Il futuro della Scozia dopo le dimissioni di Nicola Sturgeon

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La premier lascia per dedicare più tempo alla famiglia ma rimane “fermamente convinta che il mio successore condurrà” il Paese “all’indipendenza, una causa che sarà vinta”

Nicola Sturgeon

 

AGI – A sorpresa la premier scozzese Nicola Sturgeon ha rassegnato le dimissioni da capo del governo e leader del suo partito SNP (Scottish National Party): una scelta maturata nelle ultime settimane per “senso del dovere e amore”, che non è il frutto di “pressioni a medio termine”. Nel riferire dell’annuncio a sorpresa della premier scozzese, la stampa britannica l’ha accomunata alla premier neozelandese Jacinda Ardern, che lo scorso 19 gennaio aveva rassegnato le dimissioni dicendosi “stanca”.

Nel suo discorso di dimissioni pronunciato alla Bute House, Sturgeon, in carica da otto anni, ha fatto un bilancio del suo operato, tornando sui momenti di difficoltà e sui successi, soffermandosi inoltre su una serie di considerazioni sulla propria esistenza e sul suo futuro oltre che su quello della Scozia. Proprio in lei, iconica chief minister, gli scozzesi deponevano tutte le speranze di vedere la Scozia indipendente dal Regno Unito.

In effetti Sturgeon aveva dichiarato la sua intenzione d’indire un secondo referendum sull’indipendenza nell’ottobre di quest’anno, ma la Corte Suprema del Regno Unito aveva stabilito che il Parlamento scozzese non ha il potere di convocare la consultazione senza il consenso del governo centrale britannico.

In conferenza stampa la premier dimissionaria si è detta “fermamente convinta che il mio successore condurrà la Scozia all’indipendenza, una causa che sarà vinta”, valutando di aver “portato il Paese più vicino al suo obiettivo” e aggiungendo “credo che siamo nella fase finale“. Conquistare l’indipendenza è stata “la causa a cui ho dedicato una vita. È una causa in cui credo con ogni fibra del mio essere. Ed è una causa che sono convinta vincerà. Intendo essere li’ mentre si vince, in ogni fase del percorso” ha dichiarato la premier uscente.

Un traguardo che toccherà al suo successore, ovvero al nuovo leader del partito SNP che sarà designato dal comitato esecutivo, ma in merito a tale scelta ha precisato che non si pronuncerà. La premier uscente ha tuttavia assicurato di voler rimanere in Parlamento – Holyrood – fino alle prossime elezioni e non vede l’ora di servire il suo collegio elettorale. Sulle divisioni interne al suo partito e l’attuale situazione di confusione per un’indagine aperta dalla polizia sui finanziamenti, ha assicurato che “queste cose non sono il motivo per cui sono qui oggi. Questi non sono fattori, né la mia decisione di oggi influirà su queste cose“.

Anzi, in merito alle critiche interne e al calo di consensi per la recente approvazione di una legge controversa che in Scozia rende molto piu’ facile riconoscere i cambiamenti di genere sin dall’età di 16 anni – legge bloccata dal governo britannico – Sturgeon ha dichiarato che “anche durante i periodi difficili, dopo otto anni di governo, ho goduto di indici di approvazione per i quali la maggior parte dei leader darebbe il braccio destro”.

Secondo lei più a lungo un leader è in carica “più persone troveranno cose su cui non essere d’accordo con te”. La premier scozzese ha poi esplicitato le sue motivazioni personali, spiegando che è da qualche settimana che stava pensando a rassegnare le dimissioni con “un’intensità oscillante, ma un paio di settimane fa ha iniziato a cristallizzare un po’ di più“.

E sebbene “non sia riuscita a individuare il momento esatto”, ieri il funerale dell’89enne attivista per l’indipendenza Allan Angus ha avuto un “effetto chiarificatore” sul suo pensiero. Ora non vede l’ora di sperimentare “un modo diverso di vivere la vita” poiché, all’alba dei suoi 53 anni, “sono stato Nicola Sturgeon il politico per tutta la vita”.

Nel 2014 era succeduta ad Alex Salmond dopo la vittoria del “no” al referendum sull’indipendenza della Scozia. Pertanto, ha sottolineato, “forse voglio dedicare un po’ di tempo a Nicola Sturgeon l’essere umano. Vi sembra egoistico? Spero di no”. Con le lacrime agli occhi, ha poi ringraziato il marito – al quale è legato da 20 anni nonché dirigente del partito e la sua famiglia, definendola “la mia roccia in tutto” – oltre ai colleghi del SNP e il popolo scozzese. Inoltre ha accennato alla mancanza di privacy nel lavoro, dicendo che è “difficile andare a prendere un caffè o incontrare gli amici” e ha menzionato la “brutalità” della vita come politico.

Tutto questo anche per spiegare che a dettare la sua scelta non sono state “pressioni a breve termine” – in primis la legge sul cambio di genere, il calo di popolarità e l’inchiesta sui finanziamenti nel suo partito – quanto motivazioni interiori e profonde. “Sono un essere umano che ha a che fare con emozioni contrastanti. Ovviamente ho rimpianti per ogni genere di cose e ci sono cose di cui vado immensamente fiera: sono orgogliosa dei miei mandati come primo ministro, esserlo stato e’ un privilegio, il piu’ bel lavoro al mondo” ha detto Sturgeon.

Guidare la Scozia attraverso il Covid è stata “di gran lunga la cosa più dura che abbia mai fatto”, aggiungendo che “il peso della responsabilità era immenso”. Parlando poi dell'”impatto fisico e mentale” che l’incarico ha avuto su di lei e, riferendosi alla “natura e portata” delle sfide della Scozia, ha affermato che deve esserci “energia” per la leadership politica.

Guardando al prossimo periodo la chief minister ha ammesso che sarebbe potuta “andare avanti ancora per qualche mese, sei mesi, un anno forse, ma so che con il passare del tempo avrei sempre meno energie da dedicare al lavoro“. Proprio alla luce di questo “momento critico”, ovvero il “blocco” del secondo referendum che definisce un “oltraggio democratico”, Sturgeon ha detto che “dimettersi è un suo dovere e oltre a dirlo al Paese, ora”.

Alla domanda dei giornalisti se il fatto di non essere riuscita a portare la Scozia all’indipendenza sia da considerare “un fallimento della sua leadership”, Sturgeon ha risposto che “lascerà che altre persone giudichino” il suo operato, ma per lei “quel problema non è stato l’ultima goccia”. Un rammarico da lei espresso è quello di non essere stata in grado di portare un “approccio razionale” ai dibattiti, ad esempio in materia di difesa dei diritti delle donne e dei gruppi emarginati nella società.

In estrema sintesi, il suo più grande motivo di orgoglio riguarda il fatto che “la Scozia è più equa oggi di quanto non fosse nel 2015, ma c’è sempre molto altro da fare”. La prima sfida che attende il suo partito – che il mese prossimo terrà una conferenza speciale – sarà quella di prendere una decisione collettiva sul referendum per l’indipendenza, già’ bocciato da Londra. Come già detto in passato Sturgeon ha espresso una preferenza per “l’utilizzo delle prossime elezioni generali come referendum de facto”, ma ora “è una decisione che deve essere presa collettivamente dal SNP: lo lascio libero di scegliere la strada giusta”.

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