Stammlager l’incubo della memoria

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Vitoronzo Pastore, di cui mi hanno colpito la passione e l’impegno, unitamente ad una costanza inarrestabile nel suo lavoro, ha dato  alla luce pubblicazioni e mostre di documenti, esce ora con questi tomi che hanno il merito di fornire il più ampio quadro dell’incubo vissuto negli stammlager.

Tale è il dramma del Reduce: può anche concepire vane speranze di avere allontanato la memoria storica, ma negli anfratti dell’anima rimane impigliato sul filo spinato del reticolato del lager.

Gli  I.M.I scelsero per 20 e più mesi, e la scelta che essi fecero tra essere liberi, e subito, ma la libertà era disonorevole, o sottoposti al lento girone infernale di sofferenze: la fame; (la fame è un’ossessione alla quale non si può sfuggire, ti prende tutto il corpo ed anche lo spirito) il freddo; le malattie; la ferocia dei carcerieri; il metodico annullamento della personalità; i parassiti. Ma l’internato li ha tutti sulla sua persona perchè in modo compatto rappresentano l’ossatura di ogni giorno passato nel lager. Eppure ebbero il cuore di lottare, il coraggio di non fuggire, la generosità di rischiare tutto.

Stalag II D dislocato a Stargard Szczecinski (Polonia)

Ulteriore merito di Vitoronzo Pastore l’aver mostrato attraverso varie testimonianze, varie documentazioni e molteplici corrispondenze che a fare la storia sono gli uomini con le loro idee, gli affetti, i sentimenti, le loro storie familiari, sociali e culturali, i progetti per un futuro che, spesso, non ci sarebbe stato. Ricordare la storia della loro vita significa non solo valorizzare la loro esistenza, ma anche rendere onore al loro sacrificio perchè gli I.M.I si sono battuti per la libertà  di tutti, anche di chi era contro, e hanno saputo riscattare  la dignità dell’Esercito, hanno privato Mussolini di un riconoscimento di massa ed hanno innescato una Resistenza attiva.

Stalag 352 dislocato a Minsk (Bielorussia)

Tener viva la Memoria significa ricordare, riportare al cuore ciò che è stato ed attualizzarne la lezione, nel tentativo di comprendere il presente e di costruire un futuro che sia interamente connesso con quello che pensavano i nostri padri, perchè questa Memoria spinge alla coscienza e diventa quindi azione.

Ho molto apprezzato che lo scrittore abbia avvolto i tre tomi con il nastro tricolore, perchè come disse Carlo Azelio Ciampi… “Il tricolore non è una semplice insegna di Stato, ma un vessillo di libertà  conquistato da un popolo che si riconosce unito, che trova  la sua identità nei principi di fratellanza, di uguaglianza, di giustizia e nei valori della propria storia e della propria civiltà”.

Altro merito di Vitoronzo Pastore è stato l’aver scolpito a tutto tondo l’eccidio della Divisione Acqui nei suoi episodi, fatti  o celebrazioni, a cominciare dal “Quaderno dei ricordi che Gennaro Mariano volle conservare come sue memorie e da cui è tratto questo brano  “Noi di Corfù” che mi ha permesso di conoscere molti particolari significativi delle ultime ore di mio padre, soprattutto quegli sguardi silenziosi” (il col. Bettini) ci passò in rivista, avevano gli abiti logori, le barbe lunghe, il cuore schiantato, gli occhi rossi. Non proferì parola, si parlava guardandosi in viso…”

Il Cimitero Italiano a Corfù – Salme traslate al Sacrario Militare dei “Caduti Oltremare” di Bari  

Prosegue con “la breve cronaca dei fatti di Cefalonia…” e “i siti delle fucilazioni e massacri più gravi  a Cefalonia e Corfù”; continua con la resistenza dei nostri militari, deportati nei lager nazisti, assieme a tante centinaia di migliaia di soldati italiani che rifiutarono ogni collaborazione con la RSI ed il nazismo, pur in mezzo a sofferenze e privazioni inenarrabili.

La narrazione prosegue con il 1° marzo 1953, quando tornarono in Patria, a Bari,  le salme dei Caduti di Cefalonia e Corfù.

