Cosa potrebbe significare per la parte orientale dell’Ucraina una forza di pace delle nazioni Unite?

Dopo avere per anni rifiutata la proposta ucraina per le forze di pace delle Nazioni Unite nelle zone del conflitto, il 5 settembre il presidente russo Vladimir Putin, mentre parlava con i rappresentanti russi alle Nazioni Unite, ha annunciato un certo sostegno all’invito ucraino. Tuttavia, il piano russo per le forze di pace delle Nazioni Unite in Ucraina orientale deriva in maniera significativa da una proposta iniziale: i peacekeepers dovranno essere posti non in tutte le aree non controllate dal governo, in particolare lungo il confine ucraino-russo, ma limitati alla “linea di demarcazione” tra il governo e il territorio controllato dalle forze ibride russe in Ucraina orientale (http://www.ua-time.com/2017/09/07/ucraina-la-russia-invia-allonu-un-proposta-per-un-dispiegamento-di-forze-di-pace-nel-donbas/)

Dopo il vertice BRICS in Cina, quando a Putin durante una conferenza stampa è stato chiesto di spiegare meglio la sua idea sul dispiegamento delle forze di pace ONU nel Donbas, ha risposto di “non vedere nulla di male in questo …credo che la presenza dei militari delle Nazioni Unite, nemmeno i peacekeepers, ma sarebbero più appropriati coloro che forniscono la sicurezza alla missione OSCE, non vedo niente di male; al contrario, credo che questo aiuterebbe a risolvere la situazione nell’Ucraina sudorientale. Certo, possiamo parlare solo di garantire la sicurezza del personale dell’OSCE”.

Putin ha inoltre notato che “queste forze dovrebbero essere situate solo sulla linea di demarcazione e in nessun altro territorio”, e che il conflitto non sarebbe stato risolto con una sicurezza supplementare, ma “solo dopo aver dissociato le parti e rimosso l’attrezzatura pesante” due situazioni che “non possono succedere senza contatti diretti con i rappresentanti della Repubblica Popolare di Donetsk e della Repubblica Popolare di Lugansk”.

Dopo la dichiarazione, il rappresentante permanente della Federazione Russa alle Nazioni Unite, l’ambasciatore Vassily Nebenzia, ha diffuso un progetto di risoluzione per una missione di pace delle Nazioni Unite, spiegando subito dopo alla stampa: “ho inviato una lettera al presidente del Consiglio di Sicurezza e al Segretario generale, chiedendo loro di trasmettere il progetto di risoluzione per una missione delle Nazioni Unite a sostegno della protezione della missione speciale di monitoraggio dell’OSCE nel sud-est dell’Ucraina”.

Reazioni dall’Ucraina e all’estero
Il ministero ucraino degli affari esteri (AMF) ha risposto alla dichiarazione a sostegno di una missione di pace delle Nazioni Unite, ma ha proposto una missione che vada ad occupare l’intero Donbas, non solo la linea di contatto – la linea di demarcazione di Putin – come già proposto a suo tempo dalla parte ucraina nell’aprile del 2015. AMF è stato anche chiaro nella sua posizione in merito alla partecipazione russa all’operazione di mantenimento della pace: “Nel caso in cui si prendesse la decisione d’avviare un’operazione di mantenimento della pace, è normale che sul territorio ucraino sarebbe fuori questione qualsiasi presenza di militari o di altro personale dello stato aggressore travestito da peacekeepers, in quanto sarebbe in contraddizione con i principi fondamentali delle attività di pace delle Nazioni Unite. Altrettanto fuori dalla logica sarebbe la richiesta di lanciare l’operazione di mantenimento della pace da parte delle formazioni militari illegali operanti nel territorio di alcune parti delle regioni di Donetsk e Lugansk sostenute dal supporto, il finanziamento, la gestione e la logistica della Federazione Russa”.

Il presidente ucraino Petro Poroshenko ha definito la missione dei caschi blu “una vera e propria scoperta nel processo di insediamento pacifico e un potente fattore di de-escalation”, sottolineando che la Russia, come “aggressore” dovrebbe essere esclusa dalla missione di mantenimento della pace proprio in funzione dei principi chiave delle operazioni di pace delle Nazioni Unite e che, al fine di ripristinare l’integrità territoriale dell’Ucraina, gli addetti militari al controllo dovrebbero essere schierati in tutta l’area controllata dalle forze ibride russe.
Durante un’intervista, il rappresentante permanente dell’Ucraina alle Nazioni Unite, Volodymyr Yelchenko, ha espresso preoccupazioni per quanto riguarda la proposta, sottolineando che i peacekeepers dovrebbero trovarsi nell’intera area (rispetto alla linea di demarcazione), ma al fine di monitorare il potenziale traffico militare dalla Russia soprattutto lungo il confine Russia-Ucraina.

