Ritratti
Una galleria giornalistica di ritratti femminili legati all’UnitĆ d’Italia. Donne protagoniste nell’economia, nelle scienze, nella cultura, nello spettacolo, nelle istituzioni e nell’attualitĆ . Ogni settimana due figure femminili rappresentative della storia politica e culturale italiana passata e presente.
e le donne della rivoluzione” border=”0″ class=”image-border” style=”margin: 0px; padding: 0px; border: none; outline: 0px; vertical-align: top; background: transparent; height: auto !important; max-width: 100%; position: relative; z-index: 0; opacity: 1; transition: all 0.2s; width: auto;”>
CāĆØ la statua nel cui piedistallo si conservano i resti di Corradino di Svezia, nipote di Federico II, che a 16 anni sfidĆ² lāesercito di Carlo dāAngiĆ² per riportare la corona sveva sul Sud Italia e sulla sua testa. Testa che invece rotolĆ² via sotto la diele, lāantica ghigliottina teutonica, il 29 ottobre 1268, nella vicina piazza Mercato.
CāĆØ una lapide con cui i carmelitani, nel 1961, vollero ricordare che qui era finito nel sangue il sogno di un pescivendolo 27enne messosi a capo per 15 giorni di un popolo affamato: quel Masaniello che il 16 luglio 1647, allucinato da un veleno fattogli bere a tradimento, denuncia dal pulpito i congiurati filo-spagnoli, quindi si spoglia nudo, quale segno della sua onestĆ , e attende la morte che arriva di lƬ a poco a colpi di archibugio, la testa decapitata. Ma, nella Basilica del Carmine, nessuna lapide ricorda che qui cāĆØ una delle fosse comuni dei giustiziati della Repubblica napoletana che, in piazza Mercato, nel punto oggi ricordato da un crocifisso su un lato della chiesa di S. Eligio, finirono afforcati e decapitati sotto la mannaia tinta di rossoĀ Ā che, dal 3 agosto 1799 salƬ e scese sui condannati a morte, fermando la sua lama solo dopo oltre un anno, l’11 settembre 1800, sul corpo infelice di Luisa Sanfelice. A dimostrazione di quanto la mannaia borbonica non avesse nulla a che fare con la secca esattezza della ghigliottina francese (aveva la lama dritta mentre quella rivoluzionaria obliqua, per superare lāostacolo delle vertebre) viene dilaniata dalla lama sulla spalla e il boia deve finire di tagliarle la testa con il coltello.
CiĆ² che rimane dei corpi di una trentina di loro – che per 144 giorni avevano cercato di tenere in vita una repubblica tradita dallo stesso popolo come dai francesi (ma che gettĆ² āil primo germe dellāunitĆ ā come scriverĆ Benedetto Croce) – ĆØ stato trovato, ridotto come cartone inzuppato di acqua, dagli speleologi di “Napoli Underground”Ā Ā che nel febbraio 2009 hanno fatto quello che per 30 anni non era riuscito allo storico ottocentesco Mariano d’Ayala nelle sue āreligiose reiterate ricercheā dei corpi dei martiri: si sono calati nei sacelli allagati del pronao della basilica, sulle tracce della ricerca della paleopatologa Marielva Torino e di Antonella Orefice, autrice del libro āLa Penna e La Spadaā. Su circa 8mila prigionieri in 124 – tranne pochi popolani tutti della classe āaltaā: nobili, ricchi borghesi, militari, intellettuali – erano finiti per ordine dei famigerati giudici Guidobaldi e Speciale davanti ad un āParadisoā che nulla aveva di celestiale.
