Dario Patruno
Non è mio intendimento mescolare sacro e profano ma questo salmo frutto della storia di un popolo denota una verità fondamentale. La giustizia è dono di Dio e l’uomo per quanto possa effettuare sforzi non riuscirà mai ad essere giusto, ad amministrare la giustizia perché la giustizia è legata alla verità. E noi cerchiamo di avvicinarci ma difficilmente e forse mai la possiederemo perché si fonda nella relazione con le persone. E proprio nella relazione tra persone e sulla capacità di incidere sulla vita, devono essere esaminate le decisioni degli uomini per una “giustizia più giusta”.
Detto questo rientrando nell’alveo delle cose umane esistono nell’ambito della giustizia costituzionale i referendum, in Italia sono di tre tipi: confermativo, propositivo e abrogativo.
La Corte Costituzionale in questi giorni si è pronunciata su otto quesiti referendari, cinque ammessi e tre bocciati.
Il presidente della Corte costituzionale ha espresso in una conferenza stampa prima della pubblicazione delle sentenze, le ragioni che hanno spinto il collegio a dire no ad alcuni. Tralascerò quello sulla responsabilità civile dei magistrati che esponeva, a giudizio del supremo collegio, il magistrato all’azione diretta del cittadino nei confronti della persona mentre ad essere citato deve essere lo Stato e non il singolo operatore del diritto.
Mi soffermerò sui due più discussi bocciati dalla Corte: uso della cannabis ed eutanasia.
Uso della cannabis
«Volete voi che sia abrogato il decreto del Presidente della Repubblica del 9 ottobre 1990, n. 309, avente ad oggetto “Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza” limitatamente alle seguenti parti: Articolo 73 (Produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope), comma 1, limitatamente all’inciso “coltiva”; Articolo 73 (Produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope), comma 4, limitatamente alle parole “la reclusione da due a sei anni e”; Articolo 75 (Condotte integranti illeciti amministrativi), comma 1, limitatamente alle parole “a) sospensione della patente di guida, del certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori o divieto di conseguirli per un periodo fino a tre anni;”?».
Questo quesito, come prassi, viene sottoposto al preventivo esame della Cassazione oltre che per l’esame procedurale per la regolarità nella raccolta firme, ratifica inoltre il nomen iuris, il titolo da dare al referendum. In base alla l. 173/1995, ma su indicazione dei promotori, l’Ufficio centrale determina la cosiddetta definizione del quesito, ossia una sintetica formulazione dell’oggetto della consultazione, che è apposta sulla scheda poi sottoposta ai cittadini, per rendere più comprensibile il significato del voto, e dunque il vero effetto giuridico del referendum abrogativo.
Amato ha contestato nel merito questa definizione, confutando quanto scritto dalla Cassazione: «Il referendum non era sulla cannabis, ma sulle sostanze stupefacenti. Si faceva riferimento a sostanze che includono papavero, coca, le cosiddette droghe pesanti. E questo era sufficiente a farci violare obblighi internazionali». La coltivazione delle sostanze pesanti non può essere oggetto di interpretazione sulla difficoltà di fatto di coltivarla in Italia perché questa fa riferimento ad una circostanza di fatto e non di diritto. Quindi ben ha fatto la Corte a bocciarla.
Eutanasia legale
Abrogazione parziale dell’art. 579 del codice penale (omicidio del consenziente)
“Volete voi che sia abrogato l’art. 579 del codice penale (omicidio del consenziente) approvato con R.D. 19 ottobre 1930, n.1398, comma 1 limitatamente alle seguenti parole “la reclusione da 6 a 15 anni”; comma 2 integralmente; comma 3 limitatamente alle seguenti parole “Si applicano”?”
La Corte, il suicidio assistito lo ha depenalizzato con la sentenza del 25 settembre 2019. La Corte, in quella occasione, dichiarò l’illegittimità costituzionale dell’art. 580 del codice penale, nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della legge 22 dicembre 2017, n. 219 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento) – ovvero, quanto ai fatti anteriori alla pubblicazione della presente sentenza nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, con modalità equivalenti nei sensi di cui in motivazione –, agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente.
Il Presidente Amato ha esordito, in merito al referendum, che il quesito non era sull’eutanasia ma sull’omicidio del consenziente, punito dal codice penale.
Lo strumento referendario è inidoneo allo scopo per come è formulato, il quesito genera equivoci e allarga a dismisura la discrezionalità dei soggetti che nella vicenda svolgono un ruolo attivo e può condurre al paradosso descritto dal Presidente Amato per far comprendere l’allarme che ne deriverebbe e che comunque lo Stato ha necessità di impedire che accada. E’quindi un problema che deve risolvere il Parlamento.
L’accelerazione nella risoluzione di queste delicate problematiche non può essere scaricata sulla Corte Costituzionale cui spetta di decidere sull’ammissibilità di un referendum abrogativo di norme che impediscono l’omicidio del consenziente in determinate condizioni, non consentirlo o peggio facilitarlo. Questo faciliterebbe il suicidio del consenziente, colmando di fatto una vacatio legis.
Il Parlamento con una legge deve individuare in maniera chiara le fattispecie che consentono l’esenzione di responsabilità penale nel suicidio assistito e non con l’abrogazione dell’articolo del codice penale tout court con scienza e coscienza.