In Italia aumentano ancora le spese militari

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Fonte: The Globalist  Il famoso film di Alberto Sordi è ancora valido: finché c’è guerra c’è speranza. E, nel nostro caso, anche se c’è la possibilità di guerra la speranza c’è: spese militari italiane in aumento, soprattutto per nuove armi ma anche per il nucleare: 25 miliardi di euro nel 2018 (1,4% del Pil), con un aumento del 4% rispetto al 2017, che rafforza la tendenza di crescita avviata dal governo Renzi (+8,6 % rispetto al 2015). E’ quanto emerge dal rapporto Mileurox 2018, presentato oggi alla Sala stampa della Camera alla presenza di Daniel Högsta, coordinatore della campagna Ican (International Campaign to Abolish Nuclear Weapons) insignita del Premio Nobel per la Pace 2017.
Crescono nel 2018 il bilancio del ministero della Difesa (21 miliardi, +3,4% in un anno, +8,2% dal 2015) e i contributi del ministero dello Sviluppo economico all’acquisto di nuovi armamenti (3,5 miliardi di cui 427 milioni di costo mutui, +5% in un anno, +30% nell’ultima legislatura, +115% nelle ultime tre legislature) per i quali nel 2018 verranno spesi 5,7 miliardi (+7% nell’ultimo anno e +88% nelle ultime tre legislature). Tra i programmi di riarmo nazionale in corso, elencati nel Rapporto Mileurox, i più ingenti sono le nuove navi da guerra della Marina, tra cui la nuova portaerei Thaon di Revel, i nuovi carri armati ed elicotteri da attacco dell’Esercito, e i nuovi aerei da guerra Typhoon e F-35.
Agli F-35 il Rapporto dedica un approfondimento che analizza “costi effettivi (50 miliardi con i costi operativi), reali ricadute industriali e occupazionali, difetti strutturali (che rischiano di mettere fuori servizio gli F-35 finora acquistati dall’Italia per 150 milioni l’uno) e funzione strategica di questo sistema d’arma prettamente offensivo e intrinsecamente contrario all’articolo 11 della Costituzione italiana e al Trattato di non proliferazione nucleare”.

Un altro approfondimento riguarda proprio i costi della ”servitù nucleare” legata alle spese di stoccaggio e sorveglianza delle testate atomiche tattiche americane B-61 nelle basi italiane (23 milioni solo per l’aggiornamento delle apparecchiature di sorveglianza esterna e dei caveau contenti le venti B-61 all’interno degli undici hangar nucleari della base bresciana) e alle spese di stazionamento del personale militare Usa addetto e di mantenimento in prontezza di aerei e piloti italiani dedicati al ”nuclear strike” (lo stesso acquisto del bombardiere nucleare F-35 da parte italiana, secondo il Pentagono, rappresenta ”un fondamentale contributo al missione nucleare” americana).
“Questi dati dimostrano come la presenza di armi nucleari abbia impatto negativo per i paesi che le ospitano non solo dal punto di vista politico, ma anche della spesa pubblica – è il commento di Daniel Högsta, coordinatore della campagna contro le armi nucleari – L’opinione pubblica dovrebbe rendersene conto! Sono invece già positivi gli impatti del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari votato all’Onu a luglio 2017: diversi enti finanziari internazionali hanno iniziato a disinvestire dalla produzione di armi nucleari. Anche gli Stati dovrebbero fare lo stesso”.
Tra gli ulteriori focus del Rapporto Mileurox 2018: le spese italiane di supporto alle 59 basi Usa in Italia (520 milioni l’anno) e di contribuzione ai bilanci Nato (192 milioni l’anno), i costi nascosti (Mission Need Urgent Requirements) “delle ‘infinite’ missioni militari all’estero”, con approfondimenti sui costi di 16 anni di presenza in Afghanistan e 14 anni in Iraq, il costo della base militare italiana a Gibuti (43 milioni l’anno), il “‘tesoretto’ armato da 13 miliardi nascosto nel Fondo investimenti voluto dal governo Renzi, destinato anche ai nuovi droni armati della **Piaggio Aerospace**, lo ‘scivolo d’oro’ dimenticato per gli alti ufficiali, condannato dalla Corte dei Conti, e l’onerosa situazione dei 200 cappellani militari ancora a carico dello Stato, con 15 milioni l’anno tra stipendi e pensioni”

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