Il primo incontro tra il presidente ucraino Petro Poroshenko e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, avvenuto il 20 giugno, è stato riconosciuto come una piccola, ma significativa vittoria ucraina, e, in un momento in cui molti stanno temendo che la lotta ucraina con la Russia possa essere dimenticata, ha invece segnalato un seppur lieve, ma continuo sostegno americano.

Una nota sgradevole e preoccupante, che ha suscitato un coro prevedibile di gemiti, è stato un riferimento di Trump a “l’Ucraina”.
Numerosi commentatori hanno scelto d’intendere questa gaffe come un altro esempio dell’avvicinamento asseritamente dilettantistico e disinformato di Trump agli affari esteri; tuttavia, per rendere giustizia all’attuale residente della Casa Bianca, non è l’unico che nomina Ucraina in modo non confacente. Il suo predecessore Barack Obama, ha ripetutamente utilizzato “L’Ucraina”, come nello stesso errore sono caduti, e stanno cadendo, anche tanti altri leader internazionali.

Molti si stanno chiedendo perché l’uso dell’articolo determinativo davanti ad “Ucraina” sia un grosso problema per i suoi cittadini, e c’è anche la tendenza a raggrupparlo con un altro grande animale domestico della comunità ucraina di lingua inglese (ma anche italiana), il dibattito sui concetti di “Kiev” e “Kyiv”. Questo confronto è ingiusto; e, mentre c’è un buon argomento per affermare che i nomi delle città in lingua inglese spesso differiscono dalla loro interpretazione nella lingua madre (Mosca, Firenze e Monaco sono esempi evidenti), i continui riferimenti a “l’Ucraina” eliminano i ricordi delle grandi lotte che la Nazione ha sostenuto per stabilirsi come uno stato indipendente.

Certamente, numerosi altri paesi nei loro nomi includono “The”( in inglese); “il” “la”( in italiano; “le” “la” (in francese)… Tuttavia, l’articolo determinativo è generalmente riferito ad un collettivo o un raggruppamento, come gli Stati Uniti d’America, i Paesi Bassi o le Filippine. Tale logica non si può applicare al caso della “Ucraina”, perché, l’uso apparentemente innocuo dell’articolo relega immediatamente il paese allo status di una regione geografica, come il Medio Oriente, le Ardenne o l’Algarve (regione del Portogallo).

L’articolo determinativo implica sempre una certa notorietà del nome proprio a cui si accompagna, dovuta a legame amicale-affettivo nell’uso familiare e confidenziale, giustificato da un precedente riferimento. L’uso dell’articolo determinativo con un nome proprio produce quindi, una perdita del tratto della proprietà, avvicinando il nome proprio a un nome comune.
L’Ucraina” è un errore grammaticale e politico, infatti, Ucraina è il nome convenzionale breve e lungo del paese e questo nome è riportato nella dichiarazione d’indipendenza e nella Costituzione ucraina.
“L’uso dell’articolo si riferisce al tempo precedente all’indipendenza nel 1991, quando l’Ucraina era una repubblica dell’Unione Sovietica, conosciuta come la Repubblica socialista sovietica ucraina – spiega Anatoly Liberman professore di etimologia dell’Università del Minnesota – ma adesso, deve essere usato solo Ucraina”.

Nella lingua russa o ucraina non esiste l’articolo determinativo e c’è anche una teoria perché in questo caso si sia insinuato nella lingua inglese, italiana e francese.
“Coloro che hanno usato il termine “l’Ucraina” in inglese – italiano e francese – sapevano che la parola voleva dire “frontiere”. Quindi si riferivano “alla frontiera, al paese di confine, il sobborgo”, sostiene Liberman.
Ecco quindi, che le obiezioni ucraine per questa puntualizzazione non sono una semplice pedanteria; ma è una questione di onore nazionale e di giustizia storica.

