Se esco dalla lunga parentesi medievale, posso affermare che gli scontri si sono concentrati soprattutto tra le diverse forme di civiltà nel momento in cui prendevano contatto tra loro e decidevano, ora per convenienza ora per altri motivi, di convivere o di guerreggiare per imporre un loro primato. In tutti questi casi si accompagnavano allo stridore delle armi le guide “spirituali”, il grande pensiero dei vati.
In questa congerie di passioni e di stimoli culturali posso dire che il XVIII secolo è stato quello “dei lumi”. Aprì, si fa per dire le danze “Il saggio sull’intelletto umano” del 1690 di John Locke. Esso rimarrà il libro da capezzale dei filosofi d’ogni paese fino a Kant. Locke deve le sue fortune agli scritti di Cartesio. Qualche anno dopo fa da paio a Locke lo scozzese David Hume, a sua volta grande amico di Montesquieu. Se vogliamo stare a livello di nazioni possiamo dire che la Francia, la Gran Bretagna e la Russia, dal punto di vista culturale, presero il posto dell’Italia rinascimentale.
Nel suo “Trattato sul governo civile” è sempre il Locke ad alimentare il gusto per la libertà, che tende a svegliarsi un po’ ovunque in Europa. Da qui deriva anche una condanna riguardo il “diritto di conquista”. Ne consegue il singolare ragionamento dei britannici che affermavano di essersi appropriati i territori d’oltremare, non per ridurre sotto le loro regole le popolazioni primitive, ma solo per renderle partecipi dei vantaggi della civiltà. E’ un postulato valido se fosse stato conseguente.
Essi, invece, si stupirono, ben presto, che questa “civiltà” da loro proclamata ed invocata in patria fosse poi reclamata a gran voce dai colonizzati. Ciò che mi preme rilevare, in quel periodo, è che si stabilì una fioritura fuori dal comune. Fu il tempo dei filosofi, dei politici e degli economisti. La scienza si fece speculativa e la letteratura risentì gli effetti nelle sue opere. La religione restò, semmai, un passo indietro offrendo il fianco a una critica laica serrata e, a volte, impietosa, sul piano sociale e dei diritti dell’uomo.
Per i prelati e i curati era ancora troppo forte il richiamo dei benefici terreni rispetto a quelli celesti. Questa crescita collettiva del pensiero umano ebbe una traumatica battuta d’arresto con la rivoluzione francese. Essa, con l’esaltazione del patriottismo, rimescolò le carte in Europa e aprì la strada agli egoismi nazionali.
Per lo storico Pierre Renouvin “Dal punto di vista internazionale, quel gran movimento di liberazione umana e di rinnovamento si trascinò, è penoso costatarlo, sulle peggiori orme del passato, soprattutto dal momento in cui il dinamismo che ne scaturì nella nazione francese, dopo la rivoluzione, contribuì a rendere possibile la grande avventura napoleonica”.
Riccardo Alfonso