La Francia (e l’Europa) di Macron

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Emmanuel Macron è il nuovo Presidente francese. La vittoria del 39enne, fondatore di un movimento (En marche!) senza affiliazioni a partiti tradizionali, segna l’inizio di una nuova fase per la République.
Lo scorso anno, ancora ministro dell’Economia del governo Hollande, Macron era intervenuto all’evento ISPI “Le sfide economiche e politiche per l’Europa”, sottolineando l’importanza di recuperare la dimensione politica dell’Europa in un’epoca in cui si moltiplicano le fragilità del progetto comune (guarda il video).
In attesa delle elezioni parlamentari di giugno, è già l’ora di capire quali scenari, sfide e incognite si profilano all’orizzonte per il nuovo Presidente. (Foto: Patrick Kovarik / AFP / Getty Images)

Macron è Presidente. E ora?
Macron è Presidente della Francia, ma la campagna elettorale non è ancora finita. Tra un mese si terranno i due turni (11 e 18 giugno) delle elezioni all’Assemblea nazionale, che promettono di essere le più combattute nella storia della Quinta Repubblica. Un chiaro segnale della frammentazione politica del paese è arrivato infatti già dai risultati del primo turno delle presidenziali, che hanno visto, per la prima volta dal 1958, quattro partiti ottenere almeno il 19% dei voti. Inoltre, il partito del Presidente è ancora poco radicato sul territorio, ed è scattata la corsa contro il tempo per schierare un candidato di En marche! in tutte le 577 circoscrizioni.
Secondo Massimo Nava, un contesto politico tanto incerto potrebbe costringere Macron a una “grande coalizione”, in cui il nuovo Presidente verrebbe affiancato da un Primo ministro super partes o espressione del primo partito di maggioranza (non necessariamente En marche! stesso).

Si profila quindi una situazione ancora più complessa dell’ipotesi della “coabitazione” (ecco come funziona il presidenzialismo francese), in cui Presidente e Primo ministro sono espressione di due diversi partiti: l’ultima volta era successo con Jacques Chirac e Lionel Jospin tra il 1997 e il 2002, ma non è mai accaduto che non vi fosse una chiara maggioranza all’Assemblea nazionale.

L’Europa di Macron
Nel corso della campagna elettorale, Macron si è proposto come il candidato pro-europeo di fronte all’avanzata dei nazionalismi. Il nuovo Presidente, che Alessandro Cassieri definisce come “la contromisura al populismo, il suo anticorpo, ideologico e pragmatico”, sostiene che la prosperità della Francia è indissolubilmente legata a quella dell’Europa. Quattro sono le sue proposte più importanti per rilanciare il progetto europeo: sistema di difesa comune, rafforzamento dell’Eurozona, rafforzamento delle politiche migratorie comuni e riforma del Parlamento europeo post-Brexit.

Quest’ultima consiste nel creare un collegio unico europeo per eleggere un numero di candidati (73 su 750) pari a quelli “persi” con l’uscita del Regno Unito. Malgrado incontri i pareri favorevoli di molti paesi, tale proposta richiederebbe la modifica delle leggi elettorali o persino costituzionali, rendendola quindi particolarmente complessa.
È invece più probabile che si facciano passi avanti nel settore della difesa, per esempio con l’istituzione di un quartier generale permanente. Nuove forme di cooperazione europea nel settore militare permetterebbero peraltro ai paesi europei della Nato di aumentare l’efficienza della difesa europea, rispondendo così indirettamente alle richieste di maggiori spese nel settore da parte della nuova amministrazione americana.

Per quanto riguarda gli aspetti economici, Macron propone la creazione di un Ministro delle Finanze e di un bilancio comune dell’Eurozona. In questo il neopresidente rischia di scontrarsi con le resistenze e diffidenze di altri paesi europei, a cominciare dalla Germania, da sempre contraria a questa proposta perché teme che il bilancio comune possa rendere permanenti i trasferimenti fiscali verso i paesi periferici dell’Europa. Anche nell’ipotesi di una vittoria dell’ex Presidente del Parlamento europeo Martin Schulz alle prossime elezioni di settembre, la probabile necessità di una “grande coalizione” con la CDU-CSU di Angela Merkel non renderà necessariamente più “morbide” le posizioni tedesche.
Infine, sul fronte della politica migratoria comune, Macron ha ripetuto più volte nel corso della campagna che la politica della porta aperta tedesca ha “salvato la nostra dignità di europei”, e che chiudere le frontiere non è il modo corretto per affrontare il problema.