CosƬ faceva di cognome il boia, tale Tommaso, originario di Montefusco, dal ventre dilatato da una ernia, che, sotto il sole di mezzodƬ come alla luce delle torce notturne, per mesi diede al popolino analfabeta la sua vendettaĀ Ā contro chi aveva consegnato un intero regno da spogliare al generale francese Championnet, che era riuscito a vincere le ultime resistenze nella cittĆ stravolta da una settimana di guerra civile scatenata da 50mila lazzari insorti contro il sacrilego invasore (che in una settimana, finchĆ© il tricolore giallo, rosso e blu da SantāElmo, il 21 gennaio, sancƬ la nascita della repubblica, causĆ² mille morti tra i francesi e 8mila tra i napoletani) usando lo stratagemma di San Gennaro:Ā Ā quale suo primo atto ufficiale, il 24 gennaio, si recĆ² in Duomo dove offrƬ a San Gennaro una mitria d’oro tempestata di gemme e fu esaudito nella sua āpreghieraā: alla sua presenza avvenne la liquefazione del sangue. Lāopportunista generale aveva infatti saputo che solo la processione delle reliquie di San Gennaro, decisa da un arcivescovo terrorizzato dai tumulti, era riuscita a frenare la furia popolare del 19 gennaio, che era culminata con lāassalto al palazzo dei Filomarino, con i fratelli duca Ascanio della Torre e lāabate Clemente denunciati dal loro barbiere e bruciati vivi in botti di pece ed un corriere di gabinetto, Antonio Ferreri, scambiato per spia francese e trascinato senza vita sotto la reggia reale. E fu cosƬ che, davanti ad uno dei comandanti della Rivoluzione francese,Ā Ā San Gennaro divenne giacobino. E che nello stesso giorno Ruffo ricevette da Re Ferdinando, fuggito a fine dicembre a Palermo con i 72 milioni delle casse regie e tutta la corteĀ Ā – il compito di liberare il regno.
E il cardinale si pose sotto la protezione di SantāAntonio e iniziĆ² la sua campagna che portĆ² alla riconquista di Napoli il 13 giugno, giorno di SantāAntonio, ma con lāaiuto dei miscredenti turchi, insieme agli alleati russi. CosƬ il boia Paradiso diede alla povera gente la sua vendetta perĀ Ā quei 5 mesi che portarono solo tasse, sequestri, condanne a morte, vessazioni. PerchĆ© dopo una settima di euforia filo-francese – conĀ Ā lāinnalzamento degli alberi della libertĆ , il berretto frigio sulla statua delGiganteĀ aĀ largo di Palazzo, i balli e le orazioni patriottiche ā il vero volto della repubblica, dal 29 gennaio, fu quelloĀ piuttosto laido del commissario politico francese Faypult che requisƬ ogni bene borbonico, dai monasteri alle porcellane di Capodimonte, portando quindiĀ Ā ad āepurareā sia il troppo compiacente ChampionnetĀ Ā che il capo del governo provvisorio, Carlo Lauberg , anima della cospirazione delle logge giacobine napoletane. Che cosƬ si salva la vita per la seconda volta:Ā Ā Ā decidendo di seguire Championnet in Francia, dove resterĆ a fare lo scienziato, due mesi prima del crollo della repubblica, Lauberg evita la condanna a morte che aveva giĆ scampato nel 1794 nellāondata repressiva con cui la regina Maria Carolina dāAsburgo decide di vendicarsi della morte per ghigliottina della sorella Maria Antonietta, bruciando i libri di Filangeri, vietando le riunioni intellettuali, arrestando i sospetti giacobini e mandando al patibolo Vincenzo Vitaliani, 22 anni, Emanuele De Deo, 20 anni, Vincenzo Galiani, 19 anni, e decine di altri nelle fosse penali.
