Vigile in mutande assolto, le motivazioni: “non è un reato”

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Nel 2015 un vigile di Sanremo venne immortalato in mutande mentre timbrava il cartellino per poi tornare a casa e finito sotto inchiesta nell’indagine della Gdf sui furbetti del cartellino.

L’uomo ha subito per anni e una vera e propria persecuzione mediatica. Le sue foto sono circolate per mesi e mesi, con notevoli speculazioni di carattere politico.

Nel Gennaio scorso però l’uomo è stato assolto con rito abbreviato. Ora sono state rese note le motivazioni.

Il giudice, spiega un articolo di tgcom24, ritiene per quel che riguarda l’oramai ex vigile che “la timbratura in abiti succinti non costituisce neppure un indizio di illiceità penale e ha una sua spiegazione logica”.

Esisteva, infatti, una disposizione del comandante della polizia locale secondo cui l’agente, in funzione di custode, doveva timbrare dopo aver aperto il mercato municipale e in abiti borghesi, il cosiddetto “tempo tuta”.

Le motivazioni, con le quali il giudice ha spiegato perché a gennaio ha deciso di assolvere dieci impiegati del Comune di Sanremo smontano la tesi accusatoria, dando atto al pm di aver fatto del suo meglio sulla base, però, di un impianto viziato da errori di interpretazione e clamorose sviste investigative.

Sollevato l’agente, lo scorso febbraio ha raccontato la sua amarezza in un’intervista a Repubblica

“È un sollievo, anche se amaro: vengo da quattro anni e mezzo di tortura mediatica per colpe che non ho mai avuto, e nessuno me li restituirà mai”
E su quello che ha dovuto passare: “dall’oggi al domani costretto a cambiare casa, vita, a sopportare ingiustamente il peso di derisioni e processi tv. Io vorrei solo poter pensare ad altro, metterci una pietra sopra”.

E ancora: ” Ero diventato il mostro da sbattere su tutte le tv, ho provato a cambiare lavoro, ho aperto una bottega per le piccole riparazioni, ma ci sono stati giorni in cui dovevo posteggiare lontano dal negozio ed entrare dal retro della bottega per evitare le telecamere”

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