Ddl Zan: la politica parolaia e quella dei fatti

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Il PD vuole coprire da solo, assieme ai declinanti e frantumati 5Stelle lo schieramento di centrosinistra o ritiene indispensabile una pluralità di soggetti? E allora perché questa battaglia per sventolare, in esclusiva, una bandiera?

L’accoglienza riservata in Senato al naufragio del DdL Zan non è solo indegna di un’aula parlamentare: ci consegna anche l’immagine di una destra italiana insensibile alle minoranze e ai diritti. Ma non minori sono le colpe del PD. Ridurre tutto a conseguenza dell’eterno scontro con Renzi è banalmente falso. Ed è un brutto segnale per la creazione di una alleanza vasta in grado di affrontare il centrodestra con possibilità di successo.

Il provvedimento aveva ottimi intenti, che sono quelli espressi nello stesso titolo del ddl: la prevenzione e il contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità. Ma il testo era discutibile e poteva essere migliorato soprattutto a causa di norme che rasentavano la introduzione di veri e propri reati di opinione e manifestavano un intento pedagogico. In una materia tanto delicata, c’era il pericolo di assegnare ancora una volta ai magistrati un compito che dovrebbe appartenere alla politica e al sentimento della società civile.

Non avere accettato di proseguire il confronto con le altre forze politiche al Senato, dopo l’approvazione alla Camera, è stato un errore. L’ennesimo capitolo nella storia di quella sinistra massimalista che privilegia lo sventolio delle bandiere privo di risultati alla paziente opera e alle indispensabili mediazioni che conducono a buoni risultati e alle riforme. Ma ancora maggiore è l’errore che il PD sta compiendo nella gestione di questa sconfitta parlamentare: un errore che ne condiziona l’immediato futuro. Perché le perplessità e i dubbi sul testo bocciato e la sollecitazione di una trattativa non appartenevano solo a Renzi ma anche ad altri possibili protagonisti di un futuro schieramento alternativo al centrodestra, a cominciare da Calenda, reduce dal considerevole successo numerico alla elezioni romane. E, dunque, il PD vuole coprire da solo, assieme ai declinanti e frantumati 5Stelle lo schieramento di centrosinistra o ritiene indispensabile una pluralità di soggetti? E allora perché questa battaglia per sventolare, in esclusiva, una bandiera?

Nicola Cariglia

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