Il condono della discordia

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Per la prima volta al Senato la maggioranza ha approvato un provvedimento a cui il governo giallo-verde aveva dato parere contrario. L’emendamento in questione “mira a evitare che si applichino le norme del condono del 1985 perché le sanatorie del 1994 e del 2003 pongono dei limiti molto più restrittivi rispetto a quello del 1985” specie in materia paesaggistica. La commissione al Senato approva la modifica presentata dalla senatrice di Forza Italia Urania Papatheu con 23 voti a favore contro 22 contrari e con l’astensione di Paola Nugnes, senatrice eletta con il Movimento 5 Stelle.

Ciò che ha fatto infuriare gli alti vertici del Movimento è stato il tradimento dalle direttive del governo sia da parte della Nugnes che di Gregorio De Falco (quest’ultimo poiché ha votato parere favorevole). Su di essi grava la possibilità di una sospensione o forse più plausibilmente l’espulsione dal M5S e, se ciò avvenisse, potrebbero finire nelle fila del gruppo misto del Senato. Le reazioni della politica italiana non si sono fatte attendere, in particolar modo il capogruppo del M5S al Senato Stefano Patuanelli ha così dichiarato: “Quello che è successo in Commissione Lavori Pubblici non riguarda né il governo né la maggioranza, che è e resta solida. Riguarda solo due persone che hanno tradito l’impegno preso con i cittadini: Gregorio De Falco e Paola Nugnes. I lavori in commissione vanno avanti e in Aula correggeremo questa spiacevole stortura”.

Quando si parla di impegno preso con i cittadini, la politica tende ancora a confondere ciò che la Costituzione italiana intende per deputato o senatore. L’art. 67 ci ricorda come i parlamentari eletti non siano vincolati a nessun partito né ad uno specifico programma elettorale che gli avevano permesso l’elezione nel Parlamento italiano: rispondono solo alla Nazione. Se tale principio sembrerebbe smentito dall’adesione di ogni parlamentare ad un gruppo corrispondente al partito di appartenenza sia per la Camera che per il Senato, ciò non avviene poiché ognuno può esprimersi indipendentemente dalle direttive della propria formazione politica. Dunque le indicazioni del Movimento 5 Stelle non sono nè vincolanti né coercitive.

Nonostante il vicepremier Luigi Di Maio parli di “atto gravissimo”, questo evento non ha nulla di grave poiché dimostrativo della libertà di espressione sempre sancita dai principi fondamentali costitutivi di una nazione democratica. Se seguire la propria coscienza equivale ad infastidire una maggioranza di governo così fragile e composita, allora si spiega il risentimento del Movimento verso quelli che vengono definiti ‘dissidenti’; infatti la senatrice Elena Fattori così scrive su Facebook: “Grazie anche per il coraggio di una scelta non semplice in un clima di terrorismo psicologico lontano da ogni forma di democrazia e condivisione”.

La straordinarietà (e la precarietà) dell’attuale esecutivo italiano, insieme alla caratteristica compattezza del Movimento 5 Stelle generano la necessità di imbrigliare e tenere sotto controllo qualsiasi voce di dissenso, specie se riguarda provvedimenti mediatici oppure personaggi in vista come il senatore De Falco che rischia appunto l’espulsione. Tale allontanamento dunque diviene un segnale evidente di punizione per un singolo soggetto allo scopo di educarne altri, a dimostrazione che il M5S fa ciò che dice. Ma che ne è del libero arbitrio?

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