Una enorme piazza virtuale

Politica

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di Renzo Balmelli  

MESSAGGIO. Se qualcuno, senza fare nomi, si augurava che l’epidemia mettesse la sordina alla Festa del Lavoro, ha dovuto ricredersi. Seppure nella versione digitale a causa delle restrizioni imposte dal virus, il Primo Maggio 2020 ha conservato intatto lo spirito originale, erede di una gloriosa tradizione in cui ogni conquista è costata e costa tuttora sacrifici durissimi. La pandemia ha messo crudelmente a nudo la realtà ed i meccanismi di un sistema economico distorto ed egoista che genera profitti per pochi e dolorose disuguaglianze per molti. Contro questo andazzo e la tentazione di utilizzare l’emergenza per soffocare le rivendicazioni dei lavoratori, dall’enorme piazza virtuale che ha sostituito cortei e rosse bandiere al vento è salito un monito inequivocabile Sicurezza e occupazione, sono stati i temi dominanti di questo insolito ma significativo Primo Maggio che lanciando un messaggio di speranza rivolto a tutti ha rivendicato la centralità del lavoro per costruire il futuro e ridisegnare il modo di essere della società al riparo dai soprusi e dalla paura 

SPRONE. Dal 25 aprile è arrivato un monito ineludibile: si faccia in modo che non rimanga l’evento di una sola giornata, bensì diventi lo sprone per mantenere sempre alta la guardia. Tanti sono infatti i motivi che depongono a favore della mobilitazione permanente; tanti poiché i suoi detrattori – e sono molti nascosti dall’anonimato dei social- non esitano a ricorrere alla peggiore demagogia per cancellarlo non soltanto dal calendario, ma dalla storia. Persino la marcia su Roma, una delle pagine più tristi e drammatiche del Novecento italiano, è stata riesumata per discreditare la Resistenza e la lotta partigiana. L’oltraggio più grave e rivoltante si configura però nelle svastiche che hanno marchiato di odio ideologico il ricordo della Liberazione che da 75 anni rappresenta il punto di svolta saliente per la rinascita delle democrazie. 

POLVERE. Aleggiava una strana atmosfera nell’austera e inviolabile aula del Parlamento mentre si rappresentava la surreale imitazione dell’Aventino inscenata dalla destra. All’occupazione dell’emiciclo è mancato però il tocco finale: il ritiro sul “colle più isolato” dell’Urbe che avrebbe conferito alla manifestazione il carattere di una vera, clamorosa rottura reclamata a gran voce ma difficile da attuare. All’opposto di Oscar Wilde che sapeva resistere a tutto tranne che alle tentazioni, l’opzione aventiniana che ciclicamente torna attuale, come in questi giorni, è parsa un azzardo troppo rischioso. A frenare l’impeto, del tutto legittimo, ha probabilmente concorso il sondaggio che mostra un indice di gradimento del governo non previsto dall’opposizione. Quanto durerà l’inattesa luna di miele tra Palazzo Chigi ed i cittadini è difficile da pronosticare, trattandosi com’è stato ampiamente provato, di sentimenti volubili. Meglio quindi rinviare l’assalto finale alla diligenza col rischio di mangiare la polvere. 

SVOLTA. Sebbene sia sul viale del tramonto politico, Berlusconi non ha perso il gusto di sorprendere l’uditorio. Spinto dalla voglia di tornare in prima fila, da un giorno all’altro ha annunciato la svolta che segna una decisa marcia di smarcamento dalla corrente sovranista che il Cavaliere non gradisce. A dire il vero non si può parlare di sorpresa. Tra lui e il leader leghista non è mai corso buon sangue. Rispetto ai fasti ormai lontani di Arcore, il peso specifico dell’ex premier tuttavia è ormai poca cosa e non consente di valutare le ricadute della separazione sulla traballante unità della destra. Intanto però chi fino a ieri lo applaudiva a prescindere, ora lo liquida con un giudizio sprezzante: stai diventando un comunista pure tu. Chi l’avrebbe immaginato! 

