Bruxelles inerte di fronte alla Catalogna

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UE-CATALOGNA
Gli Stati membri dell’Ue e le istituzioni comunitarie sono consapevoli che non esiste margine per un intervento esterno nella risoluzione della crisi in Spagna. Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk dopo il primo dei due giorni di summit a Bruxelles, a conferma dell’assenza di un piano B dell’Unione sulla Catalogna e dei limiti strutturali a un’eventuale mediazione da parte dell’Ue.

La cancelliera Angela Merkel aveva lanciato un messaggio simile nelle ore precedenti, esprimendo preoccupazione per la situazione ma esplicitando l’appoggio a Madrid, dove domattina si riunirà un Consiglio dei ministri straordinario per decidere sull’attivazione dell’art.155 della Costituzione e dunque sul commissariamento della Generalitat. Ma non mancano dubbi e divergenze sulla sua effettiva applicazione, tra cui quelli del Psoe; sarebbe la prima volta dall’entrata in vigore della legge fondamentale nel 1978 dopo il quarantennio franchista.


KURDISTAN
Mentre la russa Rosfnet rafforza la presenza nel Kurdistan iracheno e annuncia di aver acquisito il 60% del principale oleodotto della regione autonoma (Krg), le Forze armate di Baghdad e quelle filo-iraniane hanno ripreso il controllo di Kirkuk. Frattanto la Turchia, la quale opera nel Krg e ha diretti interessi energetici nell’area, ha lanciato un’offensiva terrestre anti-Pkk in territorio iracheno, a distanza di nove anni dall’ultima.

Oggi il segretario di Stato Usa Rex Tillerson presenzierà al vertice inaugurale del meccanismo bilaterale (Coordination Council) tra Arabia Saudita e Iraq nella capitale saudita. L’Iran sarà uno dei temi centrali dell’incontro, come ha ammesso il portavoce Heather Nauert: Washington vorrebbe spingere Baghdad ad assumere posizioni più in linea a quelle di Riyad, principale competitor regionale di Teheran.


AMERICA LATINA
Sono giorni caldi in Venezuela e Argentina. Dopo il trionfo alle elezioni dei governatori del Partito socialista del presidente Maduro, figlio di una precisa strategia di Caracas e dell’ondivaga politica delle frammentate opposizioni, cinque dei 33 giudici della Corte suprema nominati dal parlamento (unica istituzione in mano alle opposizioni ma esautorata dall’Assemblea costituente voluta dal governo) e mai entrati in carica per volontà dell’esecutivo si sono rifugiati in Cile (ad agosto era toccato alla procuratrice generale Luisa Ortega, con destinazione Colombia). Frattanto i cinque governatori anti-Maduro eletti domenica hanno rifiutato di prestare giuramento davanti la Costituente, non riconosciuta dal parlamento venezuelano né dall’Occidente.
Buenos Aires deve invece vedersela con gli strascichi del ritrovamento di un corpo probabilmente appartenente a Santiago Maldonado, attivista scomparso il 1° agosto e definito da El País “l’ultimo desaparecido“. Gran parte delle formazioni politiche hanno sospeso la campagne elettorali, mentre si avvicinano le elezioni di domenica per il rinnovo di metà della Camera e un terzo del Senato.


EQUILIBRISMI FILIPPINI
Manila ha ricevuto un altro carico di armamenti dalla Russia, segnale della politica di maggiore apertura verso Mosca e Pechino inaugurata dal presidente Rodrigo Duterte dalla sua elezione nel 2016. Un’evoluzione invisa a Washington che però rimane il principale alleato militare delle Filippine, soprattutto a fronte dell’espansionismo marittimo della Repubblica Popolare e in chiave anti-jihadista.

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