La super slitta per l’Alaska realizzata dagli universitari italiani

Scienza & Tecnologia

Di

di Ferruccio Pinotti 

MILANO – Sarà usato in una nuova spedizione che partirà entro fine febbraio, guidata da Maurizio Belli Fulvio Giovannini, il progetto di quattro iscritti alla Facoltà di Ingegneria di Trento, che hanno elaborato un sofisticato mezzo capace di trasformarsi in un “carretto” a tre ruote. Ne parla Ferruccio Pinotti .

“In Alaska sulle orme dei cercatori d’oro, trainando una super slitta messa a punto dagli studenti di Ingegneria dell’Università di Trento. Partirà entro fine febbraio (la data è il 22, ma potrebbe variare) la nuova spedizione di Maurizio Belli e Fulvio Giovannini: due avventurosi viaggiatori, esploratori e sportivi. Per loro è la fine di un percorso di esplorazione del Grande Nord americano iniziato 25 anni fa: 1.300 km sugli sci da Fort Yukon ad Anchorage, in Alaska, su percorsi battuti dai pionieri della “corsa all’oro” e anche dal nonno di Maurizio Belli.
Si tratta della quinta e ultima tappa del progetto “Alaska 2018/2019 Ski Walking Winter Expedition“, che Belli ha inaugurato nel 1993, quando, in solitaria, in sella a una pionieristica mountain bike, percorse nel nord dell’Alaska i 666 chilometri che dividono Livengood da Prudhoe Bay. I due ora affronteranno temperature variabili tra i 30 e i 40 gradi sotto zero, armati solo di sci e con una particolare slitta realizzata dal reparto Ingegneria industriale dell’Università di Trento, in un progetto che vede coinvolti studenti e professori.

Capace di resistere a freddo, urti e abrasioni
Leggera e facile da usare, capace di resistere a freddo, urti e abrasioni, la slitta è capace di scivolare su neve e ghiaccio e di trasformarsi in un “carretto” a tre ruote. Una sfida ingegneristica ma anche — per gli studenti partecipanti — una grande esperienza di didattica a contatto con le imprese. Nel lungo percorso con gli sci lungo un fiume ghiacciato e poi su strada asfaltata e innevata, Belli e Giovannini dovranno trasportare cibo, attrezzature e tende proteggendo il loro carico dal freddo e dagli urti.
“La slitta speciale chiamata 3ska è stata progettata per essere un mezzo anfibio terra-neve capace di trasformarsi velocemente in funzione dello stato del terreno e delle necessità degli esploratori. Quasi un anno di lavoro per i nostri nove studenti”, spiega il professor Luca Fambri (esperto di polymer science technology), che con il collega Stefano Rossi dell’ateneo trentino coordina il progetto. “Abbiamo cercato di coinvolgere gli studenti, metterli in gioco su problemi pratici. Noi docenti abbiamo cercato la partnership di aziende private che volessero mettere a disposizione le loro competenze. Ne è nato un laboratorio collettivo molto stimolante”.

“Una bella esperienza-ponte tra università e mondo del lavoro”
L’impegno operativo è partito ad aprile 2018 con la prima riunione tecnica. Matteo Simeoni, 25 anni, di Fumane (Verona), uno degli studenti del team, spiega: “Gli esploratori ci hanno comunicato i requisiti indispensabili della slitta. Fondamentale era rispettare le dimensioni massime del mezzo, garantire la capacità di carico richiesta e il peso”. Metodo di lavoro? “Dopo aver disegnato i pezzi abbiamo dovuto cercare le aziende e partecipare alla parte realizzativa. Una bella esperienza-ponte tra università e mondo del lavoro”, dice Simeoni. Uno degli studenti è persino stato assunto.

La slitta è realizzata con fibre di carbonio e aramidiche (una classe di fibre sintetiche con elevata resistenza alla trazione e al calore, utilizzate nelle applicazioni aerospaziali e militari), capaci di coniugare leggerezza e resistenza. Per evitare che il materiale si danneggi strisciando su superfici dure, lo scafo ha due pattini rivestiti da strisce in lega di alluminio.
“Gli studenti hanno avuto modo di visitare le aziende, osservare gli ambienti di lavoro e le attrezzature”, spiega il professor Rossi. “Per loro è stata una sfida personale. Oltre a frequentare le lezioni, studiare e superare gli esami hanno dovuto imparare a dividersi i compiti, a lavorare in gruppo. Si sono confrontati con i committenti, con le difficoltà tecniche, i problemi delle aziende e i limiti di budget. Sono cresciuti come professionisti””.

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