Jack Nicholson, 80 anni oggi”

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Dopo una carriera costellata di ruoli indimenticabili (da “Easy Rider” a “Chinatown”, Da“Qualcuno volò sul nido del cuculo” a “Shining”), il leggendario attore ha confessato di sentirsi limitato dal tempo che passa: «Non mi è permesso interpretare i personaggi che vorrei».

Preferisce sesso o politica? «Preferisco non separare le due cose». Definisca Kubrick. «Dà un nuovo significato alla parola meticoloso». Le piacerebbe una commedia? «Ne parlo sempre con Michelangelo Antonioni. Mi diverte sentire che cos’è per lui una commedia. Sto per acquisire i diritti del vecchio negativo di “Professione: reporter”, Antonioni lo ha sempre voluto rimontare per l’Italia. Con i ricavi pensavamo di trarne una delle quattro commedie che abbiamo scritto per scherzo».

Impossibile separare il sorriso flamboyant del Joker da quello altrettanto imprevedibile e oscuro dell’attore Jack Nicholson, 80 anni il 22 aprile, oltre sessanta film. Scoprirà grazie al Time, a 37 anni, la verità sulla sua famiglia: l’attore è figlio di June Nicholson, la donna che ha sempre creduto essere sua sorella, mentre la madre è in realtà sua nonna e il padre biologico un alcolista, non uno showman di origini italiane. L’amico Bernardo Bertolucci lo ha sempre ispirato nelle scelte artistiche, con Nagisa Oshima condivide il gusto per l’osceno e le fantasie erotiche, a Jean-Luc Godard è grato perché lo ha avvicinato al cinema europeo e aiutato ad elaborare i traumi familiari.

Nicholson ha attraversato gli anni Sessanta lavorando con Roger Corman e Francis Ford Coppola in cui ha ottenuto dal regista Richard Rush totale libertà di dirigersi da solo, poi è stato chiamato da Mike Nichols (“Conoscenza carnale”, 1971), Hal Ashby (“L’ultima corvè”, 1973), Roman Polanski, Ken Russell (“Tommy”, 1975), Milos Forman, Arthur Penn(“Missouri”, 1976) ed Elia Kazan (“Gli ultimi fuochi”, 1976), e diretto i primi due film tra i presidenti Nixon e Carter: “Yellow 33”, 1971, e “Verso il sud” nel 1978.

A una giornalista del New York Times che nel 2002 è andato a trovarlo nella sua casa sulla Mulholland Drive, in una collina di L.A. da lui ribattezzata Bad Boy Hill, accanto alle ville di Marlon Brando e Warren Beatty, ha detto: «Già a 65 anni ho imparato che grandi ruoli per uomini della mia età scarseggiano. Se non sono, in maniera melodrammatica, un generale, un giudice, un assassino, devono comunque avere a che fare con morte, pensione e disincanto. Per la prima volta mi sento limitato dal tempo che passa: non mi è permesso interpretare qualunque personaggio io sogni. Ma più ne parlo, più la cosa diventa auto-appagante».

A tenergli compagnia sotto le lancette sono i quadri che colleziona – Picasso, Bonnard, Dufy, Magritte e Bacon – e dopo un’assenza dagli schermi durata sette anni, Nicholson sta per tornare nel remake della commedia tedesca Toni Erdmann, per la regia di Maren Ade che lo ha preferito a Bill Murray. Un’altra riflessione sull’invecchiare e l’imbarazzo di essere genitori. In comune con i film di Sean Penn, La promessa, e Alexander Payne, A proposito di Schmidt – la faccia bolsa di Nicholson in una stanza d’ufficio con solo un orologio e un impermeabile a un passo dalla pensione – ci sono quel senso di naïveté, avventura e follia che lo hanno portato a vincere tre premi Oscar: “Qualcosa è cambiato”(1997), “Voglia di tenerezza”(1983),“Qualcuno volò sul nido del cuculo”(1975).

La lista dei cult di Nicholson, oltre ad Easy Rider e all’avvocato del Sud George Hanson che si unisce a due bikers fuorilegge alla ricerca di libertà, conta Shining di Stanley Kubrick (1980), Il postino suona sempre due volte di Bob Rafelson (1981) e Le streghe di Eastwick di George Miller (1987), più qualche scult, vedi sotto la voce mannara di Wolf – La belva è fuori con Michelle Pfeiffer (1994). Schegge di follia come il Joker del Batman di Tim Burton, e il doppio ruolo di presidente degli Stati Uniti (“Perché non possiamo andare tutti d’accordo? Non è grande abbastanza l’universo?” domanda agli alieni prima che conficchino la loro bandiera nel suo petto) e Art Land, imprenditore edile debosciato, abiti pacchiani, sogno di costruire un nuovo casino sulla Strip di Las Vegas, in Mars Attacks!, fanno somigliare la carriera di Nicholson ad una lunghissima autostrada amazzonica. Jack-Tarzan ha le sue reputazioni a Hollywood, una su tutte quella di donnaiolo: nel dietro le quinte di Shining girato da Vivian Kubrick, Nicholson racconta che, in un anno, un divo come lui incontra mediamente dieci volte tanto il numero di persone con cui una persona standard ha a che fare nell’arco di una vita intera.

Le sue conquiste iniziano da Sandra Knight con la quale è stato sposato dal 1962 al 1968 (la coppia ha una figlia, Jennifer, 53 anni). Miss Knight dirà al magazine americano Closer: “Sapevo che Jack sarebbe diventato una star e aveva molte tentazioni. Non potevo andare avanti con la giostra. Ma lui è diverso dall’immagine che tutti avete di Jack Nicholson. Il vero Jack è amorevole e generoso”. Seguiranno Candice Bergen, la cantante del gruppo Mamas and Papas, Michelle Philips, la signora in rosso Kelly Le Brock, l’attrice francese Julie Delpy, le modelle Verushka von Lehndorff, Winnie Hollman e Pat Cleveland, e una Bond Girl, Jill St John. L’amore più passionale? Quello con Anjelica Huston, incontrata a un party nel ’73. Tempesta finita nel 1989 dopo parecchi tradimenti. “Oggi ho quattro figli, sono single e solo. Morirò per conto mio probabilmente” ha dichiarato al Telegraph Jack-the-Jumper. «Vorrei un’ultima love story anche se purtroppo devo essere realistico. Non posso negare la mia brama però. Sono ancora selvaggio in fondo al cuore, ma ormai ho cozzato contro la biogravità».

Lino Aulenti

 

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