Al nuovo Parlamento una sfida colossale

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Dopo una campagna elettorale che i più garbati hanno definito sgangherata non abbiamo nulla di chiaro e definito se non un dopo elezioni altrettanto sgangherato. Cionondimeno le borse non appaiono allarmate. Le quotazioni sono stabili, i tassi di interesse lo stesso, i valori delle obbligazioni e segnatamente quelle pubbliche, sono anch’esse stabili. Certamente da molto prima della diffusione degli esiti elettorali si erano aperti i paracadute che erano necessari a dare segnali rassicuranti ed evitare traumi; peraltro la nostra borsa non è stata mai affidata interamente al mercato ma è sempre stata molto ben sorvegliata e influenzata dagli amici e dagli amici degli amici di chi vuole che le cose rimangano come sono sempre state. E così non si registrano scossoni. Tutto sotto controllo dunque? Certo, peraltro il governo futuro presentato da Di Maio alla vigilia del 4 marzo è stato assemblato pescando dalle università a garanzia della ortodossia anche culturale del futuro operato del probabile governo e quindi è stato pensato e proposto per dire ai Poteri Forti che “potete stare tranquilli non vi sono rivoluzioni alle porte”.

Però il momento è di quelli da far tremare le vene e i polsi:

il famigerato debito pubblico nazionale è ancora sostenibile grazie ai tassi bassi promossi dalla Bce ma sta per divenire più oneroso per l’avvento dell’inflazione nei paesi ricchi; inflazione che produrrà aumento dei tassi che pagheremo noi… come si fronteggia tale emergenza che costerà un prezzo salato e crescente ai poveri dell’Europa? Non si sa.

Coloro che sono stati gettati fuori dall’economia dal rigore di Monti oggi vengono chiamati a pagare le tasse (quelle che non si calcolano sui redditi ma sui consumi e sulle proprietà) come se fossero stati beneficiati dalla “ripresa” (che se c’è lo è a vantaggio di coloro che i soldi già li hanno); come li reintroduciamo nel mondo del lavoro? Nessuno neanche se lo chiede.

Tutti, indistintamente, continuano a vagheggiare una ripresa da promuovere con maggiore spesa pubblica sapendo che certamente non esistono mezzi se non per piccolissimi interventi che peraltro saranno bilanciati e neutralizzati da interventi recessivi resi necessari dallo stato pietoso in cui sono state ridotte le finanze pubbliche. Nessuno ha una idea di come riavviare lo sviluppo senza soldi e quindi verosimilmente semplicemente non vi sarà…

La tecnologia permette ulteriore arricchimento alle persone ed imprese che possono robotizzare i processi produttivi; impoverendo ed escludendo intere generazioni. Che si fa? Si blocca il progresso tecnologico?.

Nel resto del globo non va meglio; gli Usa intendono portare in casa un po’ di ricchezza che da tempo spargono in giro per il mondo; ed intendono farlo con un po’ di protezionismo; che succederebbe però se oltre ai dazi sull’acciaio dovessero pensare e applicare dazi sul vino o sul food? Magari per ulteriore ritorsione al dazio sulle motorette americane che vengono importate in Europa?

La Gran Bretagna sta pensando ad un mondo nel quale la propria economia possa essere meno dipendente dall’Europa e dall’euro; certamente questa cosa le riuscirà non foss’altro che per il fatto di essere più libera di farlo; ma quali conseguenze avremo noi italiani come singoli e come economia? Nessuno può dirlo.

I Trattati europei vanno riscritti nell’interesse di tutti, grandi e piccoli, potenti e deboli; non v’è nessuno in Europa che non dica e non avverta la necessità di mettere mani ai Trattati rei di aver disarcionato interi apparati politici di tutta Europa e colpevoli di un presente ed un futuro che a chiamarlo precario si è molto soft. Come e chi lo fa?

Milioni di persone spinte nella povertà più buia che vivono in ogni parte del mondo e sulle sponde del Mediterraneo, possono e vogliono utilizzare le possibilità offerte dalla mondializzazione per venire a gustare le delizie dei paesi più ricchi. Come si fa a dare una sistemazione definitiva a questa enorme questione? A tutt’ora non esistono risposte sistemiche.

La unicità del mercato mondiale che comincia da essere osteggiata dalla amministrazione americana presenta dei malfunzionamenti grandi quanto una montagna che producono povertà crescente minando il concetto stesso di pacifica convivenza planetaria. Che si fa?

Si tratta di problematiche già esistenti prima delle elezioni ma oggi non si può più dire che se ne occuperà chi vincerà la competizione elettorale; da quest’ultima è emerso che il Sud ha protestato più forte del resto d’Italia e non per chiedere un “reddito di cittadinanza” come sostengono i commentatori nordici che credono che siamo un popolo di piagnoni e questuanti (come lo sono effettivamente le classi dirigenti locali sempre con il cappello in mano) ma per dire che stiamo peggio degli altri e che non basta far venire qualche immigrato in meno e far pagare a tutti la stessa aliquota (che significa togliere la progressività a vantaggio dei più abbienti, usualmente nordici) per uscire dal blocco di ogni attività economica; i meridionali hanno detto, votando, che si deve restituire alla persona umana la propria dignità e cioè la propria inalienabile libertà di lavorare, investire, programmare il proprio futuro senza dover chiedere ad un impiegato un lasciapassare pagato a caro prezzo con tasse ingiuste. Quindi quello del 4 marzo è stato, in campo economico, un voto di libertà!! libertà dalle angustie e dai controlli insensati ed opprimenti che usualmente vengono pensati e realizzati dalle potenze occupanti e quindi nemiche e non dal proprio governo democraticamente eletto.

Canio Trione

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