Il governo russo ha di recente annunciato un aumento delle imposte sulla benzina

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Il prezzo al dettaglio aumenterà, entro la fine del prossimo anno, di oltre un rublo per litro, o di circa il 2,5 per cento del suo prezzo di mercato corrente; questo perché in linea di principio, l’attuale legge fiscale autorizza un aumento massimo di imposta per la vendita al dettaglio della benzina di 30 copeiki ogni sei mesi, quindi l’aumento si veriicherà in tre successivi stadi.

Inoltre, il governo ha anche reso noto che gli operatori di rete cellulari russi dovranno pagare di più per contribuire al cosiddetto “Servizio di Riserva Nazionale”, nel quale fino ad oggi hanno versato solo l’1,2% delle loro entrate totali. La manovra governativa è stata attuata nel disperato tentativo di raccogliere 165 miliardi di rubli (2,86 miliardi di dollari) fortemente necessari per i progetti infrastrutturali della occupata Crimea, di Kaliningrad e l’Estremo Oriente russo.

E, siccome il governo si trova a dover operare con budget “super controllati” e vincolati – per la stagnazione economica interna, le sanzioni internazionali e i prezzi petroliferi cronicamente bassi – ha chiaramente cercato di spostare l’onere fiscale delle società statali sul grande pubblico. L’indirizzo adottato dalla dirigenza però, ci fa trarre delle conclusioni.

Innanzitutto, per la prima volta in assoluto, il governo russo sta “estraendo” dai propri consumatori del denaro da un particolare settore. I “fondi ricavati dalle benzine” verranno specificatamente utilizzati per costruire nuove autostrade in Crimea e Kaliningrad; mentre gli importi derivati dalle imposte addebitate agli operatori mobili dovrebbero finanziare un cavo in fibra ottica subacqueo che collega San Pietroburgo a Kaliningrad. Il disavanzo complessivo delle finanze statali del paese sta diventando sempre più visibile e l’annuncio del governo relativo alle suddette imposte, dovrebbe rendere più facile dare spiegazioni agli arrabbiati cittadini di dove verranno usati i loro soldi; tuttavia, ciò che è necessario sottolineare è che i ricavi previsti, non saranno in grado di coprire tutte le esigenze di governo. Pertanto, nei prossimi anni, la popolazione si dovrà preparare a ricevere ulteriori aumenti dei prezzi, giustificati come un sostentamento “dell’interesse nazionale”.

In secondo luogo, i due tributi recentemente annunciati, assomigliano ad una specie di “tassa di solidarietà”, comminata ad ogni cittadino per raccogliere fondi per le parti più sensibili e “strategiche” del paese. Crimea, l’exclave di Kaliningrad e la parte orientale della Russia sono tutte regioni che sono rappresentate come le più “vulnerabili” ad una aggressività esterna. Infatti, nel 2014, il Cremlino voleva introdurre una formale “tassa di solidarietà” per i cittadini più ricchi della nazione per modernizzare la Crimea; ma la mossa è stata accantonata per la diffusa disapprovazione che aveva attivato. Ora, il governo sembra tentare ancora una volta la imposizione di una gabella, non più diretta ad un solo ceto sociale, ma quasi universale, e la sta presentando come una “contribuzione per transazioni settoriali” che colpisce solo coloro che usufruiscono di specifici servizi.

In terzo luogo, il governo ha inviato al pubblico il chiaro segnale che i russi non si debbono più aspettare dal governo servizi con prezzi di “favore”. Oggi il prezzo della benzina in Russia si aggira intorno ai 0,60 euro per litro, mentre è possibile acquistare un pacchetto che include 20 ore di chiamate e dati cellulari illimitati per soli 15 euro al mese; i prezzi della benzina in Russia sono del 30 per cento più bassi che in Ucraina e del 60 per cento in meno rispetto alla Finlandia, mentre i collegamenti telefonici cellulari sono i più economici d’Europa. Le ultime mosse da parte delle autorità, tuttavia, mostrano che i prezzi verranno artificialmente “adeguati”, anche se, considerando la bassa inflazione nazionale e i rincari del reddito personale, non esiste nessun valido motivo per aumentarli.

Il disegno del Cremlino sembra molto chiaro: nelle attuali difficili condizioni economiche ha deciso di spremere i cittadini comuni, piuttosto che solo i ricchi, giustificando la mossa come “una necessità strategica nazionale” e limitata a solo alcuni settori.

La meraviglia potrebbe toccarci proprio perché, con le elezioni che si stanno avvicinando, mettere sul piatto due balzelli che colpiscono tutti, non sembra molto strategico, ma in realtà Vladimir Putin ha ben poco da temere per ora. Senza forze politiche o addirittura individui che seriamente possono concorrere per le prossime elezioni, è sicuramente meglio applicare oggi delle nuove tasse, piuttosto che imporle quando la campagna è quasi giunta al suo termine, o peggio ancora, subito dopo che il nuovo presidente avrà ricevuto l’incarico.

Da anni, gli analisti hanno insistito di una sorta di “consenso di Putin” a permettere all’élite dirigente di privare il popolo dei suoi diritti e delle libertà politiche in cambio di un aumento della qualità della vita e del benessere personale; ma ora, gli stessi esperti affermano che il consenso è stato sostituito da uno nuovo, basato sulla volontà popolare pronta ad affrontare le difficoltà in cambio del ripristino della grandezza imperiale della Russia. Tuttavia, come suggeriscono fortemente i nuovi aumenti di imposte sulla benzina e telefonia, la lettura del “consenso di Putin” spostata su un altro “accordo” può essere del tutto sbagliata. La facilità con cui Putin apparentemente è in grado di togliere ai suoi “soggetti” i loro “benefici naturali”, dimostra che il suo rapporto con il popolo russo non è mai stato impostato come un “affare reciproco”.

Infatti, il tradizionale approccio russo ai servi si basava sull’ipotesi che il governatore potesse esprimere la sua generosità, ma non era obbligato a farlo, ed è molto probabile che l’attuale élite russa accetti questa linea di pensiero e, credendo di non essere limitata “dal consenso del governato”, si senta libera di fare tutto ciò che vuole senza alcun tipo di contro-reazione popolare. Se questa presunzione ha ragione, la Russia probabilmente continuerà a scivolare verso un regime sempre più autoritario, una tendenza forse “bloccata”, in un futuro non molto lontano, da una tipica rivolta russa.

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