In questi giorni si stanno definendo le alleanze per le elezioni europee previste per il 26 maggio. Tra colpi di scena e delusioni, Di Battista sceglie di non essere il volto del Movimento 5 Stelle per questa competizione. L’idea di Luigi Di Maio era quella di presentarlo come capolista in tutte le circoscrizioni italiane, ma la risposta è stata un sonoro NO.
Si riaprono dunque le tensioni tra l’indirizzo governativo incarnato da Di Maio e quella “barricadera” rappresentata da Di Battista. Due individui ormai profondamente diversi, anche se accumunati da una nostalgia per quello che sono stati agli esordi del M5S. Ciò che non è stato ancora accettato dal secondo è stata la debacle abruzzese, un risultato per molti versi simbolico per i pentastellati che avevano investito molto sulla loro capacità di conquistarsi un’autonomia rispetto ai propri competitors. Ma così non è stato e bisogna correre ai ripari (di nuovo).
Richiamare un personaggio così emblematico dal suo viaggio in Sud America era stata la mossa disperata di un partito che continuava ad affondare. Ma di nuovo non è bastato. Considerato come una risorsa inesauribile dai suoi colleghi, Di Battista sembra stia diventando un problema. Forse troppo lontano dalla politica, troppo idealista, poco pragmatico. Un ‘Grillo 2.0’ che non riesce però ad avere lo stesso effetto né sul suo pubblico, né sui suoi colleghi e lo dimostra il tentato ma mancato accordo con i gilet gialli, lo sforzo di affrontare la questione TAP (a cui il governo ha risposto con un dietrofront). Neanche la presenza in televisione riesce a restituirgli quell’aurea di teatralità legittimata che contribuiva all’azione del Movimento (basti ricordare il suo flop a DiMartedì in cui aveva attaccato il pubblico colpevole di essere poco plaudente).
Le elezioni europee potrebbero divenire un altro sonoro schiaffo al M5S, con una percentuale che secondo i sondaggi si attesta sul 21% [fonte: TermometroPolitico], con la presenza preponderante della Lega come primo partito in Italia. Il boom leghista sarà probabilmente la sconfitta più cocente per il Movimento, consapevole di aver coadiuvato al suo successo, perdendo però il proprio terreno politico ed elettorale.
Il problema attuale del M5S è di non aver nessuna risposta a queste difficoltà. Alessandro Di Battista era l’unico esponente possibile per la successione della creatura politica pentastellata, tenuto strategicamente ai margini allo scopo di non essere colluso con le attuali dinamiche governative. Tuttavia sembra avere perso la sua attitudine agitatoria forse perché lo stesso Movimento 5 Stelle è divenuto ingessato e rigido, creando un effetto ossimoro.