Andrea Chénier il poeta, tra Foggia, Milano e il teatro alla Scala

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di Pierfranco Moliterni

Non sono ancora del tutto spenti gli echi sulla eccezionale ‘prima’ di S. Ambrogio del 7 dic. a Milano, al teatro alla ‘Scala’, un appuntamento atteso  da tutto il mondo: prova ne è la trasmissione tv in diretta live con collegamenti in mondovisione, a riprova del favore internazionale che ancora esiste per la musica lirica prodotta nel nostro Paese, a dispetto di ignoranza, di superficialità o peggio di colpevole incompetenza che si spreca, in lungo e in largo, e che interessa persino le più alte cariche dello Stato. Si dà infatti il caso che la on.le Valeria Fedeli (attuale ministra della istruzione e della università) abbia recentemente espresso il suo ‘disappunto’ per il mancato sviluppo (ancora!) delle discipline musicali nella scuola italiana. «Non si preoccupino i genitori dei nostri ragazzi… io non permetterò che essi ignorino le musiche e i testi delle canzoni di Lucio Dalla e di Baglioni»”. Proprio così: Dalla e Baglioni restano, per la sig.ra Ministro, il massimo possibile della cultura musicale italiota, il massimo possibile della poeticità legata alla musica!!

Concetti e scandalizzate rimostranze, le nostre, che ci sono venuti alla mente mentre ascoltavamo e vedevamo in diretta l’opera Andrea Chénier dalla Scala con tanto di notevoli interpreti: cantanti, direttore d’orchestra, regista, scene e costumi al massimo grado possibile. Infatti il testo, le parole scritte nel 1896 da Luigi Illica per la musica del pugliese -foggiano doc Umberto Giordano (1867-1948) sono e restano poeticamente ben altra cosa che non le minuscole versificazioni dei due suddetti cantautori: musichette e poesiole, le loro, che durano tre minuti di contro alle 3 ore e passa di grande musica e di alta poesia scritti, appunto, da Giordano e Illica il quale fu, tra l’altro, uno dei volontari di Garibaldi della spedizione dei Mille. 

Che ignoranza dunque, nel merito di una delle eccellenze della nostra alta cultura certamente non canzonettara, quella cultura musicale che si dovrebbe scrivere alla tedesca con la k ‘dura’ di Kultur proprio per sottolineare il peso della musica lirica, la quale resta (a dispetto di tutti, compreso l’on. Ministro) una delle inossidabili identità dell’Italia riconosciute in ogni parte del mondo civile, ma non da noi…. Questo concetto, del resto, l’avevamo noi stessi sciorinato in una lezione ad uso degli studenti di una IV classe del Liceo Artistico “Pascali-De Nittis’ di Bari nel quadro delle iniziative ministeriali per l’alternanza Scuola-Lavoro. La organizzazione dell’egregio direttore Antonio Peragine era curata in grazie del nostro quotidiano on line (Il Corriere Nazionale); erano presenti una trentina di studenti abbastanza interessati per cercar di capire cose era stata la millenaria storia dei teatri europei, da quello greco classico di Epidauro nel III sec. a.C. sino al teatro S.Carlo di Napoli del 1746 e al teatro Piccinni di Bari del 1854. E’ stata una veloce carrellata per quei futuribili ‘artisti’ i quali, per colpa dei programmi ministeriali disattesi anche dalla ministra di cui sopra, ignorano del tutto uno dei più splendidi e storici patrimoni del nostro Paese in cui, nel 1600, nacque quel  melodramma, quel teatro d’opera e/ o teatro musicale che attorno ad esso, e per esso, ha costruito spazi artistici splendidi e imitati in ogni dove.

Le coincidenze pugliesi con la prima alla Scala non si fermano qui, in quanto la storia di amore, fedeltà alla patria e scacco finale con la morte per ghigliottina di Maddalena e di Andrea Chénier, come abbiamo detto era stata pensata e poi attuata sul pentagramma musicale (e che musica!) da un nostro conterraneo: Umberto Giordano che era ‘emigrato’ a Milano e cercava di imporsi nel clima del verismo letterario e musicale del suo tempo. E già… quel Giordano che scrive questo capolavoro alla bella età di soli 29 anni!!

Pierfranco Moliterni 

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