Su Facebook, il primo vice presidente della Verkhovna Rada (parlamento ucraino) ha rilasciato una dichiarazione che richiama l’attenzione sul fatto che siccome la linea di contatto (linea di demarcazione) è un prodotto del conflitto, non dovrebbe essere considerato come un confine e quindi sarebbe senza senso inviare i peacekeepers su quella demarcazione, ma invece dovrebbero essere inviati al confine russo-ucraino.
Il ministro degli esteri tedesco Sigmar Gabriel ha espresso sorpresa per la dichiarazione di Putin, ma è rimasto soddisfatto ed ottimista per l’occasione che si è aperta per discutere di una missione di mantenimento della pace nell’Ucraina orientale.

L’ambasciatore Kurt Volker, in risposta alla richiesta di chiarimenti del suo governo riguardo alle forze di pace, ha inviato i suoi primi due tweet da un nuovo account, mostrando alcune riserve applicative sul piano proposto dalla Russia, ma con molta “cautela” ha accolto con favore la proposta.

Sebbene la proposta della missione dei peacekeepers avesse ottenuto una tiepida risposta, seppur positiva, dagli alleati dell’Ucraina in Europa e negli Stati Uniti, le cosiddette Repubbliche separatiste hanno posto ulteriori requisiti alla missione. Questo è tutt’altro che un nuovo sviluppo – all’inizio del 2015, dopo la battaglia a Debaltseve, il presidente ucraino Petro Poroshenko ha chiesto la creazione di una missione di pace delle Nazioni Unite per assicurare l’esecuzione del cessate il fuoco. Le forze ibride russe allora hanno immediatamente denunciato il suggerimento, sostenendo che i peacekeepers sarebbero in violazione del cessate il fuoco.

Poco dopo l’annuncio della proposta di Putin all’ONU, Igor Plotnitsky, il “leader” della cosiddetta Repubblica Popolare di Lugansk (LNR), ha affermato che la LNR considererebbe una missione UN di peacekeeper solo se l’Ucraina rispetta pienamente il cessate il fuoco, il ritiro delle truppe e delle armi. Allo stesso modo, Aleksandr Zakharchenko, il “leader” della cosiddetta Repubblica Popolare di Donetsk (DNR), ha affermato che la DNR considererà una missione di pace delle Nazioni Unite solo dopo che l’Ucraina “adempie” ai propri obblighi sotto la sezione di sicurezza degli accordi di Minsk, cioè il ritiro delle armi pesanti, aggiungendo che l’OSCE e che il formato Normandia (Germania, Francia, Ucraina e Russia) dovrebbero obbligare l’Ucraina all’adempimento degli obblighi derivategli dagli accordi di Minsk. Denis Pushilin, il “presidente” della cosiddetta DNR, ha sostenuto che le forze di pace delle Nazioni Unite per garantire la sicurezza dell’OSCE SMM sarebbero appropriate, ma solo dopo che fosse entrato in vigore un cessate il fuoco totale.

Cosa comporterebbe questa missione di mantenimento della pace?
Siccome l’SMM di OSCE affronta costanti minacce e impedimenti al controllo della sicurezza, le parti del conflitto hanno espresso preoccupazione e sostegno alla missione. La Russia come motivo della missione di pace della Nazioni Unite, sta principalmente citando queste condizioni come “sempre più pericolose”.

Come ha riferito @DFRLab, l’OSCE SMM si trova ad affrontare gravi minacce alla sicurezza nell’Ucraina orientale, in gran parte a causa di campagne di disinformazione anti-SMM organizzate da fonti separatiste russe e dalla Russia”.
Come esattamente i soldati di pace sarebbero stati impiegati nel Donbas non è ancora stato determinato, infatti c’è la Russia che propone di concentrarli principalmente a protezione dell’OSCE SMM sulla linea di demarcazione, mentre l’Ucraina spinge per una presenza in tutta l’area non controllata dal governo.

Nella peggiore delle ipotesi i peacekeepers potrebbero avere un notevole impatto positivo e fornire protezione e sicurezza nei punti di controllo civili dove sono faccia a faccia i soldati del governo e quelli delle forze russe. Lungo la linea di contatto ci sono circa una dozzina di punti di attraversamento, in cui, nonostante la continua lotta, si sviluppa un significativo traffico, e, come ha descritto @DFRLab in numerosi rapporti, questi check point sono alcune delle aree più vulnerabili della zona di conflitto con migliaia di civili che li attraversano ogni giorno, con numerosi violenti incidenti che hanno già portato a decine di morti civili.
Una missione di mantenimento della pace sulla linea di demarcazione sarebbe in ogni caso un’operazione significativa, ma sapere esattamente dove questi militanti si trovano, chi sono, cosa fanno, quante armi hanno, come le usano e quando, è un problema difficile da risolvere, vista la fluidità della linea di demarcazione.