Quindi permettendo che il “partito inglese” pilotasse la politica estera del marito in chiave anti-francese con lord Acton primo ministro, la giovane moglie dellāambasciatore inglese a Napoli, la splendida Emma Hamilton, sua chiacchierata favorita (era lāunica che in sua presenza non si inchinava e poteva voltarle le spalle) e poi la flotta di Horatio Nelson, amante della stessa Emma, nel porto di Napoli. I napoletani in quella estate del 1799 non piansero quindi quando il boia Paradiso accolse sul patibolo i rappresentanti di un governo che, a loro modo di vedere, era fatto solo di āpennaruliā che – non potendo fare nientāaltro sotto il giogo francese – facevano suonare lāinno della repubblica musicato da Domenico Cimarosa (che solo grazie ai suoi fan nelle corti europee verrĆ salvato dal patibolo ma due anni dopo morirĆ esule a Venezia, con il sospetto di un avvelenamento ad opera di sicari borbonici) ed avevano legiferato sul calendario che aboliva i santi, sulla libertĆ di stampa, sulla coccarda tricolore obbligatoria e sui brevetti agli inventori. Arrivando alla loro legge piĆ¹ importante, lāabolizione della feudalitĆ , il 25 aprile, quando ormai le truppe francesi si preparavano ad accorrere in Lombardia a fronteggiare il pericolo austriaco, condannando cosƬ lāeffimera repubblica alla caduta, sotto le orde di Ruffo. E infatti un canto popolare che girava per i vicoli napoletani diceva: āLibertĆ ed uguaglianza, li denari vanno in Franza, e ntrƬ e ntrƬ nce fa la panza. Eā venuto lu francese cu nu mazzo āe carte āmmano. LibertĆØ, EgalitĆØ FraternitĆØ, tu arruobbe a mme, je arrubbo a tteā. Rinchiusi il 13 giugno a resistere nei castelli, i capi della repubblica si arrendono dietro promessa di Ruffo che avrebbero preso la via dellāesilio. Davanti a loro una cittĆ sconvolta dalla ferocia disumana dei lazzari con saccheggi, stupri, linciaggi, teste decapitate (per ognuna si pagavano 10 ducati) appese agli alberi della libertĆ . I guerrieri della Santa Fede si appostano vicino alle fogne per sorprendere i tanti che vi hanno cercato scampo.
Chi ĆØ sospettato giacobino viene spogliato per cercare i tatuaggi, comprese le donne e āla bellezza e grandezza della personaā era āstimolo maggiore alla crudeltĆ ā. Una donna vista ad una festa da ballo data da un generale francese viene trascinata con uncini da macellaio. Lāultima resistenza, nel piccolo forte di Vigliena, a Portici, vede cadere tra i 150 che combattono anche tre donne, con lāuniforme civica, al comando del prete cosentino Antonio Toscano. Che, quando vede che tutto ĆØ perduto, incendia il magazzino delle polveri invocando āDio e libertĆ ā e uccide oltre un centinaio di nemici. Ma proprio mentre in molti sono giĆ saliti sulle navi in partenza dal porto di Napoli arriva lāammiraglia di Nelson. Che prima fa credere di accettare i salvacondotti, poi li annulla e impone la linea del terrore. Eā lāestrema vendetta della regina Maria Carolina alla quale, si racconta, lāeroe di Abukir si sarebbe abbassato perchĆ© convinto dalla bella lady Hamilton. Quindi 8mila arresti in pochi giorni – tra cui Maria Francesca Alcubierre, incinta, che partorisce in cella una bambina che viene uccisa alla nascita – aprono la grande stagione del magistrato siciliano Speciale. Ufficiali, frati, artisti ammassati a centinaia nelle carceri attendono di essere interrogati da quello che Cuoco chiama āmangiatore di carne umanaā. Si racconta che alla moglie del grecista Pasquale Baffi, ex bibliotecario del re che venne giustiziato lā11 novembre, rifiutando lāoppio, abbia detto: āSei bella, sei giovane, vai cercando un altro maritoā.
Quando lesse la condanna a morte in faccia a Luigi Velasco, con il suo solito ghigno beffardo, il repubblicano, che era di mole possente, lo trascinĆ² verso la finestra per buttarlo di sotto. Fermato da uno scrivano, lāuomo si suicida buttandosi nel vuoto. E cāĆØ chi, anche in cella, non rinuncia a spegnere la sua forza illuminista. Il 38enne Andrea Vitaliani, impiccatoĀ Ā il 20 luglio, fratello del Vincenzo giĆ giustiziato nel 1794, suonĆ² in continuazione la sua chitarra, anche mentre ascoltava la sua sentenza. Ai Granili, dove in 300 sono rinchiusi in un fetido camerone, Filippo Guidi riesce a tenere per 2 ore al giorno le sue lezioni di matematica. Che spirito animasse il rifiuto della capitolazione lo si vede quando il 29 giugno il corpo del 47enne ex ammiraglio della flotta borbonica Francesco Caracciolo penzola da un pennone dopo essere stato processato sulla nave ammiraglia di Nelson, la Foudroyant. La prima sentenza di morte eseguita a Napoli (cāerano infatti giĆ state nei giorni precedenti quelle di Ischia e Procida, dove il nobile Pasquale Battistessa era sopravvissuto dopo essere rimasto appeso alla forca per 24 ore ed era stato quindi scannato per finirlo) ĆØ quella dellāuomo che lāeroe della battaglia di Abukir odiava di piĆ¹ (dopo Napoleone). Si dice che lāacrimonia tra i due nacque quando Nelson scortĆ² i reali in fuga alla volta di Palermo, sulla sua ammiraglia.
