Turi ‘grotta di Sant’Oronzo’ attenti alle alterazioni e ai tesori

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2018 Papa Francesco ha indetto l’anno Giubilare Oronziano

di Stefano de Carolis

Le grotte sono state il primo rifugio dell’uomo, e alcune di esse restarono certamente luogo di culti arcaici. Tuttavia, il carsismo ipogeo rappresenta uno straordinario ed unico archivio geologico, che fornisce informazioni sull’evoluzione climatica e geologica avvenuta nel corso delle diverse ere.

Fin dal 1658, anno del suo scoprimento, la grotta di Sant’Oronzo nel comune di Turi (BA), tramanda la nostra storia e racconta tante leggende, storie di folklore, arte. Inoltre racchiude in sé, come in uno scrigno, alcuni tesori come l’altare settecentesco in pietra locale, con le sue sculture policrome in pietra, e l’unico quanto straordinario pavimento composto da 238 mattonelle in maiolica, opera degli inizi del 1700, attribuito a maestranze provenienti da Laterza (TA).

Dal punto di vista geologico, ogni grotta è legata alla presenza di fattori ed agenti necessari e determinanti. Il principale fattore è la ‘fratturazione’, condizione indispensabile per l’evoluzione di un sistema carsico, mentre fra gli agenti l’acqua è di fondamentale importanza.

Anche Turi con la grotta di sant’Oronzo ha il suo ed importante ipogeo naturale, il quale, ad oggi, purtroppo, risulta privo del fondamentale stillicidio delle acque. Tale grave condizione, sicuramente, è derivata dalla solita incuria, insensibilità ed incompetenza tecnico-scientifica, posta in essere durante le progettazioni dei ‘soliti’ lavori pubblici.

L’assenza dello stillicidio e della percolazione delle acque, rende la grotta fossile, ferma, e priva di modificazioni visibili ad occhio nudo.

Pertanto bisogna capire quale nuovo percorso hanno intrapreso le acque in superficie, le quali fino a pochi anni addietro percolavano in modo naturale al di sopra, all’interno e sotto il complesso roccioso in cui si è formata la cavità carsica, tuttavia non sono scomparse del tutto, ma hanno solo deviato il loro naturale percorso. Questo implica, in un modo o in un altro, delle modificazioni dell’ambiente che a lungo termine potrebbero portare ad altri problemi irreversibili. Si deve perciò porre una attenta valutazione perché non vengano modificati i valori del microlima: la temperatura, pressione, umidità, e il punto di rugiada. L’alterazione di uno di questi valori potrebbe veramente decretare la “morte definitiva della grotta”.

Tuttavia è doveroso ricordare che, sino a qualche decennio fa, nella parte antistante la chiesa che sovrasta parte della grotta, dinanzi al lucernaio (antico ingresso alla grotta) e dinnanzi al sagrato, sul piano di calpestio non esisteva alcun manto bituminoso, ma c’era soltanto terra e ghiaia. Questa condizione dei luoghi, permetteva il naturale percolamento e stillicidio delle acque.

E’ doveroso ricordare altresì, che negli anni 80, i nostri amministratori, nonché i tecnici preposti, pensarono bene di ampliare il cimitero, proprio nella parte meno indicata, e cioè nella zona adiacente l’antica grotta, dove, tra l’altro, già esisteva un vincolo di rispetto, e di tutela sia per la grotta che per la stessa chiesa di Sant’Oronzo. Infatti, nel 1985 durante l’esecuzione dei lavori di ampiamento del cimitero, mentre si eseguiva lo sterramento, furono, quasi come per magia, scoperte altre grotte adiacenti. A seguito di ciò venne a Turi il Prof. Fulvio Zezza del Politecnico di Bari, e il 14 Marzo 1986 in una sua relazione tecnica scrisse:

“…nella zona antistante l’apertura della grotta è necessario stabilire una fascia di rispetto. Quanto alla grotta carsica, chi scrive ritiene molto significativo questo rinvenimento sia per la ricchezza e la varietà delle concrezioni alabastriche presenti, sia per la tipologia del complesso che costituisce un interessante esempio della tipologia carsica. La grotta rinvenuta a Turi va pertanto salvaguardata e tenuta in debita considerazione per una valutazione scientifica dell’evoluzione del fenomeno carsico nella zona in esame per la conoscenza e la valorizzazione delle testimonianze ambientali presenti nel territorio…….