Bari – 1° marzo 1953 – Tornano in Patria i “Ragazzi della Acqui” dove per la prima volta dissero la parola “mamma”

E c’è poi il processo ad Alfred  Stork, il 18 ottobre 2013, accusato dell’uccisione di “almeno 117” ufficiali dell’Acqui, a Cefalonia, aventi tutti lo status di “prigionieri di guerra”: È la prima sentenza, in Europa,  dopo Norimberga.

Seguono altre testimonianze, e si giunge a quella di Vincenzo Rosato che perì nel naufragio, il 28 settembre  del 1943 , della nave Ardena , provocato, forse da una mina,  assieme a 720 soldati su 840 imbarcati.

Io presi i contatti con “Una acies” (di cui era responsabile Luciano De Donno); con un primo approccio si evidenziarono i molteplici ostacoli dovuti alla burocrazia greca (greca era pure  la squadra di Kostas  Thoctarides che trovò il relitto della nave Ardena, a Cefalonia, vicino a Lassi) . Superati i vari scogli burocratici  lo Stato Italiano inviò una Unità navale, la “Procida”, con tutto l’occorrente per effettuare le immersioni, corredata da un gruppo GOS: si procedè quindi all’esplorazione del relitto. Il 14 agosto 2009 furono commemorati i nostri Caduti, alla presenza di varie Autorità. Dopo aver letto una preghiera, con molta commozione gettai in mare una piccola manciata di terra italiana che ricordasse ai Caduti il loro suolo.
Seguono  poi i militari che hanno avuto la M.O. alla memoria: il sottotenente Orazio Petruccelli, il col. Elio Bettini , comandante del 49° Reggimento  fanteria “Parma” (con motto “Fu scudo il petto alle nemiche lance”), e il sottotenente Mercurio Alfredo Sandulli, comandante di Sezione Carabinieri, addetto al Comando della Divisione Acqui.

Vitoronzo Pastore  ha messo bene in evidenza  che l’Acqui è Patrimonio di tutto il Paese, del suo avvenire civile e democratico: da quella scelta di Resistenza , di onore, di dignità, di lealtà e di amore per la Patria, compiuta nel settembre ‘43, si indicava agli italiani la via del riscatto morale e politico.

Da quella scelta sarebbero derivate sofferenze e dolore per le vittime e per le famiglie dei Caduti, che nessuno può lenire, ma attraverso quella immane tragedia nasceva la Speranza della pace, che ha lo stesso volto del dolore perchè scaturisce da quel dolore.
Dobbiamo spingere i giovani alla conoscenza del nostro passato, per far loro capire che la libertà e la democrazia sono eredità che vanno difese ogni giorno con un impegno attivo.

Dobbiamo aver fiducia nei giovani, aver fiducia nella loro maturazione  umana e sociale. Solo così la Memoria non sarà un secco retaggio del passato. Termino con questo articolo di Olimpia Peroni che riflette il mio pensiero (studentessa  di Lettere alla Cà Foscari che aveva  ascoltato la tragedie di Cefalonia e Corfù, il 17 gennaio 2018,  con la  partecipazione di molti studiosi, alla presentazione, organizzata da Carlo Bolpin, presidente di Padova e Venezia, dal titolo “Testimoni della Acqui tra Storia e Memoria 1943-2017”), non tanto perchè è giovane (19 anni) quanto perchè è cosciente  degli strumenti che utilizza:.. “Ecco perchè l’esperienza di Corfù e Cefalonia è degna di essere ricordata come probabilmente una delle più forti, libere e potenti prese di coscienza della Nazione italiana…” È fondamentale che ciò sia tramandato ai giovani perchè sono ormai abituati alla pace: Se da un lato sono i più distanti dall’esperienza della storia, dall’altro hanno una visione più critica di ciò che è successo. Hanno le ragioni, le idee e tutti gli strumenti necessari per crearsi una coscienza personale e fondante sugli esempi di libertà che la nostra storia ci offre. Come quelli di Cefalonia e Corfù. Affinchè il Mai Più  non sia un mero auspicio retorico e che l’ignoranza, riguardo alla nostra storia, non ci faccia scivolare in un  flusso incontrollabile di eventi ed emozioni pericolose”.

Ricambio la stima ed ammirazione  per il suo lavoro (che vorrei che circolasse tra i giovani)
Graziella Bettini

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