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Se si prova a esaminare gli anni di questo nuovo Millennio, si coglie che il triennio 2014/2016 ha avuto una valenza ricca di contenuti politici e d’interrogativi sul futuro del Paese. Nel gennaio del 2014, dopo un breve e tribolato Esecutivo, dava le dimissioni da Presidente del Consiglio Enrico Letta (PD). Il ventidue dello stesso mese, a sorpresa, Matteo Renzi (PD) varava il suo Governo. Nel gennaio 2015, Giorgio Napolitano dava le dimissioni da Capo dello Stato. Dopo un lungo mandato iniziato nel maggio del 2006.

 In questo suo periodo al Quirinale, si sono succeduti sei Capi di Governo e d’Esecutivi al seguito. Senza volerci addentrare nelle motivazioni di questi ”cambi”, resta che, da noi, il Parlamento non è stato più eletto dal Popolo italiano e i partiti, nello stesso periodo, si sono frantumati e rigenerati in modo esponenziale. Nel 2016, è stato il momento di Gentiloni. Però, la maggioranza parlamentare che ha consentito la vita di ben sette Esecutivi non è mai, effettivamente, mutata.

  Dopo questo 2017 di transizione, il 2018 sarà quello delle riforme, soprattutto politiche. Proprio quelle che non hanno trovano generale sintonia nel nostro attuale Potere Legislativo.

Anche se non siamo usi fare delle supposizioni, riteniamo che il prossimo anno sarà quello delle novità sul fronte politico nazionale.

Col 2018, ogni mese potrebbe essere quello buono per dare nuova ”veste” a un Parlamento di nomina popolare. Il processo di cambiamento, accompagnato da una crisi economica spiccata, ma annunciata, ha preso forza proprio in quest’ultimo biennio.

Dopo i mutamenti, di scarsa applicazione, l’Italia ha da ritrovare quell’equilibrio sul quale avevamo valutato al varo di questa Terza Repubblica. Ovviamente, con programmi ben differenti da quelli che ci sono stati propinati e, poi, non realizzati.

Giorgio Brignola

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