di Francesco Sisci
L’incontro tra papa Francesco e il presidente americano Donald Trump in questo momento storico mette in luce eventi epocali che possono essere compresi solo se si ripensa all’inizio del cristianesimo.
I primi cristiani erano ebrei e predicavano alla loro “captive audience”, pubblico di riferimento naturale, diremmo oggi, cioè gli ebrei, ma non si limitavano a loro. Allargarono il messaggio anche ai non ebrei e il mondo ascoltava.
Nello stesso modo fa oggi Bergoglio. Egli parla alla sua “captive audience” ma in realtà è il mondo, credente o non credente, che ascolta. Quando dice che Dio non è cattolico, rifiuta la divisione del mondo in fedi impermeabili l’una all’altra, in religioni contrapposte che quindi devono farsi la guerra per affermarsi l’una sull’altra.
Oggi per certi versi nel mondo c’è una situazione simile a quella dell’Impero. Allora Roma era padrona del mondo, ma non di tutto. Oggi gli USA sono la superpotenza maggiore, ma non totale. In più, tutto il mondo è unito dalla globalizzazione dei commerci e delle telecomunicazioni ma è anche confuso.
Inoltre il terrorismo sta portando una profonda crisi di riflessione nell’islam. Il buddhismo – scosso da persecuzioni comuniste, dalla crisi identitaria della civiltà cinese, e da corruzione propria – è debolissimo.
Anche l’induismo, che segmentava il subcontinente nelle caste ed era perciò diviso in scatole quasi a tenuta stagna, sta diventando sempre più unitario, quindi diverso da quello che era stato per secoli. Anche esso è in crisi, perché si riconosce unito solo contro islam o cristiani.
Anche il cristianesimo è in crisi tirato da mille forze che vogliono trainarlo da ogni parte.
In queste fedi manca ovunque un messaggio forte che vada oltre le barriere delle singole fedi. Bergoglio sta facendo questo senza però avere mire di prevaricazione o “conquista”.
La Cina ascolta
L’incontro con Trump arriva in questo momento generale. Il papa è molto di meno del presidente americano. Non ha uno Stato, quello antico pontificio è svanito da un secolo e mezzo. Non ha neanche un potere forte su molti re del mondo, come era stato dal IV secolo in poi (con il decreto di Costantino, che rendeva il cristianesimo la fede ufficiale dell’impero romano) fino all’illuminismo. Non ha armate o divisioni. Ma mai come oggi il papa è una voce ascoltata da tutti.
La scelta del giorno dell’incontro – quello della preghiera per la Chiesa in Cina – indica quanto la Cina sia nel cuore di Bergoglio. E certamente la Cina è anche nel cuore di Trump: per la prima volta parleranno di Cina. Ma anche tutti vorranno vedere come il Papa tratterà Trump. Se fosse un film di Hollywood, oggi sui multimedia Trump sarebbe il “villain”, Bergoglio “the hero”.
Ma Roma non è la California e Bergoglio cercherà un modo per avvicinarsi al cuore di Trump. Astuto come è Trump, davvero o per finta, farà di tutto per farsi avvicinare e quindi presentarsi se non rinato ma almeno con un’aura diversa al mondo
Sulla Cina forse si tratta di delineare una strategia di più ampio respiro non limitata al confronto militare intorno al Nord Corea o al Mar cinese meridionale. Dall’incontro certamente non uscirà nessuna strategia, ma forse qualche sentimento nuovo nascerà e questo bisognerà osservare.