A Palermo Uber è stata condannata a fornire ai rider i dispositivi anti-caldo

Economia & Finanza

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Accolto il ricorso d’urgenza presentato per le condizioni di lavoro durante il periodo estivo, tra lunghe ore in bici o in moto al sole per le consegne a domicilio.

© Maxime Le Pihif/SIPA / AGF
– Un rider

AGI – Accolto da un giudice di Palermo il ricorso d’urgenza presentato da un rider di Uber per le condizioni di lavoro durante il periodo estivo, svolte spesso tra lunghe ore in bici o in moto esposti al sole per effettuare le consegne a domicilio.

L’elemento di novità importante è rappresentato dalla condanna per Uber-Eats a effettuare una specifica valutazione del rischio da esposizione a ondate di calore e delle conseguenti misure necessarie per la tutela della incolumità del rider, e alla prevenzione dei rischi lavorativi ai quali i ciclo fattorini sono esposti.

“Questo significa che la portata del provvedimento, una volta modificato il documento di valutazione dei rischi dell’azienda, sarebbe ampia: investirebbe tutta la flotta di corrieri del colosso americano del delivery – dicono Andrea Gattuso, segretario generale Nidil Cgil Palermo e Fabio Pace di Nidil e Filt Cgil Palermo – oltre a questo, il giudice obbliga Uber a effettuare la formazione sulla sicurezza al rider, sui rischi correlati all’attività di consegna implicante sforzi fisici con esposizione prolungata alle ondate di calore e ai raggi solari”.

L’ordinanza, proseguono i sindacalisti della Cgil Gattuso e Pace “è l’ennesima conferma, a pochi giorni di distanza, che il testo unico sulla Sicurezza va applicato integralmente anche a lavoratori come i rider che sono inquadrati come autonomi. E va nella direzione, da sempre indicata dalla nostra organizzazione sindacale, della necessità di garantire la tutela della salute e della sicurezza a dei lavoratori che per la tipologia del lavoro svolto sono esposti a rischi molto gravi per una paga spesso misera”.

Inoltre, insieme alla precedente decisione, per il sindacato, obbliga a una riflessione seria sia le aziende del deliver sia la politica “impegnata nella competizione elettorale sulle condizioni di lavoro dei rider che di fatto, con pochissimi diritti e contratti precari, e pagati qualche euro a consegna, generano per le multinazionali del delivery fatturati miliardari nel nostro Paese“.

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