COMPETENZA. Potrebbe destare un certo interesse, in questa fase in cui molte certezze vacillano, andare al cuore dell’America profonda per capire con quali sentimenti viene accolto l’operato di Trump. Nella cosiddetta cintura ultra repubblicana la sua ascesa alla Casa Bianca era stata salutata come la panacea nazionalista contro le aperture e la solidarietà universale di Obama. Negli ultimi tempi, con un Presidente che sostituendosi ai virologi raccomanda rimedi da antro delle streghe per battere il virus, comincia a sorgere più di un dubbio sulla sua competenza e affidabilità alla guida della maggiore potenza mondiale. In gioco vi è la leadership e la credibilità degli Stati Uniti che nell’ anno delle presidenziali, sotto il peso dell’emergenza sanitaria, richiedono scelte lungimiranti e serie a tutela della democrazia a stelle e strisce. 

BELLUM. Nel panorama economico-finanziario reso altalenante dalle imprevedibili oscillazioni della pandemia, esistono alcuni settori che non soffrono più di quel tanto dalle ricadute della crisi. Se la borsa fa i capricci, a fare da contraltare vi sono istituti bancari in giro che vantano a livello globale utili di oltre il miliardo e mezzo di dollari nei primi tre mesi dell’anno. A braccetto dell’alta finanza, l’industria bellica non mostra a sua volta il benché minimo segno di cedimento. Gli investimenti militari sono in continua ascesa e raggiungono cifre da capogiro non lontane dai duemila miliardi di dollari annui. Stati Uniti e Cina si contendono i primi due posti in classifica e la Russia non è di meno. Proviamo a immaginare che cosa si potrebbe fare con quella montagna di soldi per avviare la ripresa dopo la pandemia e alleviare la povertà. Ma a quanto pare la locuzione “si vis pacem, para bellum” mantiene inalterato il suo significato. 

MISTERO. Nel leggere le notizie sulle condizioni di salute del leader nordcoreano Kim Jong-un sembra di fare un salto a ritroso nel tempo e di ritrovarsi nel bel mezzo dell’Unione sovietica di una volta. Prima di Gorbaciov i malanni dei segretari del partito comunista erano un vero e proprio segreto di stato. Se sparivano dalla vista la spiegazione era che avevano il raffreddore. Fatale risultò quello di Andropov che durò ben 15 mesi. Senza parlare di Breznev che per anni era apparso gonfio, assente e quasi incapace di firmare i documenti ufficiali. Il KGB faceva in modo che non trapelasse nessuna indiscrezione sui “morti viventi del Cremlino” fino al giorno del decesso e la scelta del successore. La musica non cambia nella Corea del nord. Da “morto” ad “avvistato” la sorte del “caro leader” di Pyongyang resta un mistero di antico stampo sovietico. 

TESTIMONE. Quando se ne va un personaggio controverso, ma originale com’è stato Giulietto Chiesa, scomparso alla vigilia degli 80 anni, esce di scena un testimone degli sconvolgimenti che hanno segnato l’Unione sovietica prima e dopo l’ammaina bandiera con l’avvento di Putin. Ex dirigente del Pci, redattore all’Unità di Fortebraccio, corrispondente da Mosca di varie testate italiane e internazionali, ha saputo descrivere il dietro le quinte del Cremlino in presa diretta da posizioni di indipendenza critica, che non di rado hanno irritato i dirigenti moscoviti e quelli di Botteghe oscure. Ebbe però il sostegno di Enrico Berlinguer, a sua volta non proprio allineato all’ortodossia. In questa veste Giulietto Chiesa, senza mai rinnegare le proprie convinzioni, ha descritto da un osservatorio privilegiato un’epoca in cui, tra alti e bassi, la storia ha imparato a correre e, come il Forrest Gump di Tom Hanks, ancora non è “stanchina”.

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