digitale diventa facilmente «più verticale» (cioè crea più potere politico ed economico e diminuisce le libertà), perché richiede politiche più interventiste e favorisce i grandi poteri economici. Così questa trasformazione porta in sé il rischio di un «autoritarismo di grado variabile» che lascia indietro molti, producendo sempre più esclusi ossia «scarti sociali».

A Lugano il sindacalista Marco Bentivogli ha esemplificato questo rischio per il mondo del lavoro in cui non tutti riusciranno a reinserirsi con nuove qualificazioni qualora un domani il loro lavoro semplicemente non esisterà più per via di questi cambiamenti. Sono scenari certamente non predeterminati, ma probabili qualora non comprendiamo le trasformazioni in atto come una sfida social-etica per tutti noi.

Entrambi sono d’accordo che questo cambiamento sarà «scabroso», e anche sul fatto che l’unica possibilità per resistere a questi rischi è di acquisire un modo diverso di pensare a noi e agli altri: non ci realizziamo affatto se ci comportiamo come individui egoisti, ma dobbiamo mettere sempre più in atto nelle nostre vite il fatto che «siamo relazione» (Magatti) e che senza considerare le persone «non si fa più nulla» (Bentivogli). Infatti, verrebbe da chiedere, la pandemia non ci ha insegnato proprio ciò?

La sensibilizzazione per i cambiamenti che ci aspettano spesso riesce meglio agli scrittori, saggisti e poeti: Filippo La Porta a Lugano e Davide Rondoni a Verona hanno spiegato che cosa sono gli equilibri nei nostri rapporti con gli altri e con la natura.

Da un lato, La Porta ha riassunto l’insegnamento di Dante negli aspetti dell’ascolto dell’altro, del rispetto, della mitezza e del far-crescere. Questi atteggiamenti possono effettivamente cambiare il mondo, perché realizzano il contrario dello sfruttamento e del profitto a ogni costo. Così Dante ci dà una chiave per tradurre la sostenibilità in modi concreti di agire, e ci ricorda che proprio in un mondo sempre più tecnologico e digitale dobbiamo come prima cosa apprezzare l’altra persona nella sua concretezza.

Dall’altro lato, Rondoni ha ripreso questa ispirazione dantesca, chiedendosi con Leopardi che cosa ci vuole dire quella “natura” che oggi dobbiamo riscoprire: il termine viene da “nascita”, e chi riflette sulla nascita raggiunge la consapevolezza che dipendiamo molto più dagli altri di quanto una certa cultura del consumo e del narcisismo ci fa credere. In altre parole, “sostenibilità” vuol dire comprendere i limiti della nostra autodeterminazione.

Certamente, i due Festival, uniti dallo stesso titolo, hanno proposto numerose tavole rotonde, dibattiti, incontri, e tutto ciò è impossibile riassumere qui. Segnaliamo semplicemente i link dove si trovano le registrazioni di Lugano (https://www.youtube.com/watch?v=stXHetAE1WI&list=PLPF_B5dEWLsXkpnVr0-1kPYh26x6uMEQp) e di Verona (https://www.youtube.com/c/DottrinaSociale/videos).

La speranza, così il messaggio, è un impegno concreto e un dovere per noi, se abbiamo compreso la nostra responsabilità per il presente e il futuro. E, non per ultimo, è anche un messaggio autenticamente natalizio.

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