Bari: è finita l’odissea. Finalmente

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Il Bari, a un anno dal fallimento, si prende una grande rivincita e chiude i giochi nel girone I di Serie D. Partecipa con poca fortuna alla Poule Scudetto ed esce di scena con qualche rammarico. Ma forse è un bene; stare ancora una settimana, due, in itinere in questa serie avrebbe portato l’orticaria a molti. Tanto, ormai, il più è fatto e tanti saluti a tutti.  Finalmente è finita. L’inferno della D, ormai, è alle spalle e ci auguriamo di non entrarci più. Caronte, adesso, trasporta il Bari nel Purgatorio della Serie C dove occorrerà stazionarci ancora per un anno, si spera, soltanto.

È stato un anno beckettiano, quello del teatro dell’assurdo nel quale è capitato di tutto. Solo chi lo ha respirato, chi lo ha vissuto sia tra gli spalti, sia come noi giornalisticamente, ha potuto rendersi conto delle assurdità e delle enormi difficoltà logistiche, strutturali, agonistiche e funzionali a cui si è andati incontro. Tutte le squadre partecipanti, come nelle previsioni, hanno centuplicato le forze ogni volta che ci hanno incontrato, volevano fare il “figurone” contro il Bari consapevoli che sarebbero stati visti in TV (Dazn), e da tanta gente sia a Bari che in casa loro, e per questo ci tenevano a giocare al massimo, era per loro la gara della vita, quella per la quale, un giorno, avrebbero potuto dire che “una volta ho incontrato il Bari sia in casa che al San Nicola”. Per contro abbiamo assistito a prestazioni non sempre esaltanti da parte del Bari, forse proprio perché le squadre avversarie si esaltavano giocando contro i biancorossi, così da spendere molte energie per cercare di primeggiare in classifica. E nonostante tutto, però, il Bari è sempre stato primo in classifica sin dalla prima giornata. Ed un motivo ci sarà, la solidità e la forza del collettivo hanno avuto la meglio anche nelle difficoltà. E le dinamiche sono state quelle tipiche della serie D dove prevale il cuore piuttosto che la tecnica e la qualità, caratteristiche che, tra l’altro, non sempre sono state compagne del Bari in quanto, spesso, sono occorsi testa, fiato e cuore per battere gli avversari. Ma le squadre di caratura modesta, hanno di fatto messo a dura prova i biancorossi che, ovviamente, proponevano qualità ed esperienza.

Per noi della stampa è stato un anno vissuto pericolosamente che ricorderemo per sempre per tanti motivi, un anno incredibile per il nostro lavoro che ricorderemo come un periodo duro e ma che abbiamo accolto come grande, nuova, esperienza di vita, un anno dove nelle località presso cui ci siamo recati, abbiamo trovato quasi sempre grande ospitalità da parte delle società e da parte dei tifosi locali che, evidentemente, si sentivano onorati della nostra visita, di professionisti che fino a qualche anno fa frequentavano le tribune stampa più prestigiose di San Siro, dell’Olimpico e del San Paolo, ma anche quelle di serie B non meno prestigiose di quelle della serie A, dunque c’era da fare bella figura, e al di là degli stadi, o meglio dei campi sportivi ridotti nelle dimensioni e nelle capienze e gravati dalle scarse infrastrutture dove mancava quasi sempre la tribuna stampa dove poter lavorare, mancava l’elettricità e il posto dove sedersi per lavorare. Noi che eravamo muniti di PC avevamo necessariamente bisogno di un desk e di una sedia, o qualcosa di simile, per lavorare ed invece, fatte salve quelle due-tre eccezioni dove, pur privi di tribuna stampa, ci han messo a disposizione delle travi in legno per appoggiare il PC, altrove non abbiamo potuto lavorare per mancanza di tutto. Anche di sedie come a Marsala con una tribuna, più o meno stampa a disposizione. Senza dimenticare i campi di Gela e di Angri dove abbiamo dovuto lavorare dietro le porte in piedi con la grata di metallo ad impedirci, insieme alla lontananza, di riconoscere i giocatori e le azioni salienti. (evitiamo di chiamarle “curve” perché mancavano strutturalmente di gradoni). Incredibile a dirsi ma è la verità. Il diritto di cronaca e di sicurezza calpestati da decisioni prefettizie e societarie. Tuttavia, come abbiamo scritto prima, non è mancata la cortesia e la buona volontà da parte dei pochi dirigenti e capi uffici stampa per metterci a nostro agio ma, fatto sta, quando mancava tutto si poteva far poco.

È stato un anno duro, complicato con la Turris a tallonarci fino alla fine (onore al merito) e le altre squadre che avevano impostato l’obiettivo di provare a vincere il torneo, trovatesi improvvisamente impedite in tal senso a causa della presenza del Bari, han fatto quel che hanno potuto limitandosi ad obiettivi diversi, vale a dire per salvezza e per accedere ai play off.

Poule scudetto alle spalle, guai a cullarsi: ora viene il bello, da mo’ vale, insomma. La C deve essere un tornante prima dell’ultima curva che dovrà portarci nei tornei di B e di A. Con calma senza fretta. Ora occorre attrezzarsi per la promozione in serie B possibilmente senza aspettare un anno in più perché la dirigenza consente questo, c’è una solidità finanziaria, finalmente dopo decenni e decenni non si bada allo spicciolo ma nemmeno a spese esagerate, ma a scelte ponderate spendendo il giusto naturalmente senza tanti problemi economici. Per questo crediamo che adesso la sfida sarà quella di ritornare tra i professionisti in serie B. Poi si vedrà. Se una famiglia imprenditoriale di primo piano come i De Laurentiis ha deciso di investire su Bari, significa che hanno un progetto ambizioso di cui abbiamo avuto un gustoso anticipo in serie D dove hanno deciso di vincere sin da subito il campionato investendo non poco. Insomma è stato compiuto il primo passo per riportare il Bari verso categorie più consone al blasone. Tra l’altro l’intero indotto barese si è calato nella nuova realtà con umiltà e spirito di sacrificio, atteggiamenti, questi, mantenuti sia dalla società che dal pubblico barese che ha mostrato maturità e vicinanza come non mai.

Massimo Longo

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