Un ‘no’ deciso e senza appello è quello che arriva dai dem fra i quali viene sottolineato che, nella situazione attuale, senza anticorpi nei confronti delle spinte nazionaliste e populiste, un “presidenzialismo all’italiana” rappresenterebbe un colpo potenzialmente fatale alla tenuta democratica.
di Paolo Molinari
AGI – Il presidenzialismo irrompe in campagna elettorale e divide le fazioni in gara fra favorevoli e contrari. Favorevole è il centrodestra, con Giorgia meloni a fare da portabandiera. Contrario è l’altro fronte, con Enrico Letta che guida la truppa degli scettici. In mezzo c’è chi, come Carlo Calenda, ritiene che tutto il dibattito non sia che “un’arma di distrazione di massa”.
Per il segretario di Azione, occorre “lavorare sul Pnrr, intanto. Poi il salario minimo, rivedere il superbonus al 110%, il rigassificatore. Il problema non è se Meloni è fascista o non lo è, il problema è che vuole nazionalizzare tutto”, aggiunge Calenda. “Io sono molto d’accordo a sedermi e a discutere, ma non possiamo continuare a parlare del presidenzialismo in modo così poco serio. Non ci arriviamo a discutere di riforme se non mettiamo mano alla questione energetica”, aggiunge Calenda.
Un ‘no’ deciso e senza appello è quello che arriva dai dem fra i quali viene sottolineato che, nella situazione attuale, con le democrazie che in Occidente sembrano faticare e senza anticorpi nei confronti delle spinte nazionaliste e populiste, un “presidenzialismo all’italiana” rappresenterebbe un colpo potenzialmente fatale alla tenuta democratica.
E perchè il messaggio arrivi forte e chiaro, nel programma del Pd è stato inserito, in neretto: “La difesa della Costituzione antifascista e la promozione di politiche della memoria rappresentano un valore per noi irrinunciabile“. Sulla stessa linea d’onda è anche Luigi Di Maio, che mette il presidenzialismo fra i temi che fanno della terna Meloni, Salvini, Berlusconi il “trio sfascia conti”. “Senza un sistema di pesi e contrappesi”, una riforma in chiave presidenzialista “rischia di lasciare popolo e parlamento senza poteri”, sottolinea il ministro degli Esteri.
Una posizione che non convince Matteo Renzi. Il leader di Italia Viva ha già fatto sapere di ritenere sbagliato l’agitare lo spettro di Orban per dire no al presidenzialismo. Per Renzi, tuttavia, il sistema migliore è quello del Sindaco d’Italia, ovvero l’applicazione su scala nazionale della legge che regola l’elezione e la funzione dei sindaci. Proposta che il Pd respinge al pari di quella presidenzialista di Meloni. Ciò non significa che le riforme rimangano fuori dal programma dem che, al contrario, contiene un intero capitolo dedicato alla Cura della democrazia”.
La leader di Fratelli d’Italia, tuttavia, ha già rimarcato che “è il Pd ad aver reso necessaria la riforma presidenziale. Anche una Repubblica parlamentare può essere stabile, se i partiti rispettano il responso delle urne. Non è così però in Italia, a causa della spregiudicatezza del Pd. Per questo serve il presidenzialismo”.
Un riferimento al fatto che, pur non avendo vinto le elezioni, i dem sono stati presenti in due governi su tre nell’ultima legislatura. Il segretario Enrico Letta, fin dal suo discorso di insediamento, spiega che la democrazia italiana è profondamente malata e che la sua patologia si chiama trasformismo. Una patologia contro cui, aggiunge, è necessario intervenire con forza attraverso le modifiche ai regolamenti parlamentari. Ma non solo.
La legge elettorale con la quale si voterà il 25 settembre è “anche peggiore del Porcellum”, osservano al Nazareno, “perchè interrompe quel meccanismo sanzionatorio fra elettore ed eletto”. Chi viene eletto, è il ragionamento, dovrebbe rispondere all’elettore e sottoporsi al suo giudizio, attraverso il voto. Questo non avviene con il Rosatellum, a causa delle liste bloccate.
Per fare fronte a questa carenza, il Pd si è dato un sistema di regole interne, prima fra tutte le primarie per la scelta dei candidati che, tuttavia, non sempre è stato possibile mettere in pratica. La caduta improvvisa del governo Draghi non ha dato la possibilità ai dem di celebrare le primarie per l’elezione dei candidati. E se c’è chi ha fatto le parlamentarie, dal quartier generale del Pd si sottolinea che “le nostre primarie sono vere, partecipate da centinaia di migliaia di elettori che vanno a votare di persona“.
L’impegno dei dem è quindi quello di “proporre una nuova legge elettorale al Parlamento sin dai primi mesi della prossima legislatura, per superare la frammentazione e il trasformismo, per ridurre gli effetti distorsivi sulla rappresentanza legati al taglio dei parlamentari e per favorire la costruzione di forze politiche stabili e dotate di una riconoscibile identita'”, si legge nel programma.
La seconda priorità è mettere fine alle continue staffette di governo. La proposta del Pd è quella di introdurre la cosiddetta “sfiducia costruttiva”. ovvero: non si può sfiduciare un governo senza averne già pronto un altro.
Infine, una legge per dare piena attuazione all’articolo 49 della costituzione sui partiti e la democrazia interna ad essi: statuto, regole di ingaggio, garanzia dei diritti minimi delle iscritte e degli iscritti, trasparenza e democraticità delle procedure, tutela del pluralismo, delle minoranze interne e della parita’ tra uomini e donne, regolarità e periodicità dei congressi e dei meccanismi di selezione interna, dedicando una quota delle risorse ad attivita’ di studio ed elaborazione programmatica e a iniziative per favorire la partecipazione politica delle donne.