Nella bufera che imperversa in quei due terribili giorni di mare, tra il 23 e il 25 dicembre eĀ Ā in cui muore anche il 17.mo e penultimo figlio del re, Alberto, di 7 anni. Solo la nave di Caracciolo, il āSannitaā, frange i tempestosi flutti con sicurezza e non rimane danneggiata. Approdati a Palermo Caracciolo viene lodato dal re e Nelson, la āleggenda viventeā, mastica amaro. E anche Acton prende in astio il generale di Mergellina che quindiĀ Ā se ne torna a Napoli, dove sceglie di veleggiare in difesa della repubblica con i pochi vascelli scampati allāincendio della flotta borbonica. Quando il suo cadavere viene sciolto dal cappio, il 30 gennaio, a 24 ore dallāesecuzione, e buttato in mare, va a galleggiare proprio sotto gli occhi di un inorridito re, appena entrato in porto. Lady Hamilton, per i suoi āservigiā, il 21 dicembre 1799, riceverĆ lāonorificenza di Dama di Devozione dell’Ordine di Malta, traguardo impensabile per la figlia di un fabbro e per una ex maitresse di lusso (e infatti Londra se ne ricordĆ² quando, nel 1805, morto Nelson a Trafalgar, lasciĆ² che venisse incarcerata per i debiti contratti per mantenere il mausoleo dellāammiraglio e che morisse alcolizzata e in miseria). Per i suoi āservigiā, le 124 condanne a morte, il boia Paradiso riceverĆ invece 860 ducati.
E tra tali āservigiā vi era anche quello di aver negato, il 20 agosto, ad Eleonora Fonseca Pimentel la premura di fornirle degli indumenti intimi o almeno unaĀ Ā corda per legare l’orlo della sua veste che si sarebbe alzato quando il suo corpo sarebbe rimasto esposto legato alla forca, al pubblico ludibrio. Inutilmente la 47enne marchesa aveva chiesto di morire di scure anzichĆ© di laccio, āpremuraā che si applicava alla nobiltĆ : ma lei, figlia di nobili portoghesi, era considerata straniera. Lāavevano catturata mentre tentava di fuggire vestita da ufficiale. Nella notte fra il 20 e il 21 giugno aveva guidato il gruppo di donne – tra cui la 23enne amica Margherita FasuloĀ Ā che morirĆ , insieme alla vecchia madre, esule e in miseria a Parigi – che, fingendo di essere popolane inseguite dai giacobini, erano riuscite a farsi aprire dalla guardie il portone di Castel Sant’Elmo, facendo cadere la fortezza nelle mani dei rivoluzionari.Ā Ā Viene processata insieme al 27enne Gennaro Serra duca di Cassano, vicecomandante della guardia. Sebbene sia di 22 anni piĆ¹ giovane di lei, Eleonora gli ĆØ molto legata, ricambiata. Una consolazione per lei, sposata ad un ufficiale fedifrago e violento, che per le percosse le ha causato la perdita in grembo del secondo figlio, il primo morto in tenera etĆ . Il suo pupillo viene decapitato – insieme al 30enne Giuliano Colonna, principe di Aliano – prima che lei venga condotta davanti al cappio.
