Norma Cossetto é un’eroina nazionale

Attualità & Cronaca

Di

Norma Cossetto é un’eroina nazionale, una vittima che va onorata come vanno onorate tutte le vittime della violenza, di tutte le forme di violenza. E’ una giovane donna vittima della violenza sulle donne che anche oggi giustamente è oggetto di particolare attenzione e ne registra altri casi

Norma Cossetto: “una storia di follia partigiana” .

Norma Cossetto era una ragazza di 24 anni di S. Domenico di Visinada, laureanda in lettere e filosofia presso l’università di Padova. In quel periodo girava in bicicletta per i comuni dell’Istria per preparare il materiale per la sua tesi di laurea, che aveva per titolo “L’Istria Rossa” (Terra rossa per la bauxite). Il 25 settembre 1943 un gruppo di partigiani irruppe in casa Cossetto razziando ogni cosa (espropriazione proletaria). Entrarono perfino nelle camere, sparando sopra i letti per spaventare le persone. Il giorno successivo prelevarono Norma. Venne condotta prima nella ex caserma dei Carabinieri di Visignano dove i capibanda si divertirono a tormentarla, promettendole libertà e mansioni direttive, se avesse accettato di collaborare e di aggregarsi alle loro imprese. Al netto rifiuto, la rinchiusero nella ex caserma della Guardia di Finanza a Parenzo assieme ad altri parenti, conoscenti ed amici tra i quali Eugenio Cossetto, Antonio Posar, Antonio Ferrarin, Ada Riosa vedova Mechis in Sciortino, Maria Valenti, Urnberto Zotter ed altri, tutti di San Domenico, Castellier, Ghedda, Villanova e Parenzo. Dopo una sosta di un paio di giorni, vennero tutti trasferiti durante la notte e trasportati con un camion nella scuola di Antignana, dove Norma iniziò il suo vero martirio. Fissata ad un tavolo con alcune corde, venne violentata da diciassette aguzzini, ubriachi e esaltati, quindi gettata nuda nella foiba poco distante, sulla catasta degli altri cadaveri degli istriani. Una signora di Antignana che abitava di fronte, sentendo dal primo pomeriggio gemiti e lamenti, verso sera, appena buio, osò avvicinarsi alle imposte socchiuse. Vide la ragazza legata al tavolo e la udí, distintamente, invocare la mamma e chiedere da bere per pietà…

Il 13 ottobre 1943 a S. Domenico ritornarono i tedeschi i quali, su richiesta di Licia, sorella di Norma, catturarono alcuni partigiani che raccontarono la sua tragica fine e quella di suo padre. Il 10 dicembre 1943 i Vigili del fuoco di Pola, al comando del maresciallo Harzarich, ricuperarono la sua salma: era caduta supina, nuda, con le braccia legate con il filo di ferro, su un cumulo di altri cadaveri aggrovigliati; aveva ambedue i seni pugnalati ed altre parti del corpo sfregiate. Emanuele Cossetto, che identificò la nipote Norma, riconobbe sul suo corpo varie ferite d’arma da taglio; altrettanto riscontrò sui cadaveri degli altri”. Norma aveva le mani legate in avanti, mentre le altre vittime erano state legate dietro. Da prigionieri partigiani, presi in seguito da militari italiani istriani, si seppe che Norma, durante la prigionia venne violentata da molti. Un’altra deposizione aggiunge i seguenti particolari: “Cossetto Norma, rinchiusa da partigiani nella ex caserma dei Carabinieri di Antignana, fu fissata ad un tavolo con legature alle mani e ai piedi e violentata per tutta la notte da diciassette aguzzini. Venne poi gettata nella foiba”.

La salma di Norma fu composta nella piccola cappella mortuaria del cimitero di Castellerier. Dei suoi diciassette torturatori, sei furono arrestati e obbligati a passare l’ultima notte della loro vita nella cappella mortuaria del locale cimitero per vegliare la salma, composta al centro, alla luce tremolante di due ceri, nel fetore acre della decomposizione di quel corpo che essi avevano seviziato sessantasette giorni prima, nell’attesa angosciosa della morte certa. Soli, con la loro vittima, con il peso enorme dei loro rimorsi, tre impazzirono e all’alba caddero con gli altri, fucilati a colpi di mitra …”

Il presidente Ciampi ha concesso l’onorificenza alla ragazza istriana barbaramente trucidata dai titini (22/12/2005).Un atto di giustizia e di onore per la memoria storica italiana Nella motivazio­ne all’onorificenza si legge: «Giovane stu­dentessa istriana, catturata e imprigionata dai piartigiani slavi, veniva lungamente seviziata e violentata dai suoi carcerieri e poi barbaramente gettata in un foiba. Luminosa testimonianza di coraggio e di amor patrio». Le circostanze della morte della Cossetto ne hanno fatto da subito un figura-simbo­lo del martirio italiano delle terre adriatiche. Una richiesta per il conferimento della medaglia d’oro venne presentata alla Presidenza della Repubblica già al tempo in cui al Quirinale sedeva Oscar Luigi Scalfaro. L’iniziativa fu ripresa dall’On. Servello che ricevette una lettera dalla sorella di Norma che esprimeva il desiderio che prima di morire,potesse assistere ad una manifestazione dove il sacrificio della sorella venisse rico­nosciuto e ricordato Nella missiva, la signora Licia ricordava di aver subito altri lutti per mano degli slavi: «Oltre a mia sorella Norma anche il mio papa è stato ammazzato e infoibato con altri familiari in quegli stessi giorni. Siamo la famiglia più colpita». Nel rivolgersi alla Presidenza della Repubblica, il parlamentare di An sottolineava il fatto che «il tanto atteso conferimento dell’onorificenza da parte dello Stato sarebbe apprezzato non soltanto dalla famiglia Cossetto ma anche dalle genti istriane».

