Vivere con “leggerezza”: intervista a Laura Campanello

Teocrazia e Cristianità oltre Tevere

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L’autunno è inevitabilmente una stagione in cui si tende a riprogrammarsi, a riprendere le redini della propria esistenza dopo la pigra pausa estiva. È il periodo in cui ci si libera del superfluo e si fa spazio a ciò che essenziale. Si fa i conti con sé stessi e ci si libera delle cosiddette “zavorre emotive” che ci impediscono di far fluire la propria linfa vitale.

In questo periodo si ha voglia di rallentare, ritagliarsi un proprio spazio al di là del caos quotidiano e della frenesia dei contesti in cui agiamo. C’è bisogno di “leggerezza” intesa come condizione ideale in cui vivere la dimensione tanto aspirata del “qui” e “ora”. Attraverso la leggerezza si impara ad apprezzare l’essenza della vita. Si lasciano da parte i fantasmi del passato e si contrastano le ansie legate all’incertezza del futuro.

Concedersi la leggerezza è un’occasione, un’opportunità per crescere ed evolverci umanamente. Su questa tematica è incentrato il libro della filosofa e pedagogista Laura Campanello intitolato “Leggerezza” ed edito da Mursia. “Leggerezza” è un libro che invita il lettore a riflettere su tematiche esistenziali universali come la resilienza, la felicità, il sublime, il ruolo della filosofia nella società odierna. Un libro ricco di imput creativi che trasmette positività e voglia di mettersi in gioco per scoprire un modo di vivere, inedito e di valore.

Ne parliamo in questa intervista rilasciata in esclusiva per noi da Laura Campanello che sarà fonte di ispirazione per molti.

Com’è nata l’idea di scrivere questo libro su una tematica come la leggerezza?

Questo libro edito da Mursia è nato in maniera netta. Anni prima avevo pubblicato sempre per Mursia un libro sul tema della morte. Successivamente mi era stato chiesto di scrivere un libro sul dolore. Mentre lavoravo a questa pubblicazione mi sono chiesta cosa potesse aiutare le persone ad affrontare i momenti più drammatici della loro esistenza e subito mi è venuta in mente la leggerezza. Ho imparato con l’esperienza che questa è una tematica universale che accomuna tutti. Per la scrittura di questo libro ho utilizzato un linguaggio facilmente leggibile per tutti proprio perché il mio obiettivo era arrivare a tutti.

Perché la “leggerezza” viene spesso confusa con la “superficialità”?

Perché ci è difficile concederci momenti essenziali e semplici nella quotidianità. Abbiamo sempre bisogno di indossare “maschere” che ci fanno apparire “perfetti”, “seri”, “performanti”, “impegnati”. Eppure abbiamo bisogno di concederci la libertà di essere leggeri.

Nel tuo libro affronta la tematica della resilienza. Per lei è una dote innata o acquisita? Come la si può rafforzare nel corso della propria esistenza?

Secondo me la resilienza è una dote innata dell’essere umano. È la capacità di reagire e di trasformarci di fronte alle problematiche della vita e nelle situazioni drammatiche. Va allenata costantemente. Se non viene coltivata si rischia di diventare vittime di sé stessi, di sentirci immobilizzati, incapaci di agire. La resilienza è la capacità di rimanere in movimento, mettersi in gioco, evolversi. Significa ritrovare la forza nonostante le avversità.

Per “sentirsi leggeri” bisogna liberarsi delle cosiddette “zavorre emotive”. Come riconoscerle?

Ci si deve ascoltare prima di tutto. Bisogna attivare una sorta di dialogo interiore.si parla di zavorre emotive quando ad esempio svolgiamo un lavoro che non ci fa star bene con noi stessi perché in esso non riusciamo ad esprimerci. Significa che qualcosa non va. Riconoscere le zavorre emotive è un lavoro di ascolto importantissimo per capire quanti ruoli ci hanno cucito addosso e non ci permettono di essere quello che siamo.

Quanto e come la leggerezza può diventare uno stimolo creativo per un artista?

Tantissimo perché la leggerezza è una sensazione di libertà che ci permette di esprimerci creativamente, senza limiti. La creatività è all’apice nel momento in cui vivo il “qui” e “ora”, sospendendo il giudizio. In questa condizione l’artista dà il meglio di sé.

La leggerezza necessita della dimensione del “qui e ora”. Per lei cosa significa questa condizione esistenziale?

Significa essere presenti in quello che si sta facendo e vivendo. Cercare di non essere vittime di rimpianti e rimorsi senza lasciarsi tormentare dal futuro.

Spesso il concetto di felicità si confonde con quello di serenità. Ci può spiegare meglio questi due concetti?

Sono due termini che andrebbero spiegati accuratamente e separatamente. Per me la serenità implica uno stato di quiete, darsi pace. Non avere troppe aspettative e accontentarsi e godere di ciò che si ha. La felicità presume un costante movimento per non accontentarsi. La felicità non è una tappa obbligatoria. Ha a che fare con il mettersi in gioco. Si ciba di desiderio e con essa si inseguono i propri sogni e si concretizzano i propri desideri.

Che ruolo ha per lei la filosofia nella società odierna?

Oggi la filosofia ha un ruolo fondamentale nelle nostre esistenze. È quello di mantenere vivo il dialogo interiore, la lettura critica della realtà. Ci invita a fare scelte consapevoli e prendere delle decisioni etiche. La filosofia ha una capacità trasformativa che consente all’uomo di evolversi.

Come si può educare le nuove generazioni alla leggerezza?

Stimolando i giovani con attività creative, allenando il dialogo interiore che non deve solo essere autoriferito. Occorre confrontarsi con gli altri perché è altamente arricchente.

Quanto è importante oggi raccontarsi? Come lo si può fare in maniera efficace?

Ci si può raccontare attraverso la scrittura autobiografica ma non quella esibita e ostentata sui social. Lo si può fare anche attraverso con il dialogo costruttivo che ci permette di far emergere la nostra parte più vere e autentica. Serve per acquisire maggiore consapevolezza di ciò che siamo facendo i conti con le proprie paure, pregiudizi, limiti.

Perché il lettore de IlCorriereNazionale.net dovrebbe leggere “Leggerezza” (Mursia)?

Tramite “Leggerezza “il lettore avrebbe l’occasione di capire come abitare la propria esistenza in maniera diversa e significativa. La vedo come un’opportunità per esplorare l’ignoto.

Mariangela Cutrone

 

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