Lo āspettacoloā di Eleonora il boia lo tiene per ultimo. GiĆ penzolano sulla forca il 48enne vescovo diĀ Ā Vico Equense Michele Natale e i banchieri Piatti, padre e figlio, il 53enne Domenico e il 28enne Antonio e il 44enneĀ Vincenzo Lupo, presidente del tribunale militare. Prima di salire sul patibolo chiede di bere un caffĆØ, poi, mentre il boia le mette il cappio al collo pronuncia la frase che Virgilio mette in bocca ad Enea: āForsan et haec olim meminisse iuvabitā, āForse un giorno la memoria di questi avvenimenti ci sarĆ graditaā. Una frase che il popolo non capisce. E quello stesso popolo, che per mesi aveva cercato di convertire alla causa giacobina, dalle colonne del suo Monitore, lāorgano di stampa della repubblica sul quale la poetessa – ammirata giĆ 16enne da Metastasio e che la regina Maria Carolina aveva nominato, a 24 anni, sua bibliotecaria per poi licenziarla e farla arrestare quando si era convertita alla causa giacobina – si era scoperta prima giornalista politica italiana, per ore sghignazza sotto il suo cadavere afforcato e inventa una crudele satira: āaddĆ² ĆØ gghiuta ‘onna Lionora che cantava ‘ncopp’o triato mo abballa mmiezāo Mercato. Viva ‘o papa santo ch’ha mannato ‘e cannuncine pe’ cacciĆ li giacubine. Viva ‘a forca ‘e Mastu Donato! Sant’Antonio sia priatoā. āGraziaā il cadavere di Eleonora un improvviso temporale estivo che obbliga i becchini a āspiccareā anzitempo i cadaveri esposti sulle forche e seppellirli nella vicina chiesa di Santa Maria di Costantinopoli.Ā Ā Secondo i biografi i suoi resti, come quelli di altri giustiziati, sarebbero andati dispersi quando la chiesa venne abbattuta, nel 1836. E invece secondo la storica Antonella Orefice sarebbero stati traslati in segretezza nella cappella della famiglia Fonseca che quello stesso anno si andava costruendo nel cimitero di Poggioreale.Ā Ā E una traccia, svelata dalla storica, porterebbe alla sua tomba. La statua della Religione e gli angeli che la circondano si voltano proprio in direzione del sacello in cui riposa la moglie di un discendente dei Fonseca, che di nome fa Eleonora ma della quale non si trova traccia nei registri.Ā Ā Lāautore della statua ĆØ Tito Angelini che realizzerĆ i bassorilievi, tra cui uno dedicato ad Eleonora, per il sacrario dei martiri, davanti Castel SantāElmo. Sacrario senza corpi.
Per questo i resti mortali scoperti nella basilica del Carmine dovrebbero venire trasferitiĀ Ā nel Mausoleo Schilizzi di Posillipo, che dovrebbe diventare lāAltare della Patria del Sud. Un progetto sostenuto dallāIstituto Italiano per gli studi Filosofici del quale la storica Orefice fa parte. E lāIstituto ha sede proprio in quello che fu il palazzo di Gennaro Serra di Cassano. Alla sua morte il padre, per lutto, chiuse lāingresso principale che ĆØ stato riaperto solo nel 1999, 200 anni dopo.Ā Ā Mentre il corpo di Eleonora penzolava il cadavere decollato del giovane duca e del principe di Aliano venne murato –Ā Ā insieme a quello del 70enne don Nicola Pacifico, ācanuto e grasso che appena si poteva muovereā come registrano i monaci della Compagnia dei Bianchi della Giustizia, che assistevano i condannati a morte -, nella Sala del Capitolo della chiesa del Carmine, in un luogo considerato impraticabile. Il boia Paradiso rendeĀ Ā poi, 9 giorni dopo lāesecuzione di Eleonora, un altro āservigioā: permette alla folla inferocita, il 29 agosto, di tirare giĆ¹ dal cappio il corpo del 41enne Nicola Fiani, comandante della guardia nazionale e di lasciare che venga squartato e abbrustolito nella stessa piazza. Cannibale banchetto che fa unāaltra vittima (secondo le cronache di Atto Vannucci, lo storico che nel 1887 pubblicĆ² in 22 articoli sul giornale āL’inflessibileā una storia sui āmartiri della libertĆ italiana dal 1794 al 1848ā): un uomo ucciso per essersi opposto a cibarsi del fegato del giustiziato.
