Nel contratto di affitto è sempre indicata una “data di scadenza”, ma la legge prevede la possibilità, sia per il proprietario dell’immobile sia per l’affittuario, del recesso anticipato in caso di particolari necessità. Si parla perciò di risoluzione del contratto, se il rapporto tra le parti è interrotto prima della sua naturale scadenza.
Diversamente si tratta di cessione del contratto di locazione, se il locatore o il conduttore vengono sostituiti nel contratto da un nuovo soggetto; proroga del contratto di locazione se la durata del contratto viene prolungata per un periodo ulteriore.
Risoluzione anticipata consensuale del contratto di affitto
Indipendentemente dalla scadenza del contratto di locazione, locatore e affittuario possono, in ogni momento, interrompere il loro impegno, che così come ogni altro tipo di contratto deve avere una forma scritta e deve essere registrata.
Se si tratta di risoluzione consensuale, cioè quando entrambe le parti del contratto decidono di risolvere di comune accordo il loro impegno è la volontà delle parti a sciogliere il contratto. È fondamentale darne comunicazione all’Agenzia delle Entrate, attraverso la presentazione del modello RLI in forma cartacea o telematica e il versamento dell’imposta di registro di 67 euro attraverso il modello F24 Elide.
La comunicazione all’Agenzia delle Entrate permette di interrompere formalmente il decorrere dei redditi. In caso contrario il Fisco potrebbe ritenere che i locali siano ancora affittati e perciò aspettare un reddito dal contribuente pari a quello dichiarato sul contratto di locazione.
Prima ancora di versare l’imposta è necessario che la comune volontà di risolvere il contratto (sia di natura abitativa che commerciale) sia manifestata in forma scritta. Si tratta di una modalità molto importante soprattutto per l’inquilino. In caso contrario, anche dopo l’accordo verbale e anche successivamente alla consegna delle chiavi di casa, il proprietario potrebbe pretendere il versamento dell’affitto. Così come è necessario uno scritto per la stipula dei contratti, lo è altrettanto per la disdetta anticipata che deve essere provata per iscritto.
Quanto costa e come va versato l’importo
L’imposta di registro dovuta è pari alla misura fissa di 67 euro e va versata entro 30 giorni, a partire dal giorno della risoluzione anticipata del contratto, scegliendo una delle seguenti modalità:
- Utilizzando i servizi telematici dell’Agenzia (sofware RLI o RLI-web), tramite richiesta di addebito sul conto corrente. L’uso del software è riservato ai contribuenti registrati al servizio e in possesso di Pin.
- In caso di versamento con il modello F24 Elementi Identificativi, utilizzando il codice tributo 1503. In questo caso è necessario comunicare l’avvenuta risoluzione all’ufficio dove è stato registrato il contratto, presentando entro i 30 giorni dall’avvenuta risoluzione, il modello RLI, compilato in ogni sua parte.
A chi spetta l’onere del pagamento
Il pagamento dell’imposta di registro per il recesso anticipato è a carico di entrambe le parti, ma l’onere è del locatore, il quale, successivamente, potrà rivalersi sul conduttore per ottenere il rimborso della metà della somma versata.
Cosa cambia in regime di cedolare secca
L’imposta di registro di 67 euro per la risoluzione del contratto non è dovuta in caso di adesione al regime della cedolare secca. A ogni modo è necessario comunicare la risoluzione del contratto anticipata all’ufficio dove è stato registrato il contratto presentando il modello RLI compilato. bSe l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate dispone di PEC, è possibile inviare il modello RLI.
Recesso del locatore
Le situazioni in cui è previsto il recesso anticipato del locatore sono indicati in modo specifico dalla legge:
- Quando l’affittuario ha a disposizione un alloggio libero nello stesso comune.
- Se l’immobile si trova in un edificio danneggiato in modo tale da risultare pericoloso e che quindi debba essere riparato per essere messo in sicurezza e che a tal proposito la permanenza del conduttore sia di ostacolo allo svolgimento dei lavori.
- Quando il conduttore non occupi l’immobile in modo continuativo e senza giustificato motivo.
- Quando il proprietario decida di vendere l’immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili a uso abitativo.
- Quando il proprietario vuole destinare l’immobile ad uso proprio ( del coniuge, dei figli o dei genitori).
- Quando vuole destinare l’immobole all’esercizio di attività dirette a perseguire finalità pubbliche, sociali, mutualistiche, cooperative, assistenziali culturali o di culto.
In ogni caso, deve darne preavviso all’affittuario almeno 6 mesi prima della scadenza del contratto se si tratta di immobile con destinazione abitativa e 12 o 18 mesi in caso di immobile destinato a uso non abitativo.
Recesso dell’inquilino
È molto più semplice recedere dal contratto se l’iniziativa è del conduttore. La facoltà di chiudere il contratto in anticipo rispetto alla scadenza è possibile grazie alla clausola di recesso convenzionale che si trova nel contratto.
L’affittuario può interrompere il contratto per gravi motivi che dovranno essere spiegati nella lettera di preavviso da mandare al proprietario e con un anticipo di solito di almeno sei mesi, attraverso l’invio di una raccomandata con ricevuto di ritorno.
In caso di mancato rispetto dell’obbligo di preavviso il conduttore dovrà pagare al locatore le mensilità previste dai termini del preavviso. Potrebbe anche dover farsi carico della richiesta di risarcimento per i danni subiti dal locatore a causa della risoluzione anticipata.
di Ida del Coro (FONTE: Immobiliare.it)