Uomo e fauna selvatica; convivenza possibile?

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di Andrea Casarini


Al di là dei fatti di cronaca più o meno recenti che hanno innescato polemiche più o meno incandescenti mi permetto di esprimere alcune considerazioni puramente personali.

Ad oggi, la fauna selvatica autoctona è un patrimonio che merita di essere valorizzato e che rappresenta un valore inestimabile intrinseco del territorio; purtroppo è anche chiaro che la convivenza di determinate specie animali all’interno di un territorio sempre più strappato e vilipeso alla natura incontaminata può essere alquanto difficile. Molto si conosce sugli animali selvatici e sull’ecosistema nel quale essi vivono anche se, le dinamiche che vanno ad influenzare i loro comportamenti rispetto alle crescenti attività umane presenti su un territorio sono ancora scarse, in fase di studio e di approfondimento scientifico. Mai come in questi ultimi anni l’espansione umana, l’industrializzazione e l’introduzione di specie alloctone all’interno degli ecosistemi naturali ha causato notevoli ripercussioni negative alla biodiversità, con conseguente aumento della frammentazione ecologica dei territori e gettando le basi per quel nuovo concetto che attualmente viene definito come “conflitto ambientale” tra essere umano ed altre specie animali. Purtroppo, la globalizzazione e la modernità ci ha disabituato, giocoforza, ad avere contatti con gli animali selvatici anche se non è raro, durante una gita in campagna, nei boschi od in montagna l’incontro con specie selvatiche di vario genere che conosciamo solamente perché viste in televisione nei documentari.

La scarsa conoscenza del luogo e dell’ecosistema nel quale entriamo come visitatori è forse una delle cause principali che ci porta spesso e fatalmente ad un approccio errato e/o pericoloso nei confronti degli animali selvatici. Approccio errato che risente molto spesso di luoghi comuni o paure avvalorate e/o ingigantite, per fare audience, da alcuni episodi di cronaca che sono, in ogni caso, statisticamente irrilevanti e che varrebbe la pena di approfondire ulteriormente. Sicuramente qualche pericolo esiste ma deriva spesso dal fatto che ci sono regole ben precise dettate dalla natura che non conosciamo o non vogliamo conoscere; sappiamo muoverci agevolmente nelle metropoli ma non abbiamo la minima preparazione su cosa possiamo aspettarci all’interno di un bosco e come comportarci in determinate situazioni.

Altro punto saliente sulla corretta coesistenza uomo/animali selvatici è legato al fatto che è oramai “luogo comune” che la gestione di un territorio e del suo ecosistema sia legata ad interessi superiori dettati da “attività dominanti” e da decisioni calate dall’alto da parte di “meri burocrati” che non hanno la minima idea, se non sulla carta, delle risorse e della peculiarità ecosistemica degli ambienti naturali che sarebbero tenuti a tutelare. Proprio in quest’ottica, dove purtroppo si fa sempre più fatica a prendere decisioni impegnative preferendo i così detti “percorsi alternativi” , termini come correttezza, responsabilità, bene pubblico, tutela ambientale ed “attiva partecipazione popolare ” risultano oramai banditi come fossero del vecchio ed inutile materiale di cui sbarazzarsi velocemente e senza far rumore.

Ecco perché è indispensabile se non prioritario la partecipazione ed il coinvolgimento delle istituzioni locali, associazioni e membri della comunità che conoscono e vivono attivamente il loro territorio.
 Questo coinvolgimento e questa attiva partecipazione pubblica devono rappresentare il punto cardine per trovare nuove soluzioni ai problemi creando, di conseguenza, una nuova educazione ambientale ed una rinnovata consapevolezza ecologica che vada al di là dei semplici confini amministrativi, delle decisioni o delle non decisioni.

Sì… perché anche le non decisioni sono comunque decisioni a tutti gli effetti che hanno lo scopo di depistare cercando di fare calare l’attenzione della “massa popolare” su questioni spinose che interessano il bene della collettività. Dire che non si può fare più niente o che le cose non si possono cambiare è un discorso non più accettabile, come non è accettabile che mentre la barca affonda l’orchestra suoni la “marcia trionfale” in attesa di tempi migliori.

Di Andrea Casarini

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