Anche il fratello di Fiani, Giambattista, pure di fede giacobina, il 17 febbraio, era rimasto vittima di una plebaglia feroce. Davanti alla madre, nellaĀ Ā nativa foggiana Torremaggiore, veniva massacrato dai contadini che si andavano facendo āsanfedistiā, mettendosi al servizio della guerra santa contro i padroni giacobini scatenata dal cardinale Fabrizio Ruffo che, sbarcato il 7 febbraio in Calabria agli ordini di 17mila uomini, ben presto andĆ² ingrossandoĀ Ā le sue āarmate della fedeā a quota 40mila, vincendo le resistenze che i repubblicani opponevano tra Puglia, Basilicata e Abruzzo e stringendo in una morsa micidiale Napoli, abbandonata, da maggio, dallāesercito francese. Una avanzata che registra episodi di eroica resistenza: lāassedio di Altamura, davanti alle cui mura Ruffo teneva messa prima della battaglia e durante il quale gli assediati finirono per usare monete di rame come tiri a mitraglia e che, una volta caduta, patƬ un terribile saccheggio di tre giorni, con lo sterminio di donne, vecchi e bambini. E ancora la battaglia di Picerno, quindi detta la āLeonessa della Lucaniaā, durante la quale, le donne combattevano vestite da uomo e, per fare i proiettili, vennero fuse le canne dāorgano delle chiese, i piombi delle finestre, infine gli utensili e gli strumenti di farmacia.
Se Ruffo si serviva di ferventi contadini che cantavano āa lu suone de li violini sempe morte alli giacobiniā, ma anche di celebri briganti come Mammone e Fra Diavolo (che il re nominerĆ colonnello e finirĆ impiccato nel 1806 sempre in piazza Mercato, nella Napoli di Bonaparte), il 32enne colonnello Ettore Carafa, figlio del duca di Andria, arruolava nella sua legione ex soldati borbonici ma anche inesperti adolescenti, come gli ex seminaristi che lui chiamava āprevetarielliā. Appoggiato dallāesercito francese Carafa vince nellāassedio di Andria, che lo vede correre con la scala sulle spalle per dare lāassalto alle mura, sotto il fuoco nemico. Poi, accorso a Pescara, senza piĆ¹ lāappoggio dei francesi, rimane isolato e travolto dallāassedio dei 4mila realisti comandati dallāex galeotto Giuseppe Pronio. Ma resiste fino allāultimo, quando giĆ la repubblica ĆØ caduta a Napoli. Si narra che in uno dei balli che dava nel suo palazzo per tenere alto il morale dei suoi ufficiali una palla di cannone attraversĆ² la sala, sfiorando i ballerini e sfondando un muro. Per fermare il panico Carafa costringe i musicisti impalliditi a riprendere a suonare ed abbraccia una dama atterrita facendo riprendere le danze. Condotto in catene a Napoli le agita in faccia al giudice Sambuti che lo insulta: āTi fanno audace queste catene!ā. E la condanna a morte ĆØ spietata: āAfforcato, precedente lo strascino e le tenaglie, indi fatto a pezzi, bruciato e le ceneri sparse al ventoā. Per 15 giorni viene bloccato al muro da un collare di ferro. Ma, al tramonto del 4 settembre, con ancora indosso la lacera divisa da generale della repubblica, ha la forza di affrontare il patibolo a testa alta. Respinge il boia che vuole denudargli il petto e si spoglia da sĆ©. Quindi rifiuta la benda come anche di inginocchiarsi sotto la mannaia, contro la quale si volge supino, per guardar scendere la lama.
