di Nunzia Bernardini
BARI – L’attività del Teatro Petruzzelli ha abituato il suo pubblico ad un “continuum” per cui quasi sfugge che “Un ballo in maschera” inauguri la stagione d’opera del 2020.
Una scelta opportuna con una realizzazione scenica e musicale che soddisfa gli appassionati e, più in generale, i fruitori del cartellone del “nostro” Teatro .
Il melodramma in tre atti su libretto di Antonio Somma, tratto dal dramma “Gustave III, ou Le bal masqué” di Eugéne Scribe, del 1833, ha avuto per il Maestro Giuseppe Verdi una gestazione difficile e complicata.
Inizialmente l’opera doveva essere rappresentata al Teatro San Carlo di Napoli, ma il soggetto non fu accettato dalla censura borbonica. La storia di un marito che uccide il presunto rivale, niente meno che il re di Svezia, fu considerata troppo oltraggiosa, soprattutto in pieno clima risorgimentale.
E’ noto infatti che la trama fosse tratta da un fatto realmente accaduto: Gustavo III, re di Svezia dal 1771 al 1792, fu ferito da un uomo di corte durante un ballo, e morì pochi giorni dopo.
Di conseguenza Verdi introdusse alcune modifiche, spostando in particolare l’azione da Stoccolma a Boston e trasformando il re in un governatore.
A distanza di tanto tempo però, la storia dell’Opera Verdiana incrocia su più fronti i temi dell’attualità!
Innanzitutto il difficile compito di chi esercita il potere “Bello il poter non è, che de’ soggetti le lacrime non terge, e ad incorrotta gloria non mira” dice nel primo atto, l’illuminato Conte Riccardo, governatore di Boston.
E poi è presente l’intramontabile conflitto che contrappone il palpito amoroso del cuore con il dovere della lealtà verso l’amico Renato che è anche il marito di Amelia, la donna tanto amata e desiderata. Il rischio della vendetta del marito con quello che oggi definiamo un femminicidio e poi la vendetta più cruenta.
Aimè la scelta del Conte di rispettare l’onore di Amelia e di sacrificare il suo amore con un incarico che comporta il trasferimento in Inghilterra dell’amico Renato con Amelia, non bastano a salvargli la vita.
La morte del Conte durante il ballo in maschera è il tragico finale dell’opera.
Il direttore Giampaolo Bisanti è artefice di un apprezzabile lavoro d’insieme tra l’orchestra ed il coro del Petruzzelli che si fonde con il lavoro del regista Massimo Gasparon e l’allestimento scenico della Fondazione Teatro Regio di Parma
Il pubblico resta incantato dalla prima scena con uno scalone quasi “infinito” che dimostra, ove mai ce ne fosse bisogno, quanto grande sia il palcoscenico del Teatro barese, ed i colori e la fastosità dei costumi di scena.
E poi altri quattro (velocissimi) cambi di scenografia tutti efficaci, dove i costumi e le luci (Pierluigi Samaritani e Massimo Gasparon) riescono a conferire effetti “speciali” ed un potente coinvolgimento emotivo .
Un’opera la cui visione gratifica lo spettatore e che non va assolutamente persa!
Repliche fino al primo febbraio
Nunzia Bernardini