Verdi e Sinistra chiedono a Letta di rinegoziare il patto. Calenda: “Non se ne parla”

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Di Maio: “Pretendiamo rispetto e parità di trattamento”. L’alleanza di centrosinistra a rischio: Fratoianni e Bonelli fanno saltare l’incontro con il segretario dem: “C’è disagio, l’accordo con Azione muta le condizioni”.

di Serenella Ronda

AGI – Salta l’incontro tra Enrico Letta, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli. Inizialmente previsto per il primo pomeriggio, dopo che il segretario Pd aveva subito accolto la richiesta di un faccia a faccia, il chiarimento viene invece ‘congelato’ a ridosso dell’appuntamento fissato al Nazareno:

“Essendo cambiate le condizioni su cui abbiamo lavorato in questi giorni, sono in corso riflessioni e valutazioni che necessitano di un tempo ulteriore”, spiegano Verdi e Sinistra italiana in una nota. I due leader della sinistra non nascondono l’irritazione per le condizioni mutate dopo il patto elettorale siglato dal Pd con Azione. “Se fossimo andati oggi all’appuntamento con Letta probabilmente avremmo rotto”, confessa Bonelli.

A non convincere, oltre ai contenuti programmatici, è soprattutto la percentuale dei seggi che dem e Calenda si sono ‘spartiti’: 70 e 30 per cento. Ma anche quel diritto di tribuna offerto dal Pd ai leader delle altre forze di coalizione.

La proposta del Pd “e’ irricevibile, noi siamo un progetto politico che si sta fortemente radicando e riteniamo di avere più voti dello stesso Calenda”, dice Bonelli. Non aver posto nei collegi uninominali?

“Quell’accordo per noi non è vincolante”, sentenzia. Ma nulla è ancora perduto.

Nello specifico, la richiesta di Verdi e Sinistra italiana è una rinegoziazione dell’accordo raggiunto con Letta. Lo spiega in chiaro lo stesso Bonelli: “Se c’è una rinegoziazione, assieme a una questione che indichi un profilo programmatico che parli al popolo del centrosinistra ci possono essere le condizioni per un accordo. C’è bisogno di grande senso di responsabilità. L’accordo non è già nei fatti, noi abbiamo avuto la responsabilità di dialogare con chi è distante e ha usato termini come ‘accozzaglia’ o ‘frattaglie’, che non è un modo intelligente per stare insieme”.

Ne approfitta subito il Movimento 5 stelle: “Con le persone serie, che vogliono condividere un’agenda sociale ed ecologica con noi c’è sempre la possibilità di dialogare”, si fa avanti Giuseppe Conte. In casa dem, però, si sdrammatizza. Lo strappo si può ricucire. Insomma, il leader Pd non vuole assolutamente perdere pezzi in corso d’opera, dopo aver faticosamente raggiunto l’intesa con Azione e Più Europa.

Ma il quadro delle alleanze, che solo 24 ore fa sembrava essere ormai delineato, rischia di esplodere: la mediazione con Luigi Di Maio fa registrare attriti. Il titolare della Farnesina chiede rispetto e pari dignità.

Nel Pd si cerca di mantenere la calma, bisogna evitare fughe in avanti che rischiano di compromettere l’intero quadro, sia a sinistra che con i dimaiani.

Al Nazareno, viene spiegato, c’è la consapevolezza dell’importante contributo di verdi e Sinistra italiana e si ritiene legittima la richiesta di una ‘rinegoziazione’ degli accordi. I vertici del Pd, dunque, preferisocno gettare acqua sul fuoco.

E poi nei punti programmatici messi nero su bianco con Calenda si parla di ambiente e di “transizione ecologica virtuosa e sostenibile”, mentre non c’è traccia del nucleare. Dunque, per il Nazareno “trovare una quadra è non solo possibile, ma anche agevole”.

A mettersi di traverso è però il leader di Azione, che categorico chiude la porta a ogni possibile rivisitazione del patto: “Rinegoziarlo? Non c’è alcuna disponibilità a farlo. L’agenda Draghi è il perno di quel patto e tale rimarrà. Fine della questione”, è la risposta lapidaria dell’ex titolare del Mise.

 

 

La questione è che, secondo le proiezioni, se saltasse l’alleanza con l’area di sinistra sarebbero almeno 14 i seggi che si perderebbero a favore del centrodestra. Uno scenario che il Pd vuole assolutamente evitare. Ma tra i parlamentari cresce il timore che Bonelli e Fratoianni possano ora guardare ai pentastellati: contatti tra le tre forze ci sono stati e non se ne escludono altri in queste ore, viene spiegato, ma la riflessione in corso è incentrata sulla ‘rinegoziazione’ dell’accordo con il Pd.

Intanto Letta continua a tessere la tela delle alleanze: il segretario dem torna a incontrare Luigi Di Maio, assieme a Bruno Tabacci, dopo il vis a vis di ieri. Un secondo incontro che il Nazareno definisce nuovamente “interlocutorio”. Il nodo resta il diritto di tribuna – nel proporzionale – offerto al titolare della Farnesina, che sta riflettendo. Il punto è che Di Maio ha presentato due giorni fa il simbolo di Impegno civico, e il diritto di tribuna ‘salverebbe’ il suo fondatore ma non la truppa di ex M5s che lo hanno seguito dicendo addio a Conte. Di Maio assicura che il suo partito “vuole costruire, è una comunità fatta di persone determinate, pazienti, pronte a dare il massimo”. Ma, allo stesso tempo, “pretendiamo rispetto e parità di trattamento. Altrimenti viene meno il principio fondante di una coalizione”. è l’avvertimento rivolto a Letta.

Chi dice apertamente ‘no, grazie’ è Matteo Renzi

Che ci va giù duro: “Letta ha proposto il diritto di tribuna. Che significa? Un posto garantito come capolista del Pd a tutti i leader dei partiti in coalizione. Così entrano in Parlamento. Lo hanno proposto anche a noi. Amici miei, ma la dignità dov’è? Ho lasciato il Pd perché non condividevo le idee di quel gruppo dirigente. Io non mi faccio adesso candidare da quel partito per salvare una poltrona. Le idee valgono più dei posti. Mi chiamo Matteo Renzi, io, non Luigi Di Maio. Meglio rischiare di perdere il seggio che avere la certezza di perdere la faccia”.

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