Stato Vs Mercato: bufera sulle aperture degli esercizi commerciali

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Oggi la tempesta mediatica in Italia si sta concentrando sulla questione delle aperture festive dei negozi. Mario Monti nel 2011 aveva introdotto una liberalizzazione del settore con il Decreto Salva Italia che prevedeva l’assenza di limiti di chiusura e di apertura degli esercizi commerciali, nessun obbligo di chiusura nelle giornate festive e domenicali ma anche per la mezza giornata infrasettimanale. Tale decreto voleva restituire la discrezionalità alle imprese in tali decisioni.

Il Ministro del Lavoro Luigi Di Maio invece propone lo stop delle liberalizzazioni, limitando le aperture solo a cinque domeniche all’anno e inserendo un sistema di turnazione per il quale solo il 25% dei negozi può restare aperto. Se questa proposta è stata pensata poiché “l’orario liberalizzato stava distruggendo le famiglie italiane”, essa dimostra come non è esattamente al passo con i tempi. Un’idea lodevole in teoria ma poco funzionale in pratica.

L’introduzione di obblighi statali nel settore commerciale è una caratteristica propria dei paesi non a tradizione liberale, infatti Stati Uniti o Regno Unito non applicano vincoli alle aperture, tenendo addirittura i negozi aperti 24 ore su 24. Un’idea impensabile per la mentalità italiana.

Inserire tali vincoli è un meccanismo di tutela, ma di chi? Solo per i piccoli commercianti al dettaglio ma non per le grandi catene commerciali, le cui politiche decisionali non sono scalfite dai capricci dello stato nazionale. Dimostrazione del fatto che le grandi multinazionali riescono a mantenere una certa autonomia, nonostante la regolazione statale. Un’altra problematica è che queste proposte non sono estese agli esercizi commerciali nei luoghi turistici o in stazioni o aeroporti a causa dell’importanza strategica ed economica del servizio; ma le loro di famiglie? Non vanno tutelate? Ora, se la questione della tutela delle famiglie è di primaria importanza, lo è di tutte le famiglie, anche di coloro che nei giorni di festa lavorano e il cui stipendio è necessario alla loro sussistenza.

La grande distribuzione è quella maggiormente colpita dalla proposta; secondo il l’amministratore delegato e direttore generale di Conad, Francesco Pugliese, sarebbero a rischio 40-50 mila lavoratori. Anche Claudio Gradara, presidente di Federdistribuzione, sostiene che “è un provvedimento di cui non vediamo la necessità e l’opportunità e di cui non si capisce la tempestività” (infatti le aperture domenicali sono un notevole sostegno ai consumi).

Bisogna dunque trovare un equilibrio politico, economico e sociale che metta insieme due ottiche storicamente differenti: quella dell’Europa continentale (stato) e quella liberale (mercato).

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