Una battaglia così lunga e tenace trovò il giusto coronamento. E con soddisfazione, Servello apprese la notizia del conferimento che rese e rende onore alle sofferenze al dolore di tutti quegli italiani che piangono i loro cari barbaramente uccisi dai partigiani di Tito nel 1943 e nel 1945.,Questa medaglia d’oro arrivò dopo la restituzione alla memoria nazionale della tragedia delle foibe e del dramma dell’esodo attraverso l’i­stituzione della Giornata del Ricordo». Ancor oggi; ricordando la storia della Cossetto, è impossibile reprimere un moto di rabbia e di orrore. Norma viveva a San Domenico di Visinada e si stava laureando in lettere e filosofia all’università di Padova. Il prologo della tragedia avvenne il 25 settembre 1943, diciassette giorni dopo la capitolazione dell’Italia e il disfacimento dell’esercito. Quei giorni di vergogna pro­dussero un terremoto che si avvertì in modo drammatico anche in Istria. Quel giorno, un gruppo di partigiani slavi, approfittando dello sbandamento genera­le, irruppe in casa sua razziando ogni cosa, in una sorta di “esproprio proletario” ante-litteram. Ma le belve non non sono mai paghe dei loro istinti criminali. All’indomani prelevarono la povera ragazza. Venne condotta prima nella ex caserma dei Carabinieri di Visignano dove i capi-banda comunisti si divertirono a tormen­tarla, promettendole libertà e mansioni direttive, se avesse accettato di collaborare e di aggregarsi alle loro imprese. Norma non era certo tipo da tradire la sua gente. Al suo deciso e orgoglioso rifiu­to, la rinchiusero nella ex caserma della Guardia di Finanza, a Parenzo, insieme con altri sventurati. Dopo un paio di giorni vennero tutti trasferiti nella scuola di Antignana. Fu lì che cominciò il vero martirio di Norma. La legarono a un tavolo con alcune corde e la violentarono. Una signora di Antignana che abitava di fronte, sentendo dal primo pomeriggio gemiti e lamenti, verso sera, appena buio, provò avvicinarsi alle imposte socchiuse. Vide la ragazza legata al tavolo e la udì, distintamente, invocare la mamma e chiedere da bere per pietà. Norma venne gettata nella foiba il giorno successivo.

Il 13 ottobre a San Domenico tornarono i tedeschi su richiesta della sorella Licia, catturarono alcuni partigiani che raccontarono la tragica fine della ragazza e di suo padre. Il 10 dicembre 1943 i Vigili del fuoco di Pola, recuperarono la salma di Norma: era caduta supina, nuda, con le braccia legate con il filo di ferro, su un cumulo di altri cadaveri aggrovigliati. Aveva ambedue i seni pugnalati ed altre parti del corpo sfregiate. La vicenda di Norma creò un fremito di indignazione in tutta l’Istria. Tra tutte le storie dei martiri delle foibe, è quella che viene maggiormente ricordata. La sua foto campeggia in tutti i libri che ricostruiscono la tragedia italiana di sessant’anni fa. Le sono state dedicate anche poesie. In una troviamo scritto: «Non più odio né sensi feriti/un campo solcato è ormai il mio cuore/e il silenzio opprime la mente». Ricordare e onorare il suo sacrificio non vuol dire odio e vendetta. E’ un atto d’amore alla memoria italiana.

La sorella Licia, scomparsa nell’anno 2000, ha impegnato tutta la sua vita per far conoscere la storia della sorella alla quale il presidente Ciampi nel 2005 , come abbiamo accennato conferì alla memoria la medaglia d’oro al merito civile per la sua “luminosa testimonianza d’amor patrio”.

Nei fatti però continua a far parte di una storia scomoda, forse da dimenticare o da tenere chiusa in qualche cassetto: il giorno successivo alla commemorazione quei due mazzi di fiori che ingentilivano il cemento sotto la targa della salita non erano più al loro posto. Furto ideologico, atto vandalico? Probabilmente non lo si saprà mai, ma in qualsiasi caso chi ha aspettato la notte per portare via qualche rosa e qualche garofano ha dimostrato, pur nell’anonimato, mancanza di rispetto e senso civico.

Adriana Domeniconi

Pari Opportunità Movimento Difesa del Cittadino

Delegata Regionale Basilicata ENAC (Ente Nazionale Attività Culturali)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Traduci
Facebook
Twitter
Instagram
YouTube