Maduro vince le elezioni per l’Assemblea Costituente grazie ai brogli elettorali e con un voto fasullo ed illegittimo. Tutto il mondo in ansia per quanto accade in Venezuela. C’è voglia di democrazia, di crescita e di libertà. L’aspirante dittatore Maduro deve dimettersi e lasciare il Paese per consentire nuove libere e democratiche consultazioni elettorali.
Che il Venezuela sia ormai nel caos più completo sul piano politico, sociale ed economico è sotto gli occhi di tutto il mondo. Ieri domenica i venezuelani sono stati chiamati alle urne per eleggere i 545 componenti dell’Assemblea costituente targata Maduro, che dovrebbe a sua volta sancire e riconoscere il potere assoluto all’attuale Presidente e dargli il necessario imprimatur affinchè diventi il dittatorello ovvero il padre padrone della Nazione. I primi risultati elettorali diffusi danno per scontato la vittoria di Maduro e , ma è guerra sulle cifre, Maduro sostiene d’aver raccolto il 41,5% dei consensi elettorali mentre l’opposizione dati alla mano parla di una astensione dell’87% che renderebbe nullo ed illegittimo il voto elettorale.
La campagna elettorale come si può ben immaginare non si è svolta in un clima di pace con lo scambio di palme e ramoscelli d’ulivo ma all’insegna di una dura protesta alla quale hanno partecipato decine e decine di migliaia di venezuelani che hanno sfidato i beceri e odiosi divieti imposti da Maduro; nella sola giornata di ieri si sono registrati 13 morti che portano il totale delle vittime della sanguinaria repressione di Maduro a 120, tra le queste ci sarebbero addirittura un candidato all’Assemblea Nazionale ed il leader dell’opposizione Ricardo Campos. Il Paese è ancora isolato dal resto del mondo, nei giorni scorsi le maggiori compagnie aeree internazionali hanno bloccato, per ragioni di sicurezza, decolli e partenze; la ripresa dei voli è prevista per mercoledì o giovedì della prossima settimana sempre che la situazione non precipiti nel caos più completo ed ingestibile. Da quasi un mese le strade e le piazze di Caracas e di altre città sono teatro di pesanti scontri tra i cittadini, le forze di polizia e la Guardia Nazionale. La popolazione è esasperata, perché dappertutto ormai mancano cibo (non si riesce più trovare nemmeno pane e latte) e medicinali, con le farmacie e gli ospedali che non dispongono più neanche dei farmaci più elementari.
Per ora si può fare la spesa solo una volta alla settimana, utilizzando una tessera alimentare fornita dal governo per razionare i viveri. Una situazione incandescente che si trascina ormai da mesi, che ha origini antiche nel tempo e che è precipitata alla fine dello scorso marzo, quando la Corte Suprema di Giustizia ha deciso di esautorare il parlamento dai propri poteri, lasciando quindi al presidente, Nicolas Maduro, il dominio politico assoluto. A nulla è servito il dietrofront dello stesso Maduro, che dopo essersi reso conto che questa decisione rischiava di essere una boomerang per lui, un sorta di bomba esplosiva con effetti deflagranti di notevole portata ha chiesto successivamente alla Corte di voler rivedere la decisione, chiaramente pilotata ed antidemocratica, per cercare di ottenere un momento di tregua.
I problemi veri sono iniziati a serpeggiare in tutta la nazione già dallo scorso mese di dicembre, quando il “Mesa de Unidad Democratica”, forza di opposizione meglio conosciuto come “Mud”, aveva vinto le elezioni. Da allora , secondo quanto viene riferito da numerosi venezuelani che hanno deciso da lasciare la nazione, Maduro ha cercato di trasformare tutto il Venezuela in una vera e propria dittatura dimenticando che il laborioso popolo venezuelano, ricco di storia e di nobilissime tradizioni, si propone di far crescere il proprio paese per farlo uscire dalle secche di depressione economica che ormai lo affligge da anni per riportarlo se non nel club dei grandi almeno nel contesto dei paese che contano nello scacchiere geopolitico Internazionale. Sono tempi difficili, quindi, per il successore di Hugo Chavez, che per cercare di placare le proteste ha da poco annunciato di voler aumentare le pensioni e del 60% gli stipendi dei dipendenti pubblici.
Ma questo provvedimento non sembra aver scalfito minimamente la volontà dei venezuelani di continuare nelle loro proteste per costringere Maduro a dare le dimissioni ed a lasciare il paese. Che la situazione sia drammatica lo ripete a gran voce anche la dott.ssa Lorena Franceschini, italo- venezuelana, vice presidente dell’ associazione “Venezuela Italia Mondo“, che si dice sicura che “i cittadini sono determinati ad andare avanti sino a quando non ci sarà un vero cambiamento nel quadro politico, anche se per ora la repressione è durissima. La Guardia Nazionale spara sulla folla di tutto, dai proiettili di gomma ai lacrimogeni. La cose peggiori le fanno i gruppi paramilitari dei “Collettivos”, che sparano senza guardare in faccia nessuno. Sarebbero loro, infatti, i responsabili di ben 30 uccisioni compiute sino ad ora “.
