È stata la Zoom del fitness durante la pandemia. Poi il crollo e le dimissioni dell’amministratore delegato. Diversi rumors riportano di un forte interesse da parte delle Big Tech sul colosso delle cyclette, uno scenario per niente irrealistico.
Gennaio 2019. Tim Cook parla alla Cnbc seduto su una panca di legno dell’Apple Park di Cupertino: “Ci sarà un giorno in cui, guardando indietro, ci accorgeremo che il più grande dono di Apple alle persone è aver contribuito alla loro salute”. Una frase passata un po’ in sordina allora, ma che l’amministratore delegato della Mela ebbe modo di ripetere in altre occasioni: nella lettara agli investitori di fine anno e in diverse interviste nei mesi successivi. Quella previsione, quella promessa, non spuntava fuori dal nulla. Piuttosto era il coronamento di una strategia di investimento che Apple, insieme alle grandi società tecnologiche e ai fondi di venture capital, aveva già avviato negli anni precedenti nei settori della salute, del benessere e dello sport.
IL CASO PELOTON
Non è un caso quindi che Peloton oggi possa finire nel mirino di Amazon, Google o appunto Apple, come i media americani riportano oramai da settimane.
L’azienda leader nella produzione di macchine per l’allenamento è esplosa durante la pandemia quando, con la chiusura di palestre e centri benessere, le persone hanno cominciato ad allenarsi in casa. Molti l’hanno paragonata a Zoom, almeno per la progressione nei numeri delle vendite durante i confinamenti. Ma, con le riaperture, l’esplosione dei costi fissi durante i periodo precedente ha messo in subbuglio i conti della società, costringendo il fondo attivista Blackwells Capital a chiedere la testa dell’amministratore delegato John Foley e la vendita a una grande gruppo.
Tutte le grandi società tecnologiche avrebbero la cassa sufficiente a portare a termine l’operazione, senza tener conto che il crollo al Nasdaq di Peloton potrebbe fornire un ulteriore variabile favorevole. Ma soprattutto tutti avrebbero l’interesse a un’operazione del genere.
INTERESSI DI AMAZON, APPLE E GOOGLE
Amazon per esempio potrebbe sbarcare nel settore del fitness con dispositivi per l’allenamento connessi ai dati dei propri sistemi di domotica, collegando una cyclette o un tapis roulant, integrando l’offerta sul piano del fitness. Google, oltre ad avere una cassa solidissima, ha già cominciato a muoversi sul settore ‘hardwarè, gli oggetti fisici, specie quelli legati alla salute e al benessere. Un anno fa aveva portato a termine l’acquisizione di Fitbit, gli orologi che tracciano le performance atletiche, per 2,1 miliardi di dollari.
Peloton potrebbe rafforzarla nel settore wellness e fitness, mettendo sotto scacco Apple che finora ha un discreto vantaggio competitivo. Inoltre i software di Peloton già girano con il sistema operativo Android, sviluppato da Mountain View. Apple, forte già sul lato software che hardware, potrebbe irrobustire la sua offerta e rendere ancora più aggressiva la propria strategia sull’offerta di prodotti per il benessere e la salute, concretizzando la ‘profezià di Cook.
L’IMPORTANZA DEI DATI
Peloton è un ottimo esempio per raccontare il futuro che già da qualche anno le grandi società tecnologiche immaginano. Il minimo comune denominatore che le accomuna in questa strategia sono i dati. L’intera Internet economy è basata sui dati. E quelli sulla salute sono tra i più preziosi. Lo sono per i consumatori, oramai abituati al controllo in tempo reale di qualsiasi performance: app per il fintess, per la corsa, per calcolare tempi di riposo, tempi del sonno, qualità del sonno, per contare il numero di calorie ingerite e quelle consumate, per meditare.
Ma lo sono anche per le aziende e per gli stati stessi, che possono raccogliere questi dati per offrire nuovi servizi, migliorarli, monitorare lo stato di salute delle persone stesse, diventate consumatori e produttori di dati al tempo stesso.
IL VOLUME DEI DATI PRODOTTO
Si calcola che oggi circa il 30% del volume totale di dati prodotti nel mondo siano legati al mondo della salute e del benessere. E secondo un report di Rbc Capital Market il volume dei dati prodotti dall’industria della salute e del fitness è destinata a crescere a una velocità molto maggiore rispetto a quello prodotto dall’industria manifatturiera, dell’intrattenimento o della finanza.
Un mercato in crescita quindi, e incredibilmente prossimo a quello del settore tecnologico che si muove soprattutto sui dati, tra hardware che li producono e software che li processano. Più dati si acquisiscono, migliori prodotti possono offrire queste aziende ai propri clienti, prodotti in grado di generare dati ancora più raffinati e offrire servizi ancora migliori.
LA CORNUCOPIA DI DATI E IL FUTURO DELLA SANITA’
Ma nel mirino delle società tecnologiche non ci sono solo produttori finiti per qualche motivo in bassa fortuna. Secondo Cb Inshight, tra i più autorevoli osservatori del mondo degli investimenti in capitale di rischio, solo le divisioni aziendali di corporate venture capital di Google, Apple, Facebook, Amazon e Microsoft avrebbero speso nel 2021 oltre 7 miliardi di dollari in startup del settore healtech e fitness. Se si allarga lo sguardo a tutti gli investitori del settore (tra questi colossi come Sequoia Capital, General Catalyst e Khosla Venture), il parziale sale a 40 miliardi di dollari a livello globale, con un numero record di accordi tra strartup e investitori.
E la maggior parte di queste aziende offrono prodotti o servizi legati all’analisi dei dati e al loro sfruttamento per aumentare l’efficienza di prodotti e dispositivi. L’ascesa del settore è strettamente legata, almeno negli Stati Uniti dove la sanità ha costi elevati, alla crescente ‘consumerizzazionè di salute e benessere: ovvero l’uso di tecnologie come app, smartphone e wearable technology (tecnologie indossabili) ha portato i consumatori a usare sempre più questi strumenti per ‘mappare’ il proprio benessere, il proprio stile di vita, individualizzando, personalizzando analisi e soluzioni.
Una cornucopia di dati che il progresso dell’Intelligenza artificiale ha solo reso più facile da processare, contribuendo a tracciare un futuro di privatizzazione della sanità che solleva più di qualche preoccupazione. Oramai non solo in America.