La “linea di demarcazione”
Sulla base dell’istruzione di Putin e delle informazioni finora fornite dal governo russo, non è ancora chiaro dove è la “linea di demarcazione”. La mancanza di chiarezza dal lato russo è un problema, perché la linea di contatto attuale è notevolmente diversa dalla linea di demarcazione stabilita dai protocolli e dagli accordi di Minsk del 2014-15.
In particolare, la linea di demarcazione individuata al momento del protocollo di Minsk indica Debaltseve, un centro strategico e logistico chiave, sotto il controllo ucraino.

I militari russi nell’ex Unione Sovietica
Come Stato membro delle Nazioni Unite, la Federazione Russa ha partecipato ad una serie di missioni di pace, anche se alcune più controverse di altre. In particolare, il personale russo ha partecipato a tre missioni di mantenimento della pace nell’ex Unione Sovietica: in Georgia (Ossezia meridionale / Abkhazia), Moldavia (Transnistria) e Tagikistan. La Russia ha concluso le sue operazioni di mantenimento della pace in Tagikistan dopo la fine della guerra civile. Contrariamente, in Ossezia del Sud e in Abkhazia, le linee tra le forze di pace e le forze occupazionali sono state spesso sfuocate negli anni ’90 e nel 2008 durante la guerra russo-georgiana – una situazione che si teme possa succedere in Ucraina orientale. La missione si è conclusa nel 2009 “per mancanza di consenso tra i membri del Consiglio di sicurezza su un’estensione del mandato”.

Mentre le operazioni di mantenimento della pace in Tagikistan e Georgia / Sud Ossezia / Abkhazia sono formalmente terminate, la Russia mantiene una sua “operazione di mantenimento di pace” nella regione transnistriana della Moldavia orientale, dove ha “solo un battaglione di soldati russi” nella regione, come riportato dal ministero russo della difesa (MoD). La Russia ha dispiegato il suo gruppo operativo delle forze russe in Transnistria fin dagli anni ’90, con circa 500 militari di pace e 1.000 soldati, secondo i recenti conteggi. Nel luglio del 2017 il Parlamento moldavo ha formalmente invitato la Russia a ritirare le sue forze dalla Transnistria, ricevendo critiche dal ministro degli esteri russo, Sergey Lavrov. L’anno scorso l’inviato speciale del ministero degli esteri russo, Sergey Gubarev, ha citato la situazione in Ucraina come il “motivo per cui la Russia non è in grado di porre fine alla sua presenza militare in Transnistria”.

Le missioni di mantenimento della pace in Transnistria e Ossezia meridionale / Abkhazia non potrebbero essere i peggiori scenari per il Donbas, in quanto la Russia è in grado di aggirare il sistema internazionale e mettere in atto un’occupazione indefinita, il “congelamento”. Tuttavia, con un ambito più limitato della missione di mantenimento della pace e la cooperazione degli alleati dell’Ucraina in Occidente, questo scenario sembra improbabile.

Conclusione
Mentre l’introduzione di un’operazione di pace delle Nazioni Unite nel Donbas sembra essere un passo positivo verso la fine del conflitto nell’Ucraina orientale, questo progetto di risoluzione, senza un significativo progresso politico, sembra problematico. Parlando a RFE / RL, il giornalista russo Pavel Felgenhauer, ha espresso pessimismo verso il potenziale proposto dall’operazione:
“Sotto lo scenario migliore, mentre lavorano accanto ai monitor dell’OSCE circa 200, forse fino a mille persone saranno come se fossero nel Bangladesh, Senegal e altrove nel Terzo Mondo. Non cercheranno di determinare [chi è colpevole] nient’altro che un semplice monitoraggio. L’Ucraina non otterrà nulla da questo”.

Mentre l’introduzione di una missione di pace delle Nazioni Unite non può portare un impatto positivo sostanziale verso una risoluzione del conflitto, potrebbe però realizzare potenziali miglioramenti, come ad esempio l’adempimento sotto Minsk delle disposizioni di ritiro delle armi, una riduzione del rischio e delle molestie destinate all’OSCE, un ambiente più sicuro per i civili nei punti di controllo che separano i governi e nelle aree non controllate dal governo nel Donbas.

Gabrielis Bedris