Accertamento della velocità mediante dispositivi elettronici

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Vigili con autovelox

Premessa

 La velocità è una delle cause più frequenti degli incidenti stradali, per cui il legislatore, al fine di garantire quanto più possibile la sicurezza della circolazione e la tutela della vita umana, se ne è occupato con particolare attenzione, ponendo limiti rapportati al tipo di strada e di veicolo circolante.

L’art. 142, dunque, stabilisce precisi criteri per fissare i limiti di velocità:

  • limiti imposti per categoria di strada;
  • limiti imposti per categoria di automezzi.

Limiti imposti per categoria di strada

  1. per le autostrade il limite massimo è di 130 Km/h, che può essere elevato a 150 Km/h nelle autostrade a tre corsie più corsia di emergenza per ogni senso di marcia, dotate di apparecchiature debitamente omologate per il calcolo della velocità media (tutor) di percorrenza su tratti determinati, che presentino idonee caratteristiche progettuali ed effettive del tracciato, previa installazione degli appositi segnali, sempre che lo consentano l’intensità del traffico, le condizioni atmosferiche prevalenti ed i dati di incidentalità dell’ultimo quinquennio; in caso di precipitazioni atmosferiche, il limite massimo è fissato in 110 Km/h,
  2. per le strade extraurbane principali il limite è di 110 Km/h;
  3. per le strade extraurbane secondarie e per le strade extraurbane locali il limite è di 90 Km/h;
  4. pe le strade nei centri abitati il limite è di 50 Km/h, elevabile sino a 70 Km/h per le strade urbane le cui caratteristiche costruttive e funzionali lo consentano, comunque sempre previa installazione di apposito segnale.

Limiti diversi possono essere stabiliti dagli enti proprietari delle strade, sempre previa installazione del relativo segnale.

Della definizione e classificazione delle strade si occupa l’art. 2 del codice della strada.

  • limiti imposti per categorie di veicoli

I limiti e le categorie di veicoli sono indicati nel comma 3 dell’art. 142 a cui si rinvia.

Va ricordato che il rispetto dei limiti suddetti non è sempre sufficiente per garantire la sicurezza della circolazione, dovendosi tener conto anche delle norme di cui all’art. 141 in ordine alla velocità adeguata. E, comunque, gli utenti della strada devono sempre tenere una condotta di guida ispirata a prudenza e diligenza, non confidando nel fatto che gli altri utenti si attengano alle prescrizioni sulla circolazione.

Rilevazione

Le violazioni sono rilevate con apparecchiature ritenute idonee allo scopo.

Secondo il comma 6 dell’art. 142, per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità da parte degli utenti della strada gli organi di polizia possono utilizzare apparecchiature elettroniche, quali autovelox, telelaser, tutor e ogni altra apparecchiatura che consentono il calcolo della velocità media di percorrenza.

Costituiscono, inoltre, fonti di prova le registrazioni del cronotachigrafo e i documenti relativi ai percorsi autostradali.

L’art. 345 del DPR 16 dicembre 1992, n. 495, detta le norme che concernono la costruzione delle apparecchiature in questione, la loro omologazione e la loro gestione.

La legittimità delle rilevazioni tramite apparecchiature elettroniche.

In relazione alle apparecchiature destinate alla rilevazione delle infrazioni al codice della strada, anche in considerazione delle conseguenze che si riversano sugli utenti della strada, sono sorte diverse questioni affrontate e risolte dalla Cassazione in termini non sempre condivisibili.

Un primo problema sorge nella necessità di individuare le fonti normative che attribuiscono la legittimità delle rilevazioni a mezzo delle apparecchiature elettroniche.

Il comma 6 dell’art. 142 del codice stradale statuisce che, per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità, sono considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate, nonché le registrazioni del cronotachigrafo e i documenti relativi ai percorsi autostradali, come precisato dal regolamento.

L’art. 345 del DPR n. 495/1992 (regolamento) dispone che le apparecchiature utilizzate per il controllo della velocità: a) devono fissare la velocità del veicolo in un dato momento in modo chiaro e accertabile, tutelando la riservatezza dell’utente; b) devono essere approvate dal Ministero delle Infrastrutture; c) al valore rilevato deve essere applicata una riduzione del 5%, con un minimo di 5 Km/h; d) nella riduzione è compresa anche la tolleranza strumentale.

