Rapina “col buco”, entrano in banca passando dal condominio

Attualità & CronacaNoi e il Condominio

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di Giuseppe Nuzzo

Come nella scena di un famoso film. Rapinano la banca facendo irruzione attraverso un buco praticato nel muro della portineria del condominio confinante. In tre finiscono sotto processo, di cui uno è proprio il portiere del condominio, tirato in ballo dalle dichiarazioni degli altri due imputati.

Della vicenda si è occupata la Corte di Cassazione che, con sentenza n. 28159/2018, ha annullato la condanna a carico del portiere del condominio.

Gli Ermellini hanno accolto le difese proposte dall’avvocato del portiere, che aveva chiesto di riesaminare la ricostruzione del colpo, effettuato, come detto, facendo irruzione nella banca attraverso un buco nella parete dell’alloggio del portiere di condominio e, secondo la Corte d’appello, con la complicità di quest’ultimo.

In effetti, l’accusa nei confronti del portiere si basava interamente sulle dichiarazioni dei due coimputati. Tuttavia, mentre uno di loro ha fornito indicazioni fattuali che coinvolgono il portiere nell’attività preparatoria (la realizzazione del foro nella muratura esistente tra il locale del condominio e i confinanti bagni dell’istituto di credito), l’altro, invece, non ha saputo dare indicazione alcuna sul ruolo dello stesso portiere. Anzi, ha riferito in più passaggi di non conoscerlo e di non sapere se fosse coinvolto nel progetto e, tantomeno, nell’esecuzione della rapina e delle attività preparatorie.

Nemmeno può considerarsi determinante la circostanza, ammessa dallo stesso portiere del condominio, di essersi recato la mattina in cui fu compiuta la rapina in un bar, dove aveva incontrato uno degli imputati. Tale circostanza – secondo la Cassazione – non è in grado da sé di collegare il fatto di reato come contestato alla persona dell’imputato, “in quanto la sua presenza nel bar può trovare spiegazioni logiche plausibili in differenti motivi che avevano indotto il portiere a recarsi nel bar che frequentava quotidianamente”.

Per questi motivi, la sentenza di condanna va annullata, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello per un nuovo giudizio sull’esistenza di altri e differenti riscontri.

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