sue ultime parole: āDirai alla tua regina come seppe morire un Carafa!ā. Maria Carolina lo odiava. Lo chiamava ālāArrabbiatoā. Era uno dei pochi, spavaldo ufficiale di cavalleria e massone, che ardiva di girare per Napoli vestito alla francese, coi capelli corti, i calzoni lunghi dei sanculotti ed il panciotto rosso.Ā QuandoĀ Ā reĀ Ā Ferdinando seppe come era morto disse: āOā duchino a fatto oā guappo fino allāultemo!ā. E la ādamnatio memoriaeā con cui il re Nasone, con un editto,Ā Ā tenta di cancellare tutti i protagonisti della repubblica – persino il loro antesignano Masaniello le cui ossa vengono dissepolte dalla chiesa del Carmine e disperse – si abbatte anche su Ettore. Il fratello minore, Francesco, conte di Ruvo, viene graziato da Ruffo e chiama i suoi figli Ferdinando e Carolina. Persino il dipinto che ne tramanda il volto non ĆØ il suo. E il palazzo di famiglia, in largo San Marcellino, in cui Ettore riuniva tutte le menti della cospirazione anti-monarchica divenne una scuola intitolata alla regina Elena di Savoia. In quel palazzo si ritrovavano a tramare e a cantare la marsigliese, prima della presa di Castel SantāElmo, tutti coloro che dal 25 gennaio 1799, previo il vaglio di Championnet, festeggeranno il loro ingresso nel governo repubblicano (in cui il generale francese infilĆ² un solo popolano, peraltro analfabeta, Antonio Ajello detto Pagliuchella; suo segretario lāex lazzaro Michele āIl pazzoā, altrettanto analfabeta, che verrĆ impiccato il 4 agosto): Domenico Cirillo, Mario Pagano, Ignazio Ciaja, Giorgio Pignatelli, Giuseppe Albanese, Pasquale Baffi, Prosdocimo Rotondo. Finiranno tutti nella lugubre fossa del coccodrillo di Castel SantāElmo nella quale la 22enne figlia di un avvocato, Cristina Chiarizia (come la immortala un dipinto di Giuseppe Sciuti) riuscƬ a far entrare una lima e delle corde. Scoperta, riuscirĆ a salvarsi fuggendo travestita da uomo (la sorella, sorella di un colonnello, sarĆ invece arrestata) e, ironia della sorte, diverrĆ madre di un famigerato poliziotto borbonico, di Pietro Campobasso, e, in seconde nozze, di Epaminonda Valentini, il piĆ¹ famoso dei patrioti pugliesi del ā48, cognato della āpasionariaā Antonietta De Pace, che Garibaldi volle al suo fianco quando entrĆ² nella Napoli liberata. Lāevasione perĆ², come racconta Dumas, fu sventata grazie al tradimento di due dei detenuti: il matematico Annibale Giordano e Francesco Bassetti.
E, tranne questi ultimi, tutti andranno a morte. Il 24 settembre cammina verso la forca con il cappio al collo e a testa alta il 35enne generaleĀ Ā Gabriele ManthonĆ©,Ā Ā il āministro di guerra e degli esteriā. Alla moglie che insisteva perchĆ© si dedicasse a non pericolose missioni diplomatiche a Parigi aveva risposto: āIl pericolo ĆØ quiā. E fino allāultimo progettĆ² una controffensiva su Capua e Gaeta contro Ruffo. Sul patibolo seppe del tradimento di Bassetti, uno dei suoi luogotenenti e lo maledisse a pugno chiuso. Il 30 settembre finiscono impiccato il 26enne āministro delle Finanzeā Prosdocimo Rotondo e decapitati i fratelli principi di Strongoli, prima il 26enne Mario e poi il 30enne Ferdinando Pignatelli. Mario, il 25 agosto, aveva sposato per procura Francesca Renner, lāorfana nipote del castellano di santāElmo della quale si era innamorato nella presa di Sant’Elmo.Ā Ā Lā1 ottobre tocca al 54enne Ercole dāAgnese, presidente della commissione esecutiva ed al 21enne Filippo De Marinis che Settembrini ricorda nelle sue Rimembranze come il marchesino sempre allegro che ballava il minuetto nel carcere di Santo Stefano. Prima che il boia gli tagli la testa āFilippettoā lo bacia. Aveva combattuto nella Compagnia della Morte, formata da 300 giovani, che alzava una bandiera nera con un teschio e la frase āMorte al tiranno!ā. La madre tentĆ² inutilmente di salvarlo.