C’è ragione di credere, che le origini di questo sottile attacco linguistico alla sovranità ucraina, non sia altro che un fatto accidentale. Il termine “l’Ucraina” è stato usato da subito in modo popolare durante l’epoca sovietica, specialmente nel momento in cui il Cremlino era particolarmente desideroso di contrastare la percezione di Ucraina come nazione separata e distinta. Questo è stato il minimo dei crimini sovietici commessi contro le aspirazioni nazionali ucraine. La carestia genocida degli inizi del 1930, è stato un attacco diretto al cuore agrario della nazione; mentre la distruzione della intelligentsia ucraina durante il terrore stalinista, ha rappresentato il deliberato tentativo di decapitare la nazione. Fino alla fine del regime sovietico, una delle battaglie interne chiave intraprese dal Cremlino, è stata la soppressione del movimento dell’indipendenza ucraina. Anche all’alba della perestroika, a metà degli anni ’80, gli ucraini costituivano circa la metà dei prigionieri politici che languivano nei gulag. Molti riferivano, che in Ucraina sovietica fosse più facile parlare ucraino nei campi di prigionia di quanto non lo fosse a casa.

Purtroppo, poco è cambiato ventisei anni dopo il crollo dell’URSS. La Russia, in mezzo al caos del 1991, può aver “accettato” con rabbia l’idea dell’indipendenza ucraina, ma c’è poco da suggerire, sia il Cremlino, che la maggior parte della popolazione russa, non hanno mai accettato la realtà di uno Stato ucraino autenticamente sovrano e separato. In questo contesto, lo shock e l’orrore espressi in tutta la Russia durante la Rivoluzione arancione del 2004, sembrano essere stati interamente autentici. Per i russi ordinari, abituati a vedere Ucraina come un’estensione non ufficiale del proprio stato, la rivolta pro-europea è stata un atto di mistificante tradimento.

L’attuale guerra ibrida in Ucraina orientale, mentre è contro la dichiarazione d’indipendenza, rivela un moderno stato russo che apertamente disprezza la volontà ucraina ed espone le sue pretese imperiali post-sovietiche. Le televisioni del Cremlino, per coloro che credono che Ucraina sia una nazione artificiale, forniscono regolarmente piattaforme che li soddisfano, mentre il presidente russo Vladimir Putin, durante il suo ultimo invito annuale, si è riferito alla nazione come: “ai territori definiti Ucraina”.

Putin è in molti modi il campione della negazione dello stato ucraino. Nel 2008, ha affermato con il presidente americano, George W. Bush, che Ucraina non è “nemmeno un paese”. Egli è anche appassionato a dichiarare pubblicamente la sua convinzione, “i russi e gli ucraini sono un popolo”, una richiesta che, mentre implica l’adesione ucraina ad un più ampio mondo russo, esplicitamente nega a Kyiv un’identità indipendente.
Putin vede Ucraina come un problema domestico, non come una questione di politica estera, quindi, ecco da dove arriva la sua prontezza ad adottare misure estreme, quando invece nell’arena internazionale avrebbe esitato ad utilizzarle. Una tale percezione lui la condivide con milioni di russi: ai loro occhi, i veri separatisti sono gli ucraini stessi. E, questa convinzione è particolarmente rivelatrice della mentalità di Putin.

Quando i leader mondiali si riferiscono al paese come “l’Ucraina”, è ragionevole supporre che non stiano prestando il loro tacito supporto alla campagna russa in corso contro la stato ucraino; ma sono semplicemente ignari del bagaglio che la frase si porta sulle spalle. Questo non li rende diversi dalla grande maggioranza della comunità internazionale, che non ha idea che la lotta dell’indipendenza ucraina è stata una delle più lunghe e più mortali della storia. Tuttavia, è giunto il momento di tirare una linea sugli sconvenienti riferimenti ucraini e di dare al Paese il rispetto che si merita. Ucraina si trova sulle frontiere di una guerra ibrida contro una Russia rivivente che, dopo la seconda guerra mondiale, cerca di smantellare l’apparato di sicurezza del mondo e d’invertire il verdetto della guerra fredda.

Mentre i politici negli Stati Uniti e nell’UE si preoccupano di elezioni e false notizie, gli ucraini stanno pagando con la loro vita. Il minimo che tutti noi possiamo fare, è almeno di usare il nome del paese in maniera adeguata e corretta.

G.B.