La necessità di omologazione delle apparecchiature di rilevazione automatica della velocità, ai fini della validità del relativo accertamento, va riferita al singolo modello e non al singolo esemplare, come si desume, sul piano logico e letterale, dall’art. 345, comma 2, d.P.R. 16 dicembre 1992 n. 495, come modificato dall’art. 197 d.P.R. 16 settembre 1996 n. 610, secondo cui non ciascun esemplare ma “le singole apparecchiature” devono essere approvate dal Ministero dei lavori pubblici. Conforme è l’orientamento della Cassazione (Cass. civ. n. 14217/2011).

Ne consegue che l’accertamento delle violazioni alle norme sulla velocità deve ritenersi provato sulla base: a) della verbalizzazione dei rilievi tratti dalle apparecchiature previste dal comma 6 dell’art. 142; b) delle constatazioni personali degli agenti. Si ricordi che il verbale è atto pubblico dotato di fede privilegiata in ordine ai fatti che l’agente dichiari essere stati percepiti da lui in modo diretto.

L’attendibilità delle rilevazioni eseguite dalle apparecchiatura

I dubbi espressi dagli automobilisti circa l’attendibilità delle rilevazioni eseguite con i dispositivi elettronici hanno trovato accoglienza nella prevalente giurisprudenza di pace, secondo cui sarebbe stato necessario sottoporre le apparecchiature elettroniche al controllo da parte di organi tecnici che periodicamente dovrebbero controllare la loro perfetta funzionalità (taratura), come esige la legge n. 273 del 1991. Al contrario la Cassazione, fino al contrario pronunciamento della Corte Costituzionale (sentenza n. 113/2015)e, stabiliva che l’attendibilità dello strumento rilevatore del superamento dei limiti di velocità sarebbe presunta, essendo onere dell’utente della strada dimostrare (probatio diabolica), sulla base di circostanze da lui allegate (e debitamente provate) il difetto di costruzione, installazione o funzionamento del dispositivo elettronico (Cass. civ., sez. un., n. 23304/2010).

Dunque, secondo la prevalente giurisprudenza dei giudici di pace, trattandosi di accertamenti che incidono, talvolta anche pesantemente, sulle attività dei cittadini, le apparecchiature in questione devono essere sottoposte a verifiche periodiche. In particolare, è necessario sottoporle periodicamente ai controlli previsti dalla legge n. 273 del 1991, istitutiva del sistema nazionale di taratura, in quanto la sola omologazione da parte del Ministero delle Infrastrutture non sarebbe sufficiente a garantire la correttezza degli accertamenti. Inoltre, la taratura dell’apparecchio deve essere certificata dai centri SIT, i soli autorizzati a rilasciare il certificato di taratura.

Ma sia il Ministero sia la Cassazione hanno sempre sostenuto il contrario.  Ultimamente, però, la seconda sezione della Corte di Cassazione civile ha manifestato, al riguardo, qualche dubbio, rimettendo al vaglio della Corte Costituzionale la questione della legittimità dell’esenzione dalla periodica taratura sollevando l’eccezione di legittimità costituzionale della norma di cui all’art. 45 del codice della strada.

Non è manifestamente infondata, con riferimento all’art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 45 cod. strada, nella parte in cui non prevede che le apparecchiature di accertamento della violazione dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e taratura, apparendo irragionevole escludere tali complesse apparecchiature, che svolgono accertamenti irripetibili, dall’applicazione della normativa generale della legge 11 agosto 1991, n. 273, sul sistema nazionale di taratura (Cass. civ. n. 17766/2014)

Taratura periodica: la Corte Costituzionale detta le regole[1]

La Corte Costituzionale, esaminati i dubbi espressi dalla seconda sezione della Cassazione, con la sentenza n. 113/2015, dichiarava  l’illegittimità costituzionale dell’art. 45, comma 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura.

Secondo la Corte, “l’assenza di verifiche periodiche di funzionamento e di taratura è suscettibile di pregiudicare l’affidabilità metrologica a prescindere dalle modalità di impiego delle apparecchiature destinate a rilevare la velocità. Non risolutivo appare in proposito quanto previsto dalla direttiva del Ministero dell’interno 14 agosto 2009, laddove si afferma che la rilevazione della cattiva funzionalità sarebbe garantita dalle apparecchiature <dotate di un sistema di autodiagnosi dei guasti che avvisano l’operatore del loro cattivo funzionamento>. E’ evidente che il mantenimento nel tempo dell’affidabilità metrologica delle apparecchiature è un profilo che interessa anche i meccanismi di autodiagnosi che appaiono suscettibili, come le altre parti delle apparecchiature, di obsolescenza e di deterioramento”.

