Papa: “Urge una riforma economica”

Teocrazia e Cristianità oltre Tevere

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di Claudio Gentile

Non poteva non partire dalle conseguenze create dal Covid sul lavoro, ma tanti altri sono stati i temi toccati da Papa Francesco nel videomessaggio in spagnolo inviato ieri ai partecipanti alla 109ma riunione della Conferenza Internazionale del Lavoro, in corso a Ginevra.

“Con la fretta di tornare a una maggiore attività economica, al termine della minaccia del Covid-19, evitiamo le passate fissazioni sul profitto, l’isolamento e il nazionalismo, il consumismo cieco e la negazione delle chiare evidenze che segnalano la discriminazione dei nostri fratelli e sorelle “scartabili” nella nostra società. Al contrario, ricerchiamo soluzioni che ci aiutino a costruire un nuovo futuro del lavoro fondato su condizioni lavorative decenti e dignitose” e “che promuova il bene comune” ha esordito il Pontefice.

Priorità in tal senso deve essere data “ai lavoratori che si trovano ai margini del mondo del lavoro e che si vedono ancora colpiti dalla pandemia di Covid-19; i lavoratori poco qualificati, i lavoratori a giornata, quelli del settore informale, i lavoratori migranti e rifugiati, quanti svolgono quello che si è soliti denominare “il lavoro delle tre dimensioni”: pericoloso, sporco e degradante, e l’elenco potrebbe andare avanti”. Il Papa ha poi avvertito del pericolo che “molti migranti e lavoratori vulnerabili, insieme alle loro famiglie, generalmente restano esclusi dall’accesso a programmi nazionali di promozione della salute, prevenzione delle malattie, cure e assistenza, come pure dai piani di protezione finanziaria e dai servizi psicosociali”. Per il Papa ciò “è uno dei tanti casi di quella filosofia dello scarto che ci siamo abituati a imporre nelle nostre società. Questa esclusione complica l’individuazione precoce, l’esecuzione di test, la diagnosi, il tracciamento dei contatti e la ricerca di assistenza medica per il Covid-19 per i rifugiati e i migranti, e aumenta quindi il rischio che si producano focolai tra quelle popolazioni. Tali focolai possono non essere controllati o addirittura nascosti consapevolmente, il che costituisce un’ulteriore minaccia per la salute pubblica”.

Passata la fase pandemica, per il Papa devono essere sostenuti e ampliati i sistemi di protezione sociale che assicurino “l’accesso ai servizi sanitari, all’alimentazione e ai bisogni umani di base” e deve essere garantita “la protezione dei lavoratori e dei più vulnerabili mediante il rispetto dei loro diritti fondamentali, incluso il diritto della sindacalizzazione”. Per Francesco, infatti, “unirsi in un sindacato è un diritto”.

Tuttavia “i sindacati non svolgono la loro funzione fondamentale d’innovazione sociale se tutelano solo i pensionati. Questo va fatto, ma è la metà del vostro lavoro. La vostra vocazione è anche di proteggere quanti ancora non hanno diritti, quanti sono esclusi dal lavoro e che sono esclusi anche dai diritti e dalla democrazia”.

Per il Papa i problemi esacerbati dalla pandemia hanno fatto emergere “un virus ancora peggiore del Covid-19: quello dell’indifferenza egoista”, che “si propaga nel pensare che la vita è migliore se è migliore per me, e che tutto andrà bene se andrà bene per me, e così si inizia e si finisce selezionando una persona al posto di un’altra, scartando i poveri, sacrificando quanti sono rimasti indietro sul cosiddetto “altare del progresso”.” “È una vera e propria dinamica elitaria, di costituzione di nuove élite al prezzo dello scarto di molta gente e di molti popoli” ha chiosato il Pontefice.

Particolare considerazione deve essere rivolta dalle autorità preposte alla tutela del lavoro “informale” e “ai bisogni particolari delle donne e delle bambine”, ove si riscontrano ancora “costumi inaccettabili” come “la vergognosa violenza”, “i maltrattamenti familiari e varie forme di schiavitù […] la disuguaglianza dell’accesso a posti di lavoro dignitosi e ai luoghi in cui si prendono le decisioni”.

In definitiva i più vulnerabili, che hanno già subito la crisi del Covid, “non dovrebbero vedersi colpiti negativamente dalle misure per accelerare una ripresa che s’incentri unicamente sugli indicatori economici”. C’è bisogno “di una riforma del modo economico”, perché “il modo di portare avanti l’economia deve essere diverso, deve a sua volta cambiare”. Per il Papa infatti “nel parlare di proprietà privata dimentichiamo che è un diritto secondario, che dipende da questo diritto primario, che è la destinazione universale dei beni”.

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