On relazione all’aspetto scientifico è bene ricordare che la zona in oggetto fa parte delle Murge ovvero area tra le più note in Italia per quanto riguarda la fenomenologia carsica e tra le più interessanti. In quest’ottica il complesso carsico in parola richiederebbe non solo specifici approfondimenti ma anche l’analisi dei rapporti con gli apparati carsici circostanti.

…Onde è opinione dello scrivente che in una sede più opportuna si possano studiare le basi per elaborare un piano operativo mirante a stabilire la gradualità degli interventi sulla grotta carsica, già deturpata e soggetta localmente al degrado, per restituirla degnamente alla Comunità almeno nelle parti facilmente accessibili.”

Dopo la relazione del Prof. Zezza, per molti anni (ahimè), non abbiamo avuto più notizia di niente.

Nell’ottobre del 2005, alla presenza di amministratori del Comune di Turi, vennero invitati alcuni speleologi appartenenti al ‘Gruppo Speleologico di Martina Franca’. Gli esperti effettuarono una attenta e laboriosa ispezione delle grotte del cimitero, fino a quel momento stranamente non censite presso il catasto. Tuttavia, dopo aver ispezionato tutti gli ambienti carsici, con non molta sorpresa furono anche rinvenuti alcuni grandi ambienti ricolmi di cemento, chiaramente corrispondenti all’area del nuovo cimitero.

La ricognizione e perimetrazione dei geositi, nonché l’aggiornamento del relativo catasto, vengono effettuati dall’Assessorato regionale all’ecologia, sulla base di studi e indagini scientifiche, relative a quelle aree caratterizzate dalla presenza geologica, geomorfologica, idrogeologica e carsica. Al fine di assicurare la conoscenza e la conservazione del patrimonio speleologico è istituito presso la Regione Puglia il catasto delle Grotte e delle cavità artificiali. Nel catasto sono indicati i dati identificativi della grotta, quelli catastali e topografici, le aree di rispetto, nonché tutte le informazioni di tipo geologico speleologico morfologico e faunistico, vegetazione e del microclima in cavità.

E’ necessario ricordare che la grotta di Sant’Oronzo, da alcuni secoli, è parte integrante dell’antica ed omonima Chiesa, e oltre alle norme di tutela sulla grotta, insiste la tutela ‘ope legis’, ai sensi del D.lvo n.42 del 22.01.2004 e la n.157 del 24.03.2006 (ex L.1089/1939). Questo sempre sotto la doverosa e attenta vigilanza della competente Soprintendenza, che sovrintende a tutti gli interventi di restauro e salvaguardia, ivi compreso la sua destinazione d’uso.

E’ importante ricordare che, recentemente, il Ministero per Beni e le Attività Culturali ha accorpato le due Soprintendenze nella Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio (SBEAP) di Bari, competente per la parte architettonica, per i dipinti, gli arredi sacri, gli altari e ovviamente per lo straordinario pavimento delle 238 mattonelle maiolicate. Il responsabile giuridico della Chiesa e grotta di Sant’Oronzo è il Sindaco pro-tempore, che assicura ai fruitori del luogo tutte le norme di legge vigenti in materia di sicurezza, ed è responsabile della tutela e salvaguardia del bene, ivi compreso una adeguata vigilanza per evitare furti e danneggiamenti delle opere d’arte esistenti, utilizzando adeguati e tecnologici sistemi d’allarme e di video sorveglianza.

E’ doveroso ricordare altresì, che il 2018 è un anno molto speciale per la grotta di Sant’Oronzo e per tutti i credenti, in quanto il Santo Padre, Papa Francesco, nel Dicembre 2017, ha concesso l’indulgenza plenaria, dando la possibilità di celebrare il ‘Giubileo Oronziano’ in onore di Sant’Oronzo vescovo e martire, protettore di Turi. 

Stefano de Carolis (giornalista)

 

 

 

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