Dunque, la Corte Costituzionale ha mostrato di essere pragmatica quanto molti tecnici che, non condividendo l’orientamento espresso costantemente dalla Cassazione, hanno sempre sottolineato che qualsiasi strumento di misura, specie se elettronico, è soggetto a variazioni delle sue caratteristiche e quindi a variazioni dei valori misurati dovute a invecchiamento delle proprie componenti e ad eventi quali urti, vibrazioni, shock meccanici e termici, variazioni della tensione di alimentazione.

L’uso indiscriminato delle apparecchiature in questione non pregiudica solo la loro affidabilità “ma anche la fede pubblica che si ripone in un settore di significativa rilevanza sociale, quale quello della sicurezza stradale”. Considerato che, ai sensi del comma 6 dell’art. 142 del Codice della Strada, costituiscono fonti di prova per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità le apparecchiature debitamente omologate, le registrazioni del cronotachigrafo e i documenti relativi ai percorsi autostradali, la sentenza della Corte Costituzionale ha fatto chiarezza sul bilanciamento delle opposte esigenze rappresentate, da un lato, da interessi pubblici e privati estremamente rilevanti (la sicurezza della circolazione, la garanzia dell’ordine pubblico, la preservazione dell’integrità fisica degli individui, la conservazione dei beni) e, dall’altro, valori – altrettanto importanti – quali la certezza dei rapporti giuridici e il diritto di difesa della persona sanzionata. In conclusione, “Il ragionevole affidamento che deriva dalla custodia e dalla permanenza della funzionalità delle apparecchiature, garantita quest’ultima da verifiche periodiche conformi alle relative specifiche tecniche, degrada tuttavia in assoluta incertezza quando queste ultime non vengono effettuate”. 

Dunque, l’art. 45, comma 6, del d.lgs. n. 285 del 1992 – come interpretato dalla consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione – deve essere dichiarato incostituzionale in riferimento all’art. 3 Cost., nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e taratura (Corte Cost. 18 giugno 2015, n. 113).

Il Ministero degli Interni ha fornito, con la circolare n.  300/A/4745/15/144/5/20/5 del 26 giugno 2015, i chiarimenti che si sono resi necessari in seguito alla sentenza n. 113/2015. In particolare, precisa: a) le apparecchiature che già sono sottoposte a verifica periodica (iniziale e annuale) non necessitano di particolari procedure di adeguamento;

  1. b) le altre apparecchiature, per le quali i costruttori o i decreti di approvazione non hanno previsto alcuna verifica periodica di funzionalità, nel rispetto dei principi enunciati dalla Corte Costituzionale non potranno più essere utilizzati fintanto che non verranno sottoposti ad opportuna verifica tecnica.

Successivamente, con il decreto 13/05/2017, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti precisava: a) la taratura deve essere disposta, con cadenza almeno annuale, per la verifica della precisione di misura sia dei proptotipi sia dei singoli esemplari degli apparecchi; b) le verifiche di taratura, iniziali e periodiche, devono essere eseguite, “con emissione di certificato di taratura, da soggetti che operano in conformità ai requisiti della norma UNI CEI EN ISOIEC 17025:2005 (e future revisioni) come laboratori di taratura, accreditati da ACCREDIA o da altri soggetti di Accreditamento firmatari a livello internazionale degli accordi di mutuo riconoscimento”

Infine, è opportuno sottolineare che “Le postazioni di rilevamento temporanee sono presegnalate con segnali temporanei del tutto simili a quelli permanenti e con le stesse modalità e distanze di installazione. Possono essere utilizzati segnali collocati in modo permanente sulla strada solo se la posizione dei dispositivi di rilevamento è stata oggetto di una preventiva e concordata pianificazione ed il loro impiego in quel tratto di strada non è occasionale ma, per la frequenza dei controlli, assuma il carattere di sistemacità” (decreto 13/05/2017 Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti).

Raffaele Vairo

raffavairo@gmail.com

[1]    Per approfondimenti si rinvia al volume “Le principali contravvenzioni stradali di F. e R. Vairo, 2016, Giappichelli editore.

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