Economia: quale Francia eredita il Presidente?
Malgrado la ripresa francese sembri leggermente più robusta degli anni passati (ad aprile il Fmi prevedeva una crescita dell’1,4% nel 2017), Francesco Saraceno e Marcello Messori sottolineano che il paese è ben lungi dal potersi considerare fuori dalla crisi. Parigi è da 9 anni consecutivi oggetto di una procedura d’infrazione per deficit eccessivo da parte della Commissione europea, e nel frattempo il rapporto debito pubblico/PIL ha fatto un balzo dal 64% del 2006 al 97% di quest’anno. Inoltre alla ripresa economica non ha ancora fatto seguito un netto miglioramento nel mercato del lavoro francese: la disoccupazione resta alta (9,9%) e i redditi medi sono tornati solo l’anno scorso ai livelli del 2006. Va inoltre ricordato che anche in Francia si registra una crescente disparità regionale, e che il reddito medio di un abitante del Nord Pas de Calais è oggi meno della metà di quello di un abitante dell’Île de France.
Macron ha impostato la propria campagna sul rientro dal deficit, proponendo di tagliare 60 miliardi di spesa e di eliminare 120 mila posti di lavoro nel settore pubblico. È inoltre favorevole a rendere più flessibile il mercato del lavoro francese, e si è opposto all’abbassamento dell’età pensionabile (da 62 a 60 anni) proposto da Le Pen e Mélenchon. A fronte di questa “stretta”, Macron propone un piano di rilancio degli investimenti pubblici su istruzione e infrastrutture, e di abbassare la pressione fiscale su famiglie e piccole imprese.

Cosa cambia nella lotta al terrorismo?
A seguito della serie di attentati che ha colpito la Francia e l’Europa nell’ultimo anno e mezzo, la lotta al terrorismo è stata uno dei temi più dibattuti durante le presidenziali. Sulla Francia ha in effetti riposto particolare attenzione la propaganda dell’ISIS. La settimana scorsa, pochi giorni prima del secondo turno, una rivista dell’ISIS (il n. 9 di Rumiyah) ha pubblicato uno speciale sulle elezioni francesi incitando i musulmani alla sollevazione.
Sul tema, durante tutta la campagna elettorale Macron non si è lasciato trascinare dai toni accesi di Le Pen, cercando di contestualizzare il problema all’interno della società francese. Per Macron la Francia deve riconoscere di aver fatto errori nel passato: la lotta alla radicalizzazione e all’estremismo passa anche da un ripensamento della gestione dei processi di integrazione. Macron prevede infatti di investire nelle banlieue e nei quartieri disagiati, in particolare nel settore dell’istruzione (nei cosiddetti Réseaux d’éducation prioritaire renforcés, o REP+). Il neopresidente ha poi promesso più risorse da destinare all’intelligence, l’aumento delle forze di polizia (+10.000 uomini), l’ampliamento delle prigioni (+15.000 posti) e il rafforzamento della guardia di frontiera (+5.000 uomini).

Quali effetti per l’Italia?
La vittoria di Macron sembra aprire maggiori spazi di collaborazione tra Italia e Francia su diversi temi, non ultimo quello della difesa europea.
Su uno dei dossier centrali, quello dei conti pubblici, è però difficile che si avanzi speditamente. Da un lato, è vero che la Francia ha fatto fronte comune con l’Italia per chiedere politiche fiscali meno rigide nei momenti peggiori della crisi, quando si temeva che il “contagio” si diffondesse dallo spread italiano a quello francese. Dall’altro, è altrettanto vero che Parigi è tornata rapidamente a gravitare verso la Germania. Questo probabilmente perché la Francia preferisce essere considerata l’alleato (anche debole) di chi guida l’Europa piuttosto che assumere la leadership di paesi favorevoli a una maggiore spesa pubblica, per non correre il rischio di essere percepita dai mercati come restia a rimettere in sesto i propri conti pubblici.
È comunque probabile che Roma trovi una sponda in Parigi, soprattutto se Macron insisterà sul rafforzamento dell’Eurozona (in primis sulla creazione di un bilancio ad hoc), oltre che sulle politiche migratorie comuni.

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