Il Partito Democratico è un cadavere costretto a governare da Mattarella

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I democratici in Direzione imbelletteranno la salma di un partito ormai defunto. Ma Renzi non può improvvisare l’En Marche italiano da un giorno all’altro. Mattarella lo sa e non vuole Salvini premier, per questo punta a un governo-ponte (che potrebbe durare molto più a lungo del previsto)

di Alessandro Giuli

Il Pd è morto, ma “viva il Pd” non c’è nessuno che abbia la voglia o il coraggio di gridarlo. La Direzione prevista per oggi farà di tutto per imbellettare la salma e spacciarla come una vecchietta defunta il cui figlio continua a nasconderne il decesso per ritirare la sua pensione a fine mese. I fatti sarebbero noti: un’esiziale conta interna fra la nomenclatura degli spregiudicati dialoganti e coloro che invece sostengono la linea renziana del non expedit sul rapporto contronatura con il Movimento cinque stelle. Se c’è una novità, rispetto al bombardamento del forno con Di Maio praticato dall’ex segretario la settimana scorsa, sta nel fatto che gli ex renziani sono cresciuti di numero via via che si avvicinava l’appuntamento. Nulla di personale, da parte loro, molto di eterodiretto. Perché sullo sfondo di un ritratto di famiglia con cadavere, il Pd appunto, si staglia la sagoma di un Quirinale vivissimo il cui inquilino si finge dormiente, trincerato com’è nel suo silenzio di sfinge, ma in realtà è il più sveglio di tutti e tesse arabeschi finissimi per ottenere un risultato sopra ogni altro: non concedere spazio per nuove elezioni, né ora né in autunno, e tenere fuori da Palazzo Chigi il barbaro leghista. Come agguantare il risultato? Citofonare a Dario Franceschini, il più quirinalizio dei mandarini dem, colui che capeggia l’avanguardia trattativista per chiudere un accordo di programma con Luigi Di Maio e avviare la legislatura attraverso un appoggio esterno. È difficile che il presidente Mattarella s’illuda sulla credibilità di questa soluzione, ma un tavolo tra Pd e pentastellati è ciò che gli occorre adesso per guadagnare tempo e ostacolare altre e più temibili vie subordinate coltivate sulla sponda del centrodestra. In altre parole: il Colle è sempre seduto lì, sul picco dei parrucconi in attesa di scendere a valle per amministrare un governo-ponte che nascerebbe biodegradabile e poi chissà, magari finirebbe per assomigliare al governo delle regole di cui ha favoleggiato Renzi, sapendo che anche Berlusconi non chiederebbe di meglio (pure di restare in scena e rinviare l’incubo urne). Ma queste sono sottigliezze politicistiche, tatticismi sofisticati, escogitazioni deduttive buone per avanzi del retroscenismo come noi.

Il Colle è sempre seduto lì, sul picco dei parrucconi in attesa di scendere a valle per amministrare un governo-ponte che nascerebbe biodegradabile e poi chissà, magari finirebbe per assomigliare al governo delle regole di cui ha favoleggiato Renzi, sapendo che anche Berlusconi non chiederebbe di meglio

La sostanza delle cose sta nel fatto che Renzi potrebbe dimostrarsi meno renziano dei suoi seguaci renziani: per non rischiare di finire in minoranza, per non ammettere appunto che il Pd è morto anzitempo e per marciare diviso e colpire unito con il Quirinale, cercherà fino all’ultimo secondo utile di strappare un documento unitario per dire sì al tavolo con il Movimento Cinque stelle senza alcun impegno ulteriore. Un capolavoro di coscienze infelici, votate a un’ordalia stentata e contorta, costrette a censurare perfino quelle anime belle che hanno dato vita al sito senzadime.it (ala stragista del renzismo) per fare la conta di amici e nemici. A parte qualche inconsolabile ultrà della Leopolda, infatti, ieri c’è stata una fioritura di sconfessioni di (ex?) campioni del verbo di Rignano contro l’account internet che voleva mettere in piazza nomi e cognomi dei plotoni d’esecuzione pronti alla guerriglia civile.
Dal punto di vista renziano, poi, c’è un’altra ragione decisiva per ricercare una finta unità e dimidiare il botto interno: un progetto come “En Marche” à l’italienne, un movimento neocentrista controfigura di quello partorito dall’attuale presidente della Repubblica francese, non s’improvvisa dall’oggi al domani. Occorrono mesi e molti soldi, e di certo non aiuta portarsi addosso l’aura del pluri sconfitto che seppellisce il Partito democratico e lascia il campo a una maggioranza populista o a uno stallo istituzionale revocabile soltanto attraverso nuove elezioni. Ce n’è quanto basta per imbalsamare la salma del Pd e tirare avanti finché possibile. Marciare marciano, ma verso il cimitero.

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