L’integralista islamico Usman Khan ha preso di mira una sala in cui era in corso un convegno. Ma invece che contro inermi cittadini, si è messo a menare fendenti contro un gruppo piuttosto particolare
Una cosa è certa: Usman Khan, l’uomo ucciso sul ponte di Londra dopo aver accoltellato due persone, aveva scelto male il suo obiettivo. Molto male. Il primo posto in cui ha colpito è stata la Fishmongers’ Hall, uno spazio in cui era in corso una conferenza organizzata dall’università di Cambridge sul recupero dei criminali violenti. Un posto iconico nella cultura imprenditoriale londinese, perché dal 1300 vi si ritrovava la comunità di pescatori, e che in quel momento era pieno di studiosi, ma anche (e soprattutto) di criminali.
Questo potrebbe spiegare perché Khan, che indossava un braccialetto elettronico dopo essere stato scarcerato un anno fa, fosse in mezzo a loro. Non è ancora stato spiegato se fosse stato ammesso alla conferenza dopo aver partecipato a un altro programma organizzato dall’università di Cambridge per i detenuti: ‘Imparare insieme’. Khan, ha detto il suo avvocato, aveva chiesto di entrare nel programma di de-racalizzazione, e come altri criminali violenti che hanno intrapreso un percorso di riabilitazione si è ritrovato venerdì pomeriggio alla Fishmongers’ Hall. Solo che si è presentato con due coltelli da cucina assicurati con il nastro adesivo ale mani e ha cominciato a colpire a caso. elettronico
Invece di affrontare cittadini inermi, si è trovato circondato da gente che non ha esitato a reagire. Tra questi un ergastolano: James Ford, 42enne condannato per aver ucciso una ragazza disabile, intervenuto in soccorso di una donna ferita. Un altro ‘eroe del ponte di Londra’ è uno chef polacco che ha preso uno dei cimeli marinareschi esposti nella sala, una zanna di narvalo lunga quasi due metri e si è lanciato all’inseguimento dell’aggressore.
Dopo aver colpito nella Fishmongers’ Hall, Khan è fuggito lungo il ponte di Londra, dove i tre lo hanno raggiunto, Le immagini mostrano mentre l’uomo con l’estintore gli spruzza contro la schiuma e lo chef polacco gli punta contro la zanna. Poi lo atterrano e riescono ad avere la meglio, quando arrivano i poliziotti, scesi da un’auto civetta, che, vedendo il giubbotto esplosivo, decidono di far fuoco.
David Wilson, professore di criminologia alla Birmingham City University e presidente dell’associazione ‘Amici della prigione di Grendon’, ha raccontato al Guardian che l’azione di Ford è la prova di “come la gente in carcere possa cambiare”. Ford, ha riferito Wilson, ha affrontato un intenso periodo di psicoterapia. “Con il mio lavoro so che le persone cambiano e cambiano a seguito di regimi innovativi ma stimolanti come quello di Grendon” ha detto.
Secondo Wilson, quello di Khan potrebbe essere un caso di ‘suicide by cop‘, letteralmente “suicidarsi facendosi sparare da un poliziotto”, un fenomeno che, ha detto il criminologo, è in crescita negli Stati Uniti in cui gli aggressori indossano finti giubbotti esplosivi perché preferiscono il martirio piuttosto che farsi condannare. “Mi chiedo” ha concluso, “se questo non sia un’altra versione di un suicide by cop”.