Le sofferenze bancarie diventano un affare

Economia & Finanza

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La vicenda delle banche venete ha suscitato, ovviamente, molti commenti. E fin qui nulla di nuovo. Così come appare abbastanza scontata la lettura che ne è stata fatta, specie sui grandi giornali: gestione sbagliata, prestiti dati agli amici, necessità di uscire dalla logica obsoleta della banca sul territorio quando con l’avvento di internet si fa tutto on line e via discorrendo.

Altrettanto ovviamente – ma è anche il caso di Mps – si è detto che il punto centrale, il vero bubbone è rappresentato dalle sofferenze, da quei crediti inesigibili che rappresentano la palla al piede non tanto, o meglio, non solo del sistema bancario italiano, ma soprattutto della stessa azienda Italia, da sempre banca dipendente.

Monte dei Paschi di Siena

Bene, se questa è la vulgata ufficiale, o meglio quella che in apparenza sembra la più logica, ce n’è una sotterranea che fa fatica ad emergere e che in ogni caso, può essere una chiave alternativa per capire la vicenda delle banche venete, ma non solo. E per entrare subito nel merito la mettiamo sul paradossalmente provocatorio: e se le sofferenze non esistessero e fossero solo la foglia di fico del più grande business in atto, non solo in Italia? Vogliamo dire che le sofferenze ci saranno anche, ma non necessariamente sono figlie di una politica bancaria dissennata, che non ha minimamente tenuto conto dei rischi cui si andava incontro dando prestiti a clienti inaffidabili.

Facciamo un esempio che poi è quello che sta avvenendo in molti casi: in diverse circostanze, quelli che appaiono crediti inesigibili sono invece debiti, a fronte dei quali però ci sono garanzie reali, come ad esempio gli immobili. Bene, rimanendo all’esempio, io ottengo un prestito di cento a fronte del quale do in garanzia un immobile che, quantomeno, vale 200.

Il mercato mi dice che siccome io sono un cliente che non è in grado di onorare il suo debito, lo svaluta portandolo ad esempio al 15 – 20% o al massimo al 30% del valore. A questo punto scatta l’affare: il mercato, per gentile concessione lo ricompra a saldo, ma subito dopo entra in possesso di un immobile che non si sarà poi così svalutato.

Morale della favola e qui usciamo dall’esempio, in molti casi si stanno comprando le sofferenze – sembrerà strano ma diventano un affare i debiti, i buffi come si dice a Roma – a prezzi stracciati per rivenderle sul mercato a prezzi più alti, portando a casa, per di più, garanzie reali come gli immobili. Solo nel caso delle Banche Venete si stima che alla fine coloro che entreranno in possesso delle sofferenze porteranno a casa un profitto intorno ai 4 miliardi. Si pensi che cosa può essere tutto questo esteso all’intero mercato delle sofferenze che, al netto, sono valutate intorno ai 90 miliardi di euro, anche se al lordo siamo sempre nell’ordine dei 200 miliardi e anche di più.

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