In barca a vela contro il cancro

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Foto dalla mostra ‘Pazienti a bordo’

Sono donne che sanno navigare in acque agitate. Tutte hanno dovuto affrontare la bufera che il cancro ha scatenato sulle loro vite, ne sono uscite in piedi e sono andate per mare, sfidando il vento e le onde per dire al mondo “ci sono ancora, sono viva e ho saputo rialzarmi”. Storie di 20 ‘Pazienti a bordo’, le protagoniste di un progetto che vede alleati l’università Statale di Milano e il Centro velico Caprera-Cvc, raccontato da una mostra allestita in ateneo. Partita nel 2017 con il contributo dell’Istituto europeo di oncologia-Ieo, l’iniziativa torna con una seconda edizione finanziata dalla Onlus We Will Care e diventa studio scientifico: arruolerà 150 donne reduci da un tumore, che da maggio a ottobre parteciperanno a 10 settimane di corso in barca nell’isola dell’arcipelago sardo di La Maddalena. In vacanza per guarire l’anima e aiutare la ricerca a misurare gli effetti della velaterapia.

Esposti nella cornice rinascimentale del Cortile del Filarete di via Festa del Perdono, visibili da oggi al 29 marzo con ingresso gratuito dalle 9 alle 19, ci sono una cinquantina di fotografie scattate dalle pazienti-veliste l’anno scorso durante la fase pilota del progetto e 3 pannelli con video e testimonianze. A parlare dell’esperienza vissuta, questa mattina in Statale c’erano anche alcune di loro. Al tavolo dei relatori la ‘portavoce’ Carmelina Ruggeri, insieme al rettore Gianluca Vago, al presidente del Cvc Paolo Martano e alla campionessa mondiale e olimpica di canoa Josefa Idem, che ha sottolineato il parallelismo fra il percorso di cura e l’attività sportiva in cui eccelle: il vento cambia, il mare è imprevedibile, ma per farcela bisogna imparare a tenere la rotta senza farsi travolgere, mettendo in gioco capacità che nemmeno si immaginava di avere.

Moderatrice dell’incontro la psiconcologa Gabriella Pravettoni, che nel 2015 ha firmato con Umberto Veronesi il libro ‘Senza paura. Vincere il tumore con la medicina della persona’. Un’opera-testamento in cui lo scienziato scomparso l’8 novembre 2016 lanciava un motto che le Pazienti a bordo hanno fatto proprio: “Vincere il cancro significa eliminarlo dal corpo, ma soprattutto dalla mente. Perché è lì che il nemico rischia di sopravvivere anche dopo la guarigione di organi, tessuti e cellule, e ci si libera davvero dal male quando si riesca a dire ‘ce l’ho fatta'”. Navigo ancora.

Nella loro avventura in barca a vela, spiegano i promotori del progetto, le donne sopravvissute al cancro “hanno trasformato la navigazione in un’esperienza di profonda ricostruzione emotiva dopo la malattia “. Ad accompagnarle gli istruttori Cvc e un team di psicologhe, che nel ‘bis’ dell’estate prossima saranno affiancati anche dagli studenti della Cattedra di Umanizzazione delle cure della Facoltà di Medicina della Statale meneghina. Lezioni di vita vera per i camici bianchi del futuro.

La ‘call for action’ rivolta alle 150 partecipanti da reclutare per la nuova edizione di Pazienti a bordo è scattata, rivolta a donne colpite da un cancro al seno, che abbiano terminato le terapie oncologiche: le interessate potranno candidarsi scrivendo una mail a info@wewillcare.it, casella dell’Onlus nata nel 2016 per offrire supporto psicologico ai malati di tumore, valorizzandone le risorse e l’autonomia in ogni fase del percorso di cura. Risponderà una psicologa, che convocherà le aspiranti per un colloquio. Le prescelte dovranno pagare solo le spese di viaggio per Caprera, tutto il resto sarà gratuito grazie ai fondi raccolti da We Will Care e al contributo di Cvc. L’obiettivo dello studio scientifico è quello di “elaborare metodologie all’avanguardia volte al recupero emotivo di chi ha vissuto l’esperienza di un tumore”.

Il progetto è destinato a crescere. Vago e Martano condividono l’intenzione di rendere l’iniziativa ancora più solida e continuativa. Non solo: nell’ambito della partnership fra università degli Studi di Milano e Centro velico Caprera c’è anche l’ipotesi di riqualificare due palazzine della Marina militare situate vicine al Cvc, e di ospitarvi le attività di Biologia marina e Scienze ambientali della Statale. Sport e accademia si sposano per la ricerca.

LA STORIA DELLA PAZIENTE – “Ho avuto un cancro, anzi due. Prima di ammalarmi ero Alice nel paese delle meraviglie, ora so che il dolore fa parte della vita e mi sento migliore. So che una persona estranea può esserti vicina più di una che conosci da sempre, che le priorità non sono quelle che credevi, che ‘accanto a me’ è un posto per pochi”, o anche per tanti purché se lo meritino davvero. Carmelina Ruggeri, 44 anni, avvocato di San Pier Niceto in provincia di Messina, l’ha capito sopra una barca vela in mezzo al mare che circonda l’isola di Caprera. Il progetto Pazienti a bordo “per me è stata la virata, la svolta”, racconta all’AdnKronos Salute.

