Femminicidio. Il Papa ne ha parlato, come mi auguravo

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Non è la prima volta che mi aspetto qualcosa da Papa Francesco, e quel qualcosa arriva. Il 2 luglio del 2013 scrivevo sul quotidiano Liberazione la lettera che segue.

«Hanno ballato sotto la pioggia e si sono fatte filmare. Per questa ragione due sorelle di 15 e 16 anni sono state uccise in Pakistan. Ammazzate per ordine del fratellastro  che aveva giudicato il filmato lesivo dell’onore della famiglia. Notizia nuova da Pakistan? No. Circa un anno fa ad essere uccise furono quattro donne poiché avevano commesso la grave colpa di avere cantato e ballato con uomini. E le notizie di donne uccise in India sono forse nuove? E sono forse nuove le notizie di donne uccise nel nostro civilissimo Paese? Ma queste notizie non nuove giungeranno  a questo Papa che  dice cose nuove? Giungeranno a questo Papa così attento agli ultimi, al prossimo? Impossibile che non gli giungano. E allora, caro papa Francesco, che cosa aspetti a  dire una parola in proposito, visto che non l’hanno mai fatto i tuoi predecessori, e neppure i vescovi? Oppure le donne maltrattate, segregate, umiliate, offese, ammazzate non rientrano nel concetto di “prossimo”? Perché non parli, caro papa Francesco? Certo, se le donne ascoltassero san Paolo, se si comportassero come brave schiave, potrebbero evitare d’essere uccise. Ma non è possibile che sia questo il tuo pensiero, vero papa Francesco? E allora perché non parli?».

E il Papa ne ha parlato, come mi auguravo, ha tardato un po’ a parlarne ma ne ha parlato. Nel 2015, sul volo di ritorno da Cracovia: «Tutti i giorni quando tutti i giorni quando sfoglio i giornali vedo, ad esempio qui in Italia, omicidi, di mogli e di suocere. E questi sono fatti da cattolici». E sabato scorso, a Trujillo: «Guardando alle madri e alle nonne, voglio invitarvi a lottare contro una piaga che colpisce il nostro continente americano: i numerosi casi di femminicidio. E sono molte anche le situazioni di violenza che restano silenziate dentro tante pareti. Vi invito a lottare contro questa fonte di sofferenza chiedendo che si promuova una legislazione e una cultura di ripudio a qualunque forma di violenza». Meglio tardi che mai.

Renato Pierri

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