I più fortunati, se possono, riescono ad andare in Colombia a rifornirsi di cibo e medicine dato che, sempre secondo la dott.ssa Franceschini, “è impossibile trovare il pane perché il governo non distribuisce più la farina ai forni. Ed è impossibile trovare anche le medicine più essenziali come la tachipirina o gli antibiotici”. Alcuni analisti ritengono, senza peli sulla lingua, che queste proteste sarebbero fomentate dagli Stati Uniti per spazzare via un governo non allineato con i loro interessi economici in Sud America. Su questo punto le parole della Franceschini non lasciano spazio a dietrologie politiche “Questa storia della cospirazione americana credo sia solo una scusa per non voler ammettere che il Venezuela stia diventando una dittatura. La verità e che il popolo è ridotto alla fame più totale”. Anche in Italia molti venezuelani stanno tenendo delle manifestazioni in questi giorni, recentemente anche a Roma, dove è stato possibile fare un giro per raccogliere qualche ulteriore informazione su quanto realmente accade in Venezuela. E parlando con loro si viene a sapere che ormai anche la libertà di stampa nel loro paese è messa gravemente a rischio, dato che nelle tv nazionali si possono vedere solo telenovele o notiziari che non parlano minimamente della proteste in corso. Molti giornali, invece, non vengono neanche più stampati per la mancanza di carta.
Sui volti e negli occhi delle persone che incontri puoi notare solo la tristezza per quello che sta accadendo al loro paese, che un tempo era uno dei più ricchi e più prosperosi di tutto il Sud America. Parole di speranza sono giunte nei giorni scorsi anche da Papa Francesco che ha lanciato un appello con parole limpide e precise: “Mentre mi unisco al dolore dei familiari delle vittime, per le quali assicuro preghiere di suffragio, rivolgo un accorato appello al Governo e a tutte le componenti della società venezuelana affinché venga evitata ogni ulteriore forma di violenza, siano rispettati i diritti umani e si cerchino soluzioni negoziate alla grave crisi umanitaria, sociale, politica ed economica che sta stremando la popolazione Le ultime notizie, talvolta confuse a causa della censura che impedisce il diritto di informazione e di comunicazione ai giornali ed alle emittenti televisive venezuelane danno per certo che in non meno di 53 delle 335 circoscrizioni sono stati registrati fatti di violenza politica, che si inseriscono nel contesto dell’ondata di proteste cominciata il 1° aprile scorso, il cui bilancio aggiornato ad oggi , come riferito in precedenza è di non meno di 120 morti, centinaia di feriti e circa 5mila fermati.
Le forze armate chiamate a garantire lo svolgimento del voto di domenica con il dispiegamento di 200mila uomini hanno fatto sapere che tratteranno qualunque “minaccia” con un “uso proporzionato della forza”. La situazione è sotto l’attenzione della comunità internazionale, Gli Stati Uniti seguono con preoccupazione gli avvenimenti e si dicono al fianco del popolo venezuelano, mentre numerosi paesi americani come la Colombia, il Messico, l’Argentina, il Perù ed il Cile hanno fatto sapere, a scrutinio ormai acquisito, che considerano il voto fasullo ed illegittimo prendendo nel contempo le distanze da Maduro e dal Venezuela.
Significativo e senza precedenti anche l’intervento dei vescovi venezuelani che hanno ribadito il loro no alla Costituente voluta dal presidente Maduro per instaurare un antistorico regime marxista. La Conferenza episcopale del Paese (Cev) in un documento chiede di porre fine alle violenze, avvertendo che “la repressione smisurata con un pesante bilancio di feriti, morti e detenuti genera più violenza”. “Militari e polizia, insieme con gruppi civili armati dal governo – si legge nel testo – operano coordinatamente attaccando il popolo che manifesta il proprio malcontento e il rifiuto dell’Assemblea costituente”.
Di qui l’esortazione a non aumentare “la sofferenza e l’angoscia della gente la cui voce di protesta deve essere rispettata e ascoltata”. Nel comunicato l’episcopato ribadisce, ancora una volta, che l’Assemblea Costituente è una proposta “incostituzionale, e anche non necessaria, non conveniente e dannosa per il popolo venezuelano”.
Il Quotidiano Internazionale On line “ Il Corriere Nazionale” con il suo Direttore, il Comitato di Redazione e lo staff di giornalisti e collaboratori sono vicini al popolo venezuelano e si batteranno con i mezzi a disposizione per informare i lettori su quanto accade e per proporre manifestazioni, proteste e sit in di sensibilizzazione.
Giacomo Marcario
Comitato di Redazione de “ Il Corriere Nazionale”