Nel primo giorno di primavera Carmelina si sente “in una fase di rinascita” e sorride a un nuovo amore, un sentimento “fresco fresco”, per lei che quello vecchio l’ha perso insieme a un seno. “Avevo un fidanzato e lo amavo tanto – ricorda – Nel gennaio 2017, all’Istituto europeo di oncologia-Ieo di Milano ho subito una mastectomia destra. E lui, che mi aveva assicurato di volermi stare vicino, dopo l’intervento mi ha lasciata al telefono”. Acqua passata, vinta come le onde scosse dal vento di Sardegna. “Sono tornata in Sicilia. E da 10 giorni ho accettato che nella mia vita entrasse un’altra persona. Per un po’ l’ho respinta – confessa – non volevo essere un fardello. Gli ho mostrato il mio seno ricostruito e la mia cicatrice. Lui mi ha detto che io non sono un seno o una cicatrice. Non sono un corpo, sono una persona”.

Per Carmelina la diagnosi è arrivata nel dicembre 2016, “qualche giorno prima di compiere 43 anni – spiega la donna – La mammografia e l’ecografia erano sospette e un amico radiologo mi ha consigliato di venire a Milano. Grazie all’aiuto di un altro amico, all’Ieo mi è stato confermato un cancro; in gennaio sono stata operata e ho fatto la radioterapia. L’ho finita il 18 maggio, il giorno del compleanno del mio papà che non c’è più, e subito dopo la psiconcologa Gabriella Pravettoni mi ha proposto di partecipare al progetto di una vacanza in barca a vela. All’inizio ero titubante, anche perché mi avevano consigliato di non prendere il sole per qualche tempo, poi mi sono fatta convincere e sono partita”.

A Caprera Carmelina incontra gli istruttori del Cvc, 4 psicologhe e altre 14 donne come lei. “A me piace chiamarle sorelle della vita – continua – Siamo diventate un gruppo: ogni volta che una va a fare un controllo, quella diventa la giornata del controllo per tutte; se una riceve una bella notizia, la sua diventa la gioia di tutte. Caprera non è finita quella settimana, Caprera è continuata anche dopo e nella mia vita è stata un miracolo. Un’esperienza di condivisione forte, di confidenza intima che mi ha portato all’accettazione. Ti guardi intorno e comprendi che non sono tutte rose e fiori, che l’assenza di dolore è un’utopia. Capisci quali sono le cose più importanti, reimposti l’esistenza in modo diverso”.

Dopo l’estate magica, l’autunno e la nuova ‘botta’. “Nell’ottobre 2017 sono stata sottoposta alla ricostruzione del seno destro e a una riduzione del sinistro – prosegue la donna – ma l’esito dell’esame istologico ha svelato che anche a sinistra si stavano diffondendo piccole cellule di cancro”. Un’altro tumore, un’altra mastectomia questo gennaio. Eppure Carmelina si sente “fortunata. Intendiamoci – chiarisce – nessuno è contento di avere un cancro, ma dopo che ne hai sperimentato uno hai gli strumenti per gestirlo”. Se la prima diagnosi “l’ho vissuta con distacco e freddezza, quasi impassibile come se quello che stava succedendo non stesse capitando a me”, alla seconda “sei diversa e hai dentro una forza nuova”.

Dopo l’esperienza in vela, Carmelina ha camminato. “In agosto ho percorso delle tappe del Cammino di Santiago, ho continuato a viaggiare dentro me e ho fatto psicoterapia. Non per quello che ho avuto – precisa – ma per me stessa, per continuare a crescere”. Alice nel paese delle meraviglie non c’è più e a portarla via è stato il mare, “una metafora della vita”.

L’ANALISI DELLA PSICOLOGA – “La navigazione è una metafora della vita” anche secondo Ketti Mazzocco, psicologa ricercatrice della Statale di Milano, in forze all’Ieo e responsabile del progetto di velaterapia. “Anche in mare, così come nella vita – spiega all’AdnKronos Salute – si incontrano degli ostacoli che devi riuscire a superare. In mare guardi le onde, ascolti il vento e impari a tenere la barca. La barca è la metafora della persona, la barca sono io e devo saperla governare”.

“L’obiettivo di questa iniziativa è promuovere il benessere in una persona che ha vissuto una crisi importante di progettualità, una grossa frattura tra un prima che si interrompe e un dopo tutto da costruire – analizza l’esperta – L’anno scorso la fase pilota del progetto ha coinvolto più di 20 pazienti dai 30 ai 55 anni che erano state colpite da tumori diversi, 15 nella settimana di giugno e 12 in quella di settembre. Al mattino e fino al primo pomeriggio le lezioni di vela, teoriche e pratiche, poi 2 ore di psicoterapia di gruppo”. Perché “uno degli aspetti importanti di questo tipo di intervento è proprio il gruppo, la sua forza che il singolo non possiede”.

“Quest’anno – riassume Mazzocco – ripeteremo l’esperienza in 10 settimane, da maggio a ottobre, coinvolgendo in tutto 150 donne che hanno avuto un tumore del seno. Prima e dopo l’esperienza di ogni gruppo raccoglieremo vari dati, con l’obiettivo di tradurli in una pubblicazione scientifica su una rivista internazionale. Già l’anno scorso abbiamo osservato che la psicoterapia, associata al corso di barca a vela, produce miglioramenti non solo sul piano emotivo, ma anche sulle condizioni generali di salute, sul sonno, sulla qualità della vita in generale. L’estate prossima andremo a misurare in modo più sistematico l’impatto di vela e psicoterapia sulla funzionalità fisica, le variabili legate allo stress”.

“Una delle pazienti che hanno partecipato alla prima edizione del progetto – conclude la responsabile – ci ha detto che era passata una settimana, ma a lei sembrava fossero trascorsi dei mesi”. Capita quando vivi qualcosa che ti cambia per sempre: “Ti rimetti in piedi e non sei più la stessa – dice Carmelina – Sei diversa, una persona migliore”.

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