L’avventura di Gentiloni continua. Nel frattempo, i provvedimenti normativi che dovrebbero “salvare” l’Italia non ci sono ancora. Da noi, resta complesso far maturare le premesse atte a risolvere i maggiori problemi che, da circa sette anni, ci angustiano. Secondo la strategia dell’Esecutivo, ovviamente condivisa da una maggioranza parlamentare atipica, entro il 2018 la Penisola dovrebbe aver cambiato “pelle”. La recessione sarebbe un ricordo e la ripresa una concreta realtà.
Del resto, proprio per non determinare una flessione più generale del problema Tutto procede bene, ma solo a parole. Però le grandi economie, tipo quella tedesca, si sono defilate dalle iniziative di Gentiloni; pur non potendo interferire nelle questioni interne di una Penisola che avrebbe bisogno di tutto e alla quale è offerto, a caro prezzo, sempre meno. L’analisi dell’attuale realtà di mercato non ci conforta. Non basta uno “slogan” per determinare una concreta inversione di tendenza che, da noi, dovrebbe essere preceduta da un progetto per ridare stimolo alla produttività. L’ottimismo di comodo non convince più nessuno.
Quando i progetti indugiano sulla carta, l’economia resta inchiodata sul Golgota della recessione. Dato che il fatto non può essere sottaciuto, sarebbe meglio affrontarlo con i mezzi dei quali, realmente, possiamo disporre. Cioè ben pochi. Tutto il resto è spettacolo e neppure di buona lega. Gli italiani hanno bisogno di concretezza. Del resto, questo è il terzo Esecutivo che vive al limite dalla fiducia Parlamentare.
Sono cambiati i partiti, si sono andati a modificare anche i loro programmi. L’opposizione è solo formale e le nuove, possibili, alleanze restano confinate al varo di una nuova normativa della quale mancano ancora concreti contenuti applicativi. Per tentare di uscire dal tunnel della crisi, ci vorrebbero proposte differenti; se non nuove, almeno originali. Invece, si tira avanti con le usuali assicurazioni che si presentano bene, ma enunciano poco. I “fatti” e i “misfatti” d’Italia verranno al pettine.
Intanto, la disoccupazione saluta l’autunno con una percentuale ancora a due cifre.
Giorgio Brignola