Ma il padre, il marchese di Genzano, non voleva sapere piĆ¹ nulla di lui. Nel giorno in cui i giudiciĀ Ā condannarono a morteĀ Ā il figlio lui li ebbe a cena nel suo palazzo.Ā Ā Il 22 ottobre vengono decapitati il 56enne colonnello reggino Francesco Grimaldi, comandante della guardia repubblicana. Per un mese ha atteso legato ai ferri lāesecuzione. La notte prima, mentre lo trasferiscono, riesce a divincolarsi dalla guardia armata e a tentare, inutilmente, la fuga. Finiscono sotto la mannaia anche due marchesi: il 53enne Onofrio de Colaci e il 21enne Giuseppe Riario Sforza. Sul patibolo guarda commosso lāanello nuziale che custodisce i capelli dellāamata moglie. Il 29 ottobre salgono i dieci fatidici scalini del patibolo il 60enne avvocato Mario Pagano, il āPlatone di Napoliā che aveva scritto quella costituzione che la breve Repubblica non vedrĆ mai, insieme allāabate Giuseppe Cestari, direttore dei reali archivi, morto il 13 giugno combattendo sul Sebeto e al 41enne avvocato reggino Giuseppe Logoteta (che verrĆ impiccato il 28 novembre insieme al 43enne magistrato Domenico Bisceglie e al 40enne giureconsulto Giuseppe Albanese). Lo seguono il 63enne botanico Domenico Cirillo, amico di Linneo, Franklin e DāAlembert . La madre e la sorella, il 13 giugno, erano miracolosamente scampate alla devastazione della sua casa e del suo celebre orto botanico. Nelson gli aveva promesso la vita se avesse chiesto la grazia. Al giudice Speciale rispose: āIn faccia a te, codardo, sono un eroeā. E ci sono anche il 48enne Giorgio Pigliacelli, ministro della polizia e della giustizia e il 37enne Ignazio Ciaja, che era stato āpremierā della repubblica. Ultima ad essere giustiziata inpiazza Mercato, in quella che fu definita una āvendetta a freddoā, decapitata quando questo tipo di esecuzione era stata giĆ abolita il 30 maggio, ĆØ la 37enne LuisaĀ Sanfelice.
Aveva consegnato ad un ufficiale della guardia nazionale, del quale era innamorata, Ferdinando Ferri, un salvacondotto che le era stato dato da un ricco banchiere, Gerardo Baccher, che a sua volta la amava ma non ne era ricambiato. Voleva cosƬ proteggerla dalla congiura lealista che andava organizzando insieme al fratello. Ferri mostrerĆ il biglietto al 29enne repubblicano Vincenzo Cuoco che denuncerĆ la congiura. E i Baccher saranno giustiziati il 13 giugno, ultimo giorno della Repubblica. Luisa venne scovata in una soffitta. Il suo nome non sarebbe neanche uscito se Eleonora sul suo Monitore Napoletano non avesse pubblicato un elogio dellāeroina (Cuoco e Ferri se la caveranno con lāesilio e Ferri diverrĆ in tarda etĆ anche ministro delle finanze borbonico!).Ā Ā A Luisa, finita in carcere, la madre le suggerisce di architettare una falsa gravidanza per salvarsi. Medici compiacenti ne attestano lo stato. Da cui il celebre dipinto di Gioacchino Toma, pittore garibaldino, che raffigura Luisa intenta a cucire un abitino per il presunto bimbo da lei atteso. Ma, infine, Luisa viene trasferita a Palermo dove ĆØ accertato che non ĆØ incinta. Pochi giorni prima dellāesecuzione la nuora del re Ferdinando, la 23enne Maria Clementina dāAsburgo, figlia dellāimperatore Leopoldo II, partorisce un bambino.
Quando il real suocero entra nella sua stanza per rimirare il nipote la giovane gli chiede che avrebbe rinunciato alle tradizionali tre grazie in cambio della grazia a Luisa. Pietro Colletta, uno dei 4mila esiliati, scrive: āLa voce fu rotta dal piglio austero del re, mirandola biecamente, depose, o quasi per furia gettĆ² lāinfante sulle coltri materne e, senza dir motto, uscƬ dalla stanza nĆ© per molti giorni vi ritornĆ²ā.Ā Il bambino, chiamato Ferdinando, morirĆ a neanche un anno. Maria Clementina lo seguirĆ di lƬ a poco per i postumi del parto e sarĆ sepolta con suoĀ Ā figlio nella basilica di Santa Chiara, dove riposa anche il